Messico 2013: il riformismo di Enrique Peña Nieto

Di Gianandrea Rossi Lunedì 03 Febbraio 2014 10:48 Stampa
Messico 2013: il riformismo di Enrique Peña Nieto Foto: World Economic Forum

In Messico, il primo anno di presidenza di Enrique Peña Nieto è stato denso di riforme. Dall’istruzione alle telecomunicazioni, dalla giustizia alla lotta alla povertà, dalla riforma fiscale alla politica energetica e alla sicurezza, Peña Nieto ha affrontato molti dossier strategici che potrebbero condurre nel futuro il paese latinoamericano, già considerato insieme a Indonesia, Nigeria e Turchia, fra le più importanti economie emergenti (MINT).


Si è appena chiuso un anno storico per gli Stati Uniti del Messico. Il 2013 infatti è stato non solo il primo anno di governo del presidente Enrique Peña Nieto e del simbolico ritorno al potere del Partido Revolucionario Institucional (PRI) dopo dodici anni di governo del Partido de Acción Nacional (PAN), ma anche l’anno che ha indicato il futuro del paese per i prossimi decenni. Come ha sottolineato, tra gli altri, il segretario generale dell’OCSE, Angel Gurria: «l’importante piano di riforme varato dal governo l’anno scorso porta il Messico nel 2050».

Si tratta, infatti, di riforme strutturali che partono dall’esigenza di rilanciare la seconda economia latinoamericana, superando vecchi schemi di privilegi e rilanciando il sistema produttivo con l’introduzione di importanti liberalizzazioni. Il neopresidente, nel suo discorso di insediamento il 1° dicembre 2012, si impegnò a guidare “un cambiamento certo”, che approfittasse dell’“opportunità storica” offerta al Messico, tra le nazioni emergenti del pianeta, «stimolando la crescita economica con una serie di riforme che pongano fine alla disuguaglianza e all’impunità, non ci sarà sicurezza senza giustizia».

A monte di questo progetto, un’iniziativa politica senza precedenti che ha portato il presidente Peña Nieto, appena insediatosi, ad avviare un ampio dialogo politico in seno al Parlamento, per cercare il maggior consenso possibile al piano di riforme, in un contesto parlamentare molto incerto, visto che il PRI da solo no ha maggioranza. Così, a pochi mesi dall’inizio del suo mandato, è stata lanciata un’importante iniziativa politica il “Pacto por México”, con l’obiettivo di coinvolgere i tre più importanti partiti nel processo di riforme. «Il Messico inizia una nova tappa della sua vita democratica. È arrivato il momento del dialogo e dell’accordo», ha dichiarato Enrique Peña Nieto contestualmente alla firma del Patto nel Castello di Chapultepec. Tale patto, definito “inedito e trascendentale”, è stato sottoscritto dalla presidente del PRI, Cristina Díaz, da quello del PAN, Gustavo Madero, e da quello del Partido de la Revolución Democrática (PRD), Jesús Zambrano.

Dal punto di vista cronologico la prima importante battaglia vinta da Peña Nieto ha riguardato la riforma del settore dell'educazione. La principale novità introdotta riguarda l’impegno dello Stato a «garantire il diritto universale all’educazione di qualità». In tal senso il governo assume ruoli diretti nella gestione della formazione e valutazione del corpo docente, fino a oggi controllato autonomamente dal sindacato di settore SNTE (Sindacato nazionale dei lavoratori dell’educazione), guidato da anni dalla controversa Elba Esther Gordillo, arrestata un anno fa per vicende di corruzione. La riforma introduce criteri di valutazione interni alla scuola, che mirano a svincolare il personale docente dalle logiche clientelari del sindacato, al fine di liberare al meglio le potenzialità professionali degli insegnanti e garantire agli studenti la possibilità di avere docenti preparati.

Il governo ha poi presentato un’ambiziosa legge sulle telecomunicazioni. Si è trattato di un atto inedito, che si pone l’obiettivo di assicurare la copertura universale dei servizi televisivi, radiofonici, telefonici e dei dati, a prezzi accessibili e di qualità, garantendo la varietà dei contenuti. I principali punti della riforma (che ha reso necessaria una modifica costituzionale) riguardano l’obiettivo di limitare le posizioni dominanti nelle società di telecomunicazione (non sarà più possibile detenere più del 50% delle quote delle società), l’attrazione di nuovi investimenti dall’estero (che potranno arrivare a detenere fino al 49% delle quote delle società emittenti) e la messa all’asta di due nuove reti televisive (cui, per effetto della riforma, non potranno accedere i magnati messicani, come Emilio Azcárraga Jean di Televisa). Il primo punto intacca direttamente le proprietà di Carlos Slim che oggi detiene, rispettivamente, l’80% e il 70% di América Móvil e Telmex. Nella legge sono incluse anche misure relative al tema dell’accesso alla rete, che mirano a portare la banda larga in almeno il 70% delle case e nell'85% delle piccole e medie imprese del paese.

Altra importante novità riguarda il settore della giustizia. La nuova Ley de amparo mira ad ampliare i diritti del popolo messicano dando ai cittadini il diritto di ricorrere a questo strumento giuridico nei casi di violazione dei diritti umani riconosciuti dalla Costituzione o dai Trattati internazionali adottati dal Messico. Enrique Peña Nieto ha dichiarato che questa legge è «lo strumento principale che i messicani hanno oggi per proteggersi da abusi di autorità».

Il governo ha anche lanciato un’imponente azione contro la fame nel paese, “La Crociata nazionale contro la fame”. Si tratta di un ambizioso piano pluriennale, volto a intervenire direttamente – con oltre settanta programmi sociali – nelle aree dell’assistenza sanitaria, dell’educazione e dell’alimentazione, a beneficio di circa 7,4 milioni di persone. Nel 2013 è stata avviata una prima fase, intervenendo in cento municipalità, selezionate in base alla gravità della situazione. Il presidente ha ricordato che nel 2011 in Messico sono morte 12mila persone per denutrizione e che, oggi, circa il 25% della popolazione ha problemi a soddisfare il proprio fabbisogno alimentare. Il programma, che ricorda molto le politiche brasiliane per la lotta alla povertà, verrà finanziato da circa 23 miliardi di dollari nel corso dei sei anni di mandato.

Molto rilievo ha avuto l’approvazione della riforma fiscale, che ha condotto a un primo cedimento dell’alleanza PRI-PRD-PAN, a causa del voto contrario di quest’ultimo. Il provvedimento, finalizzato ad aumentare il gettito fiscale di almeno 1,4 punti percentuali del PIL, cioè circa 18 miliardi di dollari, ha l’obiettivo di sostenere lo sviluppo di un paese in forte espansione attraverso un aumento dei diritti sociali e il sostegno al consumo interno. Tra le modifiche concrete spicca l’aumenti dell’IVA su alcuni beni e di consumo, come medicine, alimenti ad alto contenuto calorico e bevande zuccherate; verrà inoltre eliminata l’imposta unica per le imprese e l’imposta sui depositi. Verrà invece gravata, per contro, la rendita finanziaria e imprenditoriale al 10% ed è previsto l’aumento dell’imposta sul reddito, di cui viene accentuata la progressività sulla soglia massima con nuovi scaglioni che superano il vecchio 30% per arrivare fino al 35%. Il governo ha mostrato un forte impegno anche nella lotta al lavoro nero, con una serie di misure volte a favorirne l’emersione. La riforma prevede inoltre l’introduzione di un assegno di disoccupazione per sei mesi e di una pensione unica universale per tutti gli ultra sessantacinquenni.

Novità sono previste anche sul fronte ambientale, grazie all’introduzione di uno sgravio fiscale per i combustibili “verdi”, e nel settore bancario – incentivi per le banche ad aumentare il loro coinvolgimento e la loro esposizione nello sviluppo del paese, rinunciando alla pratica consolidata dell’accumulo di capitale e dei prestiti a basso rischio: a tal fine saranno rafforzati i poteri dell’Autorità regolatoria, che sarà autorizzata a intervenire per stimolare questi processi. Nasce infine un Istituto di credito per lo sviluppo, destinato a sostenere la crescita delle imprese.

Dopo soli tre mesi di discussione in Parlamento, il presidente del Messico ha promulgato ufficialmente la cosiddetta “riforma energetica”, forse la più importante riforma da molti decenni. Essa è di importanza strategica perché «aprirà una nuova tappa nello sviluppo del paese» visto che, secondo molte previsioni, potrebbe significare oltre un punto di PIL in più all’anno. Questa riforma, ha sottolineato Peña Nieto, «definisce il nuovo quadro regolatorio del settore, permetterà di esplorare nuovi giacimenti considerati fino a oggi non interessanti da PEMEX, a causa degli alti costi, attraendo maggiori risorse finanziarie e tecnologiche di punta, e consentendo allo Stato, senza indebitarsi, di aumentare le riserve censite ed elevare la competitività di tutta l’economia nazionale».

Nello specifico, la riforma introduce la possibilità per le imprese private di partecipare alla produzione di energia elettrica attraverso diverse forme contrattuali. Secondo quanto dichiarato dal segretario per l’Energia e le miniere, Francisco Ochoa, PEMEX necessita di oltre 60 miliardi di dollari di investimenti per far fronte alle potenzialità del paese nel settore degli idrocarburi. Infatti, ha ribadito Ochoa in un’intervista a “Efe”, «il Messico ha importanti varietà geologiche, che presentano diversi campi di idrocarburi, che potrebbero attrarre investimenti di compagnie altamente specializzate». Particolare rilievo hanno i giacimenti in acque profonde ed ultra-profonde del golfo del Messico, già sfruttati dal lato statunitense (un milione di barili al giorno), e non ancora esplorati da parte messicana proprio per il divieto alle imprese straniere di accedervi. Stesso discorso vale per lo “shale gas”, che gli USA già stanno sfruttando (2 milioni di barili al giorno) nel sud del Texas e che, si stima, essere presente nel Nord-Est messicano. L’obiettivo della riforma, ha commentato Ochoa, è «consentire al Messico di far fronte al fabbisogno energetico, oggi ampiamente insoddisfatto con la produzione di soli 2,5 milioni di barili al giorno».

Un anno molto intenso proietta il Messico verso il futuro. A contenere questo ottimismo le incrinature determinate nell’alleanza, con la fuoriuscita del PRD dal Pacto, sancita di fatto dopo l’approvazione della riforma energetica: Jesus Zambrano e il fondatore del partito Cuauthémoc Cardenas (figlio del presidente Lazaro Cardenas che nazionalizzò il settore degli idrocarburi) hanno ribadito l’intenzione di avviare la raccolta di firme per richiedere un referendum per revocare la riforma che «privatizza il petrolio dei messicani».

Infine incombe il tema della sicurezza. Nonostante i molti provvedimenti intrapresi nell’ultimo anno in termini di riorganizzazione, coordinamento e aumento delle forze dell’ordine (e il calo di omicidi, circa il 16,5% % in meno al 2012) questa rimane una questione cruciale per il futuro del paese (come dimostrato da una recente recrudescenza di violenza nello stato di Michoacán). Il progetto riformista di Peña Nieto non potrà, dunque, prescindere da questo nodo della sicurezza, che si frappone allo sviluppo del paese, sia in termini di “sicurezza dei cittadini” che in termini di “territori occupati” dai gruppi criminali organizzati che controllano il narcotraffico.

Secondo molti osservatori nei prossimi mesi, in assenza di appuntamenti elettorali e con un’agenda parlamentare legata solo all’approvazione delle norme applicative di tutte queste riforme, il presidente messicano, nonostante il cedimento del Pacto, non dovrebbe incontrare troppi ostacoli nel proseguire il suo percorso di riforme. A fornire elementi di ottimismo le forti attese del settore economico, che ancora nel 2013 ha visto una crescita contenuta al +1,2%, mostrando i limiti di un sistema paese chiuso e ancorato a normative obsolete. Nel 2014 però, anche grazie a questa straordinaria iniziativa politica riformista e alla nuova visibilità internazionale generata, si prospetta una crescita al 4% (al di sopra, di grandi paesi come Stati Uniti, Brasile, Sudafrica, Regno Unito, Giappone e Russia), che proietterà il Messico tra i principali attori mondiali (assieme a Turchia, Nigeria e Indonesia, riuniti nel nuovo acronimo MINT).

In tal senso va interpretato il nuovo dinamismo nello scenario globale di Enrique Peña Nieto, che lo scorso dicembre ha compiuto una lunga visita ufficiale in Turchia. Anche l’Italia si è accorta di questo nuovo sguardo riformista, con la missione del presidente del Consiglio Enrico Letta lo scorso gennaio – la prima visita di un premier italiano in Messico dopo oltre venticinque anni –, con l’obbiettivo di non perdere le opportunità apertesi dopo il primo anno di governo di Peña Nieto.

 


Foto: World Economic Forum

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