Paolo Guerrieri

Paolo Guerrieri

insegna alla Paris School of International Affairs, Sciences Po (Parigi).

Il nuovo contesto globale impone cambiamenti profondi all’Europa e alla sua economia

Una fondamentale sfida per l’Unione europea nei prossimi anni sarà ridefinire la propria presenza nel nuovo contesto economico globale. Che è profondamente mutato e attraversa una fase del tutto nuova. Guardando alle tendenze in corso, va ricordata innanzitutto la riconfigurazione della globalizzazione, in termini di un rallentamento e di una mutata composizione del commercio mondiale, con più servizi e relativamente meno prodotti industriali scambiati. A conferma di una interdipendenza che per ora non appare essersi fermata ma si sta ridisegnando.

La frammentazione globale e il ruolo dei BRICS

L’attivismo dei BRICS, un raggruppamento di paesi costituito dalle cinque maggiori economie emergenti, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ha suscitato una crescente attenzione a livello internazionale nel corso dell’ultimo anno. Hanno lanciato un insieme di iniziative finalizzate ad offrire una piattaforma di cooperazione a molti altri paesi dell’area in via di sviluppo su un’ampia gamma di temi di grande rilevanza, dal cambiamento climatico alla governance globale, alla gestione del debito dei paesi più poveri. Tra i progetti, particolare rilevanza assume quello di dare nuova linfa alla Banca di sviluppo dei BRICS che è stata di recente ribattezzata Nuova banca di sviluppo (NDB) col mandato di colmare il divario di finanziamenti che penalizza i progetti di molti paesi emergenti e in via di sviluppo, soprattutto in tema di transizione climatica.

 

Il crocevia dell’economia europea

L’UE è di fronte a un punto di svolta decisivo, come già avvenuto altre volte nella sua storia. E non vi sono dubbi che la posta in gioco sia in questa occasione davvero elevata. Se l’Unione riuscirà a gestire una rapida e positiva fuoriuscita dalla drammatica crisi pandemica avviando una fase di sviluppo, questo rafforzerà in modo significativo l’area euro e il processo di integrazione europea. In alternativa, di fronte a difficoltà persistenti e al riprodursi delle divisioni e divergenze del passato, tra e all’interno dei paesi, il rischio di frammentazione e addirittura di implosione dell’Unione potrebbe divenire una concreta possibilità.

Un’economia globale da reinventare

Due emergenze, una sanitaria e l’altra economica, hanno accompagnato la diffusione a livello globale della pandemia Covid-19. Secondo le stime più recenti, il crollo dell’attività economica in questi mesi sarà senza precedenti per rapidità e intensità, almeno dai tempi della crisi degli anni Trenta. Ma c’è ancora grande incertezza sull’evoluzione della crisi economica in corso. Molto dipenderà, innanzitutto, dai tempi necessari a porre sotto controllo la diffusione del Coronavirus, fino all’auspicata scoperta di cure efficaci e/o di un vaccino.

Dopo il voto europeo, un’agenda economica per l’UE

La fotografia complessiva dei risultati delle recenti elezioni europee è abbastanza chiara. Il dato sicuramente più sorprendente è l’elevata partecipazione al voto (con l’eccezione dell’Italia), la più alta dopo le prime elezioni europee che si svolsero quarant’anni fa. La tanto temuta spallata sovranista e populista non si è verificata. Gli euroscettici si sono fermati a poco meno di un quarto dei seggi, e questo nonostante i grandi errori commessi nella conduzione delle politiche europee in questi anni.

La governance dell’area euro: un passaggio cruciale per l’Europa a diverse velocità

Dopo la grande paura dell’affermazione dei movimenti populisti e antieuropei, viviamo una fase di attesa per quella che potrebbe essere una controffensiva europeista. Sembrano esserci, adesso, le condizioni per aprire un ciclo di rilancio del processo di integrazione. Ma cosa significa oggi rafforzare l’Unione europea e, soprattutto, come farlo? Una prima intesa sembra essere stata raggiunta almeno tra Francia, Germania e Italia circa il modo di procedere, ossia attraverso l’ipotesi di un’Europa a velocità differenziate. Una formula che, però, se può risultare valida nel campo della difesa o per le politiche di immigrazione, è impraticabile per quanto riguarda il fronte della governance dell’euro. Qualunque rilancio dell’area dell’euro potrà avvenire solo garantendone la coesione interna e intervenendo con decisione per aumentare la resilienza dell’eurozona e sostenere la crescita, superando le divergenti performance tra i paesi dell’area dell’euro e realizzando una crescita inclusiva che vada a vantaggio di molti e non, come avvenuto finora, di pochi privilegiati.

Il salvataggio della Grecia e le incerte prospettive del progetto europeo

Dopo estenuanti trattative, il terzo piano di salvataggio della Grecia è stato approvato, evitando in extremis l’ipotesi Grexit. Eppure, così com’è, il piano non è sufficiente per risolvere il problema della solvibilità del debito greco, che inevitabilmente tornerà a presentarsi, mettendo ancora a nudo le fragilità della costruzione europea.

Servono risposte nuove, in primo luogo sull'economia

L’avanzata dei movimenti e dei partiti dell’euroscetticismo dovrebbe suonare come un campanello dall’allarme per l’Unione europea, come uno sprone a cercare risposte nuove alla crisi economica e dell’euro che marchino una profonda discontinuità con le politiche di austerità adottate finora e puntino invece al rilancio della crescita e della occupazione.

Diseguaglianze e impoverimento del ceto medio

È ben noto come la diseguaglianza, in termini di redditi e ricchezza pos­seduta, sia regolarmente aumentata negli ultimi decenni in pressoché tutti i paesi più sviluppati e con essa il declino del ceto medio. In Italia il processo è stato altrettanto profondo, con una crescita delle distanze e una brusca frenata, in pochi anni, dell’ascensore sociale.

Non c'è occupazione senza crescita

Le decisioni e gli impegni di spesa assunti nell’ambito del Consiglio europeo dello scorso giugno per il rilancio dell’occupazione giovanile, per quanto siano da accogliere positivamente, rischiano di rivelarsi inefficaci se non accompagnati da adeguate politiche volte a rilanciare la crescita economica del continente. La crisi europea, infatti, non solo non sembra avviarsi a conclusione, ma, alimentata dalle politiche di austerità perseguite dai governi dei paesi membri, rischia di aggravarsi sempre più. Non c’è dubbio, pertanto, che se l’Europa vuole davvero combattere quell’emergenza assoluta che è divenuta la disoccupazione giovanile è necessario un cambiamento profondo della politica economica fin qui seguita.

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