Silvio Pons

Silvio Pons

insegna Storia dell’Europa orientale all’Università di Roma “Tor Vergata” ed è direttore della Fondazione Istituto Gramsci.

I caratteri originari della Repubblica nel mondo bipolare

I tratti peculiari della Repubblica democratica nata all’indomani del secondo conflitto mondiale e figlia della lotta antifascista furono profondamente segnati dalla collocazione del nostro paese nel nascente ordine bipolare e dalla divisione in blocchi contrapposti dello spettro politico nazionale che ne derivò. La storia della democrazia italiana fu segnata da questo dato originario, ma non fu mai sovvertita da esso. I padri della Repubblica compresero i vincoli e le interdipendenze internazionali come un dato inevitabile del mondo globale e come il necessario tessuto di una democrazia moderna; governarono e civilizzarono le divisioni storiche e le potenziali conflittualità della comunità nazionale, consapevoli che l’Italia non è costituita da due nazioni, ma da una sola.

La Russia di Putin: amore e odio per l'UE

L’allargamento dell’Unione europea ha costituito una risorsa strategica essenziale, ma tende ormai a raggiungere il suo limite, presentando sempre più nettamente e inevitabilmente un aspetto inclusivo e uno esclusivo: mira non più soltanto a muovere lo spazio dell’UE, ma a stabilire un confine. Oggi vediamo che a Est questo confine è giunto a includere lo spazio dell’ex URSS oltre gli Stati baltici e fino all’Ucraina, escludendo la Russia. Nell’architettura dell’UE ciò è pienamente comprensibile. Ma proprio la Russia diviene così un test essenziale per la futura politica estera dell’UE, molto più di quanto le «politiche di prossimità» sembrano prevedere.

 

Enrico Berlinguer e la riforma del comunismo

La figura di Enrico Berlinguer continua a essere oggetto di memoria viva, di polemica pubblicistica, di controversie politiche, mentre un’autentica riflessione storiografica stenta a prendere forma. La conseguenza è che le coordinate della discussione che si svolge oggi attorno al suo ruolo e alla sua eredità si presentano il più delle volte in una piatta continuità con i termini del dibattito politico dell’epoca. Così Berlinguer ha tuttora un suo partito di detrattori, che lo indica come un comunista mai davvero emancipatosi dalla lealtà verso l’«impero del male» sovietico e come un moralista fondamentalmente estraneo e ostile alla modernità italiana, e un suo partito di difensori, che lo vede come il leader che disincagliò il comunismo italiano dalle secche del comunismo internazionale e come uno dei pochi, se non il solo uomo politico italiano del suo tempo in possesso di una nozione della politica fondata su motivazioni etiche.

 

Essere comunisti nel Novecento. Hobsbawm tra storia e memoria

È lo stesso Hobsbawm a fornirci una chiave di lettura della sua autobiografia: «in un certo senso, questo libro è l’altra faccia del Secolo breve: non una storia mondiale illustrata dall’esperienza dell’individuo, ma la storia mondiale che conforma l’esperienza o meglio che offre un insieme mutevole ma sempre limitato di scelte (…)». Questa chiave di lettura trova ampie conferme nelle pagine del volume.

 

Le trappole della memoria. Totalitarismo e comunismo nel ventesimo secolo

Il termine di totalitarismo si è identificato per decenni con lo spirito della guerra fredda. Le dispute attorno ad esso hanno presentato un forte contenuto politico e ideologico, prima che concettuale, implicando spesso una demarcazione tra anticomunismo e antifascismo, e anche un duello tra opposti manicheismi. A più di dieci anni dalla fine della guerra fredda, questo lascito è ancora operante. Ma dobbiamo anche chiederci se la persistenza della nozione di totalitarismo non abbia una sua ragion d’essere che non andrebbe appiattita sull’ideologia della guerra fredda, e se non vi siano motivi più profondi della sua vitalità, che chiedono di rivisitarne le origini e la storia.1 Il contesto della nascente guerra fredda generò sia la concettualizzazione, sia la definitiva carica negativa della nozione di totalitarismo.