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Autonomia differenziata? No, secessione dei ricchi.

Intervista di Giulia Gigante a Gianfranco Viesti - 27/03/2024

Le disparità regionali e le teorie della divergenza, lo sviluppo mancato del Mezzogiorno, le politiche di coesione territoriale e l’austerità asimmetrica, il ruolo delle politiche pubbliche e “la secessione dei ricchi” spacciata per autonomia differenziata. Da questi campi di ricerca Gianfranco Viesti, professore di Economia applicata presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bari, ha estratto un motivo di lotta e un percorso di studio che coinvolge l’Europa, l’Italia e il Mezzogiorno dal XX al XI secolo. Presentissimo nel dibattito pubblico, Viesti è autore di due opere “Centri e periferie” e “Contro la secessione dei ricchi”, centrali per orientare i lettori nel confronto concordato per Orizzonti.

“Make Argentina great again”. Javier Milei, il nuovo alfiere della "derecha" latinoamericana?

Di Camillo Robertini - 20/03/2024

Il 10 dicembre del 2023, in una Buenos Aires assolata e ancora incredula, il neoeletto presidente Javier Gerardo Milei (53 anni) ha pronunciato il primo di molti discorsi incendiari. In quell’occasione non ha promesso l’espansione della spesa pubblica o l’avvio di ambiziosi programmi di contenimento della povertà, ma ha ripetuto in maniera sorda e monotona una sinistra locuzione diventata perfino il motivo orecchiabile di cumbia che spopola sul web “no hay plata”, non c’è una lira.

Le incognite di una Cina asimmetrica

Di Alessandro Aresu - 07/03//2024

Nel 2018, il New York Times ha pubblicato un reportage con un titolo significativo: “The Land That Failed to Fail”. Rappresenta, ancora oggi, un’utile sintesi sull’illusione occidentale di lungo corso sul sistema economico e politico cinese. Attraverso una descrizione del percorso compiuto dai drammi e dai fallimenti del maoismo fino al ruolo di potenza economica a cavallo tra i due secoli, evidenzia la capacità della Cina di innovare, crescere economicamente ed espandere la propria influenza sulla scena globale, il tutto mantenendo la stretta presa sulla società da parte del Partito Comunista Cinese e resistendo alle riforme democratiche.

Dove va l'Europa? Presentazione Italianieuropei 1/2024

Mercoledì 27 marzo alle ore 18:00, la Fondazione Italianieuropei ha organizzato la presentazione dell'ultimo numero della rivista Italianieuropei in un incontro in diretta streaming dal titolo "Dove va l'Europa?"

Sociale, verde, giusta: l’Europa che vogliamo

Non è presto per riflettere sull’Europa perché l’Europa riguarda tutti noi e tutti i programmi futuri. È la nostra sfida. Completare l’Europa e realizzare un’Europa federale è la sfida di noi riformisti, altrimenti non abbiamo futuro. Soprattutto un’Europa che sia unita, forte, grande e che torni a essere rilevante nel mondo. La tristezza maggiore che ho provato, da quando sono uscito dalla politica e insegnando negli Stati Uniti e in Cina, è stato constatare come il grandissimo interesse mostrato dai ragazzi nei primi tempi verso l’Europa si sia via via affievolito a causa dell’irrilevanza progressiva che l’Europa ha avuto nel mondo di fronte ai giganti Stati Uniti e Cina.

Un vero bilancio, una fiscalità e un Tesoro europei: condizioni necessarie per il futuro della UE

Il 2024 sarà un anno cruciale. Mentre si sono ricostituite le logiche dei blocchi, rafforzando ulteriormente le tensioni geopolitiche, l’anno 2024 vedrà svolgersi due elezioni che potrebbero redistribuire le carte del gioco del potere mondiale. Negli Stati Uniti, lo spettro del ritorno di Donald Trump aleggia sulle elezioni di fine anno, con tutti i rischi e i cambiamenti che comporterebbe per la democrazia americana, le sue istituzioni e l’Europa. Le recenti dichiarazioni del candidato Trump lasciano temere un abbandono del popolo ucraino e dell’Europa alle ambizioni bellicose della Russia.

La promessa di BLED 2030: l’allargamento fra realtà e sogno

L’anno scorso, a fine agosto, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel salì sul palco del Bled Strategic Forum e pronunciò le parole che da allora sono conosciute come il Bled Pledge (la promessa di Bled): semplicemente disse che l’UE doveva essere pronta ad accogliere nuovi Stati membri entro il 2030. Il messaggio si diffuse come un lampo nei paesi della regione, ridando speranza ai cittadini dopo venti anni di promesse disattese e sforzi deludenti da entrambe le parti per rispettare le conclusioni di Salonicco del 2003. Il Pledge fu accolto con molta più prudenza dalle élite politiche negli Stati membri, che sono per definizione più riservate quando si tratta di fissare date chiare per decisioni strategiche importanti per il futuro dell’Europa.

La proiezione internazionale della UE: limiti e sfide

Le numerose crisi di questi ultimi anni hanno fatto crescere la UE e la sua capacità di reazione a shock esterni, ma hanno anche sollecitato un maggiore ruolo internazionale dell’Unione e una maggiore capacità di protagonismo della UE sulla scena mondiale. Nei fatti però i risultati raggiunti nel campo della politica estera continuano a essere complessivamente percepiti come inadeguati e non all’altezza delle aspettative.

Il nuovo contesto globale impone cambiamenti profondi all’Europa e alla sua economia

Una fondamentale sfida per l’Unione europea nei prossimi anni sarà ridefinire la propria presenza nel nuovo contesto economico globale. Che è profondamente mutato e attraversa una fase del tutto nuova. Guardando alle tendenze in corso, va ricordata innanzitutto la riconfigurazione della globalizzazione, in termini di un rallentamento e di una mutata composizione del commercio mondiale, con più servizi e relativamente meno prodotti industriali scambiati. A conferma di una interdipendenza che per ora non appare essersi fermata ma si sta ridisegnando.

La governance economica europea: un pendolo tornato alla posizione di partenza

La legislatura europea che si avvia alla conclusione passerà probabilmente alla storia come quella in cui la gestione delle emergenze ha finito per prendere il sopravvento su molte delle priorità politiche che si erano inizialmente individuate. L’esplosione improvvisa della pandemia di COVID e poi la guerra in Ucraina hanno costretto le istituzioni comunitarie a fronteggiare sfide inimmaginabili, mostrando però una straordinaria capacità di reazione e una inaspettata volontà politica che hanno finito per mettere in discussione vecchi tabù e incrinare antichi veti.

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