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La rivoluzione identitaria ed elitaria di Mohammed bin Salman in Arabia Saudita

L’Arabia Saudita vive una rivoluzione identitaria dagli esiti incerti. Una rivoluzione dall’alto, che si lega inestricabilmente al destino del suo demiurgo, il trentaquattrenne principe ereditario nonché ministro della Difesa Mohammed bin Salman Al-Saud (MbS per molti media internazionali). Tale impeto rivoluzionario si abbatte sui rapporti interni alla dinastia reale e all’establishment saudita, sulla struttura economico-sociale-culturale del regno, sulla politica estera e di difesa di Riyad. Insomma, è la stessa identità dell’Arabia Saudita – come l’abbiamo fin qui conosciuta e studiata – a essere al centro di un vorticoso divenire.

Teheran e Riyad tra competizione regionale e conflitto ideologico

La rivalità tra Arabia Saudita e Iran ha radici profonde e si alimenta di ragioni di ordine tanto storico-identitario quanto religioso-ideologico e geopolitico. Sebbene si siano registrate, nella seconda metà del secolo scorso, alcune fasi di riavvicinamento, i due paesi continuano ancora oggi a essere antagonisti e a contrapporsi nei principali scenari di tensione dell’area mediorientale, dall’Iraq del dopo Saddam al Libano, dal conflitto israelo-palestinese alla crisi iraniana.

Iran e Arabia Saudita, confronto geopolitico e situazione mediorientale

Nel quadro della complicata situazione in cui versano i paesi della sponda sud del Mediterraneo e il Medio Oriente, un elemento di rilievo è dato dal cambiamento della composizione e del ruolo degli attori regionali. Alcuni di essi, tradizionalmente importanti, sono ora fuori gioco, mentre altri, in primo luogo Arabia Saudita e Iran, stanno accrescendo il loro peso e trasformando le crisi e i conflitti armati mediorientali in tasselli di uno scontro per la supremazia nell’area. Eliminando la tensione fra l’Arabia Saudita e l’Iran si rimuoverebbe una buona parte delle cause dei conflitti regionali, facilitando il processo di pacificazione in Siria e in Yemen e la costruzione di un Iraq realmente democratico.

Sciiti e sunniti: polarizzazione o riconciliazione?

A lungo sunnismo e sciismo hanno convissuto, per lo più mescolati in interazione relativamente pacifica. Le recenti vicende sopravvenute a seguito delle svolte politico-strategiche dell’Occidente e la mancanza di un polo aggregante quale era stato negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso l’Egitto di Nasser hanno radicalizzato la contrapposizione tra le due confessioni. Dalla “grande discordia”, che da sempre ha opposto sciiti e sunniti, con l’irruzione dell’ISIS sulla scena storicopolitica, si potrà assistere a una convergenza di interessi delle due tradizionali componenti religiose dell’Islam?

Il “ritorno” dell’Iran, Riyad non si arrende

Nel quadro di una competizione tra le potenze del Golfo Persico che è in primo luogo geopolitica, l’interesse strategico dell’Arabia Saudita è sempre stato quello di assicurare che all’ingombrante vicino iraniano non venisse lasciato un margine di azione troppo ampio. La percezione saudita della minaccia iraniana è drammaticamente aumentata in seguito all’intervento statunitense in Iraq del 2003, alle primavere arabe del 2011 e, infine, alla firma dell’accordo nucleare tra Iran e P5+1 nel luglio 2015, a cui Riyad ha reagito con una serie di azioni e interventi che testimoniano quanto la ricomposizione della “guerra fredda” tra i due paesi sia ancora lontana. Tutto ciò proprio nel momento in cui sarebbe invece auspicabile il raggiungimento di una sorta di modus vivendi tra le due potenze del Golfo Persico che contribuisca a placare le tensioni in un Medio Oriente ormai in fiamme.

Svolta istituzionale E sociale, una sfida per l’Arabia Saudita

Oltre a una ostilità etnico-culturale e confessionale, c’è anche la gestione del processo generazionale a marcare la frattura tra Iran e Arabia Saudita. Ma la descrizione di una guerra tra sunniti e sciiti non rispecchia la realtà, perché il conflitto è tutto interno al mondo sunnita. Finora l’Arabia Saudita non è stata in grado di comprendere le proprie dinamiche interne e fronteggia la crisi del suo sistema non con improrogabili riforme istituzionali e sociali, ma alimentando una contrapposizione ideologica con Teheran.

Porre fine al “grande gioco” per risolvere la guerra del Levante

L’universalizzazione dell’ostracismo contro l’Iran e la crescita dell’influenza regionale sia di Teheran che di Riyad hanno esacerbato in questi anni la rivalità originaria tra Arabia Saudita e Repubblica Islamica: un conflitto innanzitutto ideologico, e poi strategico ed economico. Ma non si può pensare ad alcuna stabilità nella regione escludendo l’Iran e le sue legittime ambizioni di sicurezza.

Diseguaglianza

Sulla diseguaglianza (economica) le opinioni divergono, anzi si contrappongono violentemente. Per alcuni essa è un male da combattere con severità, per altri è poco meno che il prezzo da pagare al progresso del benessere. È così da sempre e anche rispetto alla diseguaglianza di questi nostri decenni l’opposizione è radicale. A chi invoca interventi per ridurla, forse fino a eliminarla, si oppone chi considera questi interventi veri attentati al funzionamento del sistema economico e al motore del progresso che nasconde in sé.

L’Arabia Saudita e l’Iran tra jihadismo e Realpolitik

La contrapposizione tra sunniti e sciiti nel mondo islamico, espressione delle tensioni fra Arabia Saudita e Iran, si manifesta con particolare violenza in Siria, dove la guerra civile ha assunto le caratteristiche di una sorta di “proxy war”, ma gioca un ruolo importante anche nelle fratture interne all’Iraq di Al Maliki e nell’instabilità del Libano.