Turchia: scenari di guerra alla vigilia delle elezioni municipali

Di Ekrem Eddy Güzeldere Venerdì 28 Marzo 2014 16:26 Stampa
Turchia: scenari di guerra alla vigilia delle elezioni municipali Foto: Ekrem Eddy Güzeldere

Le elezioni municipali del 30 marzo sono diventate una sorta di referendum sulle politiche di Erdogan a causa delle accuse di corruzione, delle interferenze nell’attività giudiziaria e in quella della polizia, degli attacchi contro il network islamico Gülen, tacciato di costituire un parallelo Stato del terrore, del blocco di Twitter e YouTube.

«Manderò quattro ragazzi dall’altra parte e gli farò lanciare otto missili verso i campi vuoti. Una giustificazione la si può fabbricare». L’altra parte è la Siria, la giustificazione è necessaria per cominciare una guerra e la persona che ha pronunciato queste parole è il capo dei servizi segreti turchi Hakan Fidan. Fidan avrebbe incontrato il ministro degli esteri Davutoglu, il general Güler e un diplomatico in una sala riunioni a prova di cimici presso il ministero degli Esteri. Forse non esattamente a prova di cimici, visto che i file audio dell’incontro sono stati resi pubblici su YouTube il 27 marzo scorso. Invece di negare che questa conversazione abbia avuto luogo, Davutoglu ha parlato di “tradimento”, di “spionaggio”, di casus belli. I media vicini all’AKP, come i quotidiani Sabah e Aksam o i canali televisivi ATV, Kanal 24 e Kanal 7 hanno reso pubblica una dichiarazione comune che recita «Condanniamo l’odioso atto di tradimento».

Questo scenario costituisce, al momento, l’apice della diffusione di file audio di riunioni e conversazioni telefoniche, la maggior parte dei quali riguardava la presunta corruzione del primo ministro, di altri ministri o loro parenti. Si ritiene che essi siano stati resi pubblici dal network del predicatore islamico Fethullah Gülen, che vive in Pennsylvania dal 1999. L’AKP e il network collaboravano per ragioni di reciproco interesse sino a circa tre anni fa. Poi è cominciata la lotta per il potere, che è diventata sempre più aspra fino agli arresti del 17 dicembre scorso relativi a casi di corruzione che hanno coinvolto anche ministri dell’AKP. Questo confronto non si è ancora esaurito e, molto probabilmente, diventerà sempre più sordido dopo le prossime elezioni municipali, quando i simpatizzanti di Gülen potrebbero essere arrestati in massa e i loro beni confiscati.

Nonostante tutto, scandali e accuse non sembra riusciranno ad avere un ampio impatto sui risultati elettorali. Sebbene condurre sondaggi in Turchia sia problematico, a causa dei molti istituti demoscopici che sono alle dipendenze dei partiti politici, ce ne sono almeno due che si sono guadagnati un certo credito negli ultimi anni: KONDA e A&G. KONDA, in particolare, ha pubblicato il 27 marzo scorso i risultati di un’indagine condotta a livello nazionale, nel corso della quale sono state intervistate frontalmente 3027 persone di 173 distretti o villaggi in 33 province.

 

Partito

%

AKP

46

CHP

27

MHP

15

BDP/HDP

7

Others

5

 

Fonte: indagine KONDA 22-23 marzo 2014

 

Considerando un margine di errore pari all’1,8%, in base a questa ricerca, il risultato peggiore che l’AKP potrebbe ottenere è del 44% dei voti, mentre il risultato migliore per il CHP sarebbe comunque al di sotto del 30%. Questo significa una diminuzione di circa il 5% per l’AKP rispetto alle elezioni politiche del 2011, ma un aumento di oltre il 6% rispetto alle ultime elezioni municipali che risalgono al marzo 2009.

Ma si può tornare al “business as usual” dopo le proteste, gli scandali per corruzione, le interferenze nell’attività giudiziaria, la violenta chiusura di un network islamista, e l’esibizione di un crescente autoritarismo, di cui l’ultima manifestazione è stata la chiusura di Twitter e YouTube? «Tutti rubano, ma loro rubano e lavorano» è stata la risposta secca di un tassista nel quartiere conservatore di Üsküdar a Istanbul alla domanda su chi vincerà le elezioni, almeno nella città sul Bosforo. L’opinione è confermata da Adil Gür, dell’istituto demoscopico A&G, il quale lo scorso 18 marzo ha affermato alla CNN Türk che l’indicatore elettorale principale è l’economia. Tutte le questioni politiche e ideologiche hanno perlopiù un’importanza secondaria. Un altro importante fattore nella corsa elettorale è la capacità dell’AKP di rispondere efficacemente alle accuse di corruzione da una parte e agli attacchi del network di Gülen dall’altra. Una buona parte dei media è sotto controllo o teme attacchi, e per questa ragione l’elettore medio ritiene che gli scandali siano semplicemente uno strumento elettorale utilizzato dalle forze di opposizione.

In teoria, quelle di domenica 30 marzo dovrebbero essere delle normali elezioni municipali per scegliere i sindaci, ma a causa dell’attuale situazione politica finiranno per essere molto di più. Si tratterà di fatto di un referendum a favore o contro il primo ministro Erdogan, il quale è sostanzialmente il candidato unico dell’AKP contro tutte le forze di opposizione nelle ottantuno province turche. Questo spiega anche gli slogan bizzarri utilizzati: «Stiamo costruendo il terzo ponte sul Bosforo» si legge in uno dei poster elettorali che si trovano nel centro di Sanliurfa, città vicina al confine siriano, a più di mille chilometri da Istanbul e senza sbocchi sul mare.

Per Erdogan, le due città più grandi rivestono un’importanza strategica. Istanbul, dove il premier cominciò la sua carriera politica diventandone il sindaco nel 1994. E Ankara, capitale della Turchia e seconda città più grande del paese, anch’essa amministrata da un sindaco del Partito Giustizia e Sviluppo sin dal 1994. Al di là dell’esito in queste due città, è il risultato elettorale complessivo a contare. Per Erdogan, superare le percentuali del 2009, quando l’AKP raggiunse il 38,5%, costituirebbe in ogni caso un successo e, a giudicare da quanto detto prima, ciò è alquanto probabile.

Ciò che va bene per Erdogan non è necessariamente positivo per la democrazia. Un AKP forte che riesca a conservare Istanbul e Ankara interpreterebbe questo come un mandato a continuare a schiacciare l’opposizione e il network di Gülen; un AKP debole che perdesse una delle due città diventerebbe sempre più nervoso e probabilmente finirebbe per assumere un atteggiamento ancora più autoritario e arbitrario. Il miglior risultato, forse, sarebbe un AKP né troppo forte né troppo debole. E già questo sarebbe un esito sufficientemente negativo.

 


 

Foto: Ekrem Eddy Güzeldere