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Cambiamento climatico, resilienza e politiche urbane

Anche il concetto di resilienza urbana sta subendo un processo di ridefinizione. L’emergere di un approccio socio-ecologico capace di riconoscere la forte interdipendenza fra fattori sociali e fattori ecologici nel funzionamento di un dato ecosistema ha progressivamente permesso uno spostamento di enfasi da una definizione della resilienza quale capacità di resistere a un determinato shock per poi ritornare alle precedenti condizioni di equilibrio a una sua nuova definizione quale capacità di rispondere a shock e stress esterni attraverso la costruzione e attivazione di una durevole capacità adattativa. Una capacità messa oggi alla prova innanzitutto dai cambiamenti climatici in merito ai quali, se guardiamo all’elaborazione e implementazione di strategie di resilienza urbana, già possono essere identificate numerose esperienze di successo.

La minaccia terroristica e la cultura come possibilità di riscatto

Gli attacchi terroristici degli ultimi mesi hanno, tra l’altro, messo a nudo il fragile equilibrio su cui poggiano le città contemporanee, sempre più divise tra centro e periferia e fondate su forme di segregazione che impediscono un comune percorso di sviluppo e crescita. Può la cultura – e in particolare la diversità culturale tipica delle città contemporanee – avere un maggiore o migliore ruolo nelle politiche di sviluppo locale? È possibile tornare a pensare alla cultura come a uno strumento di integrazione e di coesione? Di quale cultura le città hanno bisogno per fronteggiare l’attuale crisi economica e di valori? E quali politiche possono rendere la cultura motivo di coesione e orgoglio condiviso?

Periferia, la città del nostro tempo

Le periferie, nelle loro differenti forme e figurazioni, rappresentano circa i 4/5 delle nostre città. Nelle periferie vive la maggioranza della popolazione e quella che noi chiamiamo periferia è la città del nostro tempo. Appartengono alle periferie la città pianificata, quella degli insediamenti di edilizia sociale realizzati in Italia e in tutte le città del mondo e la città spontanea, quella della dispersione che ha invaso enormi porzioni di territorio con insostenibili consumi di suolo. E se in Italia una serie di azioni – secondo principi spesso troppo rigidi di tutela e conservazione – sono state messe in pratica per il recupero dei centri storici, le politiche e le strategie per la riqualificazione delle periferie stentano a decollare.

Quale mobilità per le città sostenibili

Grande è l’insoddisfazione, tra chi vive nelle città italiane, per la cattiva qualità dell’aria e la pessima performance dei trasporti pubblici. Dovrebbe naturalmente derivarne una forte domanda di “mobilità sostenibile”, ossia di sistemi di accessibilità urbana capaci di conciliare il diritto alla mobilità con l’esigenza di ridurre l’impatto ambientale, sociale ed economico dell’attuale modello, fondato sull’uso massiccio dei veicoli privati e su un trasporto pubblico generalmente di scarsa qualità e basso appeal. Ne trarrebbero giovamento l’ambiente, l’economia del territorio, la salute e la qualità della vita dei cittadini. Se i vantaggi sono così evidenti, perché allora non tutte le città imboccano questa direzione? E soprattutto, perché proprio le città italiane sembrano indietro rispetto al resto d’Europa?

Smart city e nuova agenda urbana

Per decenni abbiamo creduto che i livelli di governo locale non potessero rappresentare un ambito soddisfacente per rispondere alle problematiche del pianeta, cercando soluzioni strutturali attraverso i modelli sovranazionali, le interconnessioni digitali, la combinazione di formule finanziarie. Esiste invece un nesso tra la qualità della vita nelle comunità e le strategie di sviluppo di un sistema territoriale di più o meno vaste dimensioni. È arrivato il tempo di definire una nuova agenda urbana per sistematizzare l’allineamento tra città e paesi, ribaltando il paradigma e indicando in modo definitivo le aree urbane come fattore chiave nel futuro economico e sociale di Stati e continenti. Di questo va tenuto conto anche nel dibattito sulle smart city, dove al venir meno dell’attenzione delle istituzioni si contrappone l’attivismo dei grandi player tecnologici e delle grandi piattaforme digitali private. A quando una visione dove le reti e le tecnologie siano messe effettivamente a servizio esclusivo del bene comune e dei cittadini?

La multidimensionalità dello sviluppo urbano sostenibile

Cosa significa sviluppo sostenibile? Dal punto di vista ambientale è il risultato di tutte le azioni necessarie a migliorare le performance ambientali riducendo le emissioni climalteranti, combinando il miglioramento della qualità della vita urbana con una significativa riduzione dell’input di energia fossile e di materiali e dell’output di rifiuti. Ma non basta. Implica soprattutto un modo diverso di pensare la vita e la politica, in un quadro di crescita economica durevole in equilibrio permanente con il contesto ambientale e di eguaglianza sociale e culturale tra gli uomini. La sua caratteristica principale, la sua forza dirompente e realmente innovativa sta nella sua multidimensionalità.

La qualità della vita in una grande città

Il concetto di qualità della vita è da tempo al centro della riflessione accademica e delle politiche pubbliche. In particolare, i problemi che oggi interessano le metropoli e che ne condizionano la vivibilità sono in trasformazione e riguardano non tanto o non soltanto la disponibilità di risorse quanto una più facile e concreta accessibilità alle stesse. Quest’ultimo obiettivo può essere perseguito dai singoli individui grazie all’acquisizione di competenze tecnologiche e alla sperimentazione di pratiche individualizzate nell’affrontare la complessità urbana, ma anche attraverso la ricostituzione di tracce di comunità, di compartecipazione dei cittadini nella risoluzione delle principali questioni che caratterizzano il vivere collettivo.

Creative, intelligenti e resilienti. Le città per i tempi che cambiano

La città è da sempre luogo privilegiato di una comunità che costruisce relazioni feconde, produce nuove economie e accelera l’innovazione. Negli ultimi decenni l’urbanistica più responsabile e innovativa ha accettato la sfida di progettare città capaci di tornare a essere circolari e non dissipative, generatrici di valori e non erosive di qualità. Città che consumino meno suolo, che riducano le emissioni di gas serra, che non erodano le risorse naturali e culturali, che perseguano strategie più sensibili al contesto, integrate e, soprattutto, in grado di contribuire attivamente al raggiungimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Le città devono perseguire la strada di una creatività generatrice fatta di attenzione per i luoghi, di condivisione di conoscenze, di cura delle identità, di recupero di relazioni e di riattivazione di produzioni.

Essere grandi non basta. Potenzialità e contraddizioni dello sviluppo urbano

Osservando il quadro europeo si percepisce a prima vista quanto svettino le città in termini di prodotto interno lordo pro capite rispetto ai territori regionali e nazionali in cui si inseriscono. Ma di quali città stiamo parlando? Quali sono i motori dello sviluppo? Analisi recenti rivelano che gli elementi propulsori della crescita urbana non risiedono tanto nelle mere dimensioni quanto nella capacità di generare innovazione nella città centrale e nel suo più ampio sistema metropolitano, nella crescita demografica di tale sistema, nel saper cooperare con altre città nel campo della ricerca e della tecnologia ma, soprattutto, nella volontà di fare fronte alle contraddizioni che questa crescita genera in termini di aumento delle diseguaglianze, esclusione e polarizzazione a scapito delle periferie.

Città, risorse locali e sviluppo del Mezzogiorno

Tra i vantaggi che la globalizzazione porta con sé vi è la creazione di nuove domande, più ricche ed esigenti, che molto apprezzano quel capitale territoriale che numerose città grandi e medie, anche al Sud, dimostrano di possedere. In particolare nel Mezzogiorno, però, la dotazione di capitale locale non si traduce automaticamente in valorizzazione, proprio perché viene meno il ruolo cruciale delle città, la loro capacità di agire da catalizzatore, da trasformatore delle risorse locali in occasioni di sviluppo. Che cosa frena la capacità di valorizzazione delle risorse locali nelle città, specie in quelle del Sud, nonostante esse presentino livelli di dotazione a volte non dissimili da quelli del Centro-Nord, e in alcuni casi addirittura superiori? Quali implicazioni ciò comporta per le politiche di sviluppo?

 
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