Il perimetro della cooperazione per la sicurezza

Di Filippo Bubbico Giovedì 13 Luglio 2017 14:51 Stampa

Nel mondo sempre più interconnesso in cui viviamo diventa cruciale rafforzare i collegamenti tra sicurezza interna ed esterna. Lungo questo binario si sta muovendo l’Italia nell’ambito del più generale approccio europeo concretizzatosi nella Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE. Strategia che si pone obiettivi ambiziosi in materia di difesa e sicurezza, per perseguire i quali è stato approvato, nel dicembre 2016, un piano di attuazione che propone una revisione annuale coordinata della spesa per la difesa, una migliore risposta rapida dell’UE mediante il ricorso a gruppi tattici, nonché una nuova cooperazione strutturata permanente (PESCO) unica per gli Stati membri che intendono assumere maggiori impegni per la sicurezza e la difesa. A ciò si affianca la cooperazione internazionale di polizia, che rappresenta, nelle attuali contingenze, uno degli strumenti di maggior rilievo nella lotta alla criminalità organizzata transnazionale e al terrorismo di matrice politica e religiosa.

 

Il rispetto rigoroso dei principi di diritto internazionale relativi alle relazioni e alla cooperazione tra gli Stati riveste la massima importan­za per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e per lo sviluppo dei sistemi politici, economici e sociali delle Nazioni.

Nessuno dei singoli Stati dispone, infatti, della forza e delle risorse sufficienti per affrontare i rischi e le minacce di violenza e terrorismo che incombono da più parti, a livello internazionale, e per cogliere le opportunità di progresso economico e sociale che la globalizzazione può offrire.

In un mondo sempre più interconnesso, infatti, la sicurezza interna e quella esterna sono legate in modo inscindibile; non è possibile prescindere dalla situazione al di là delle proprie frontiere, in quanto la stabilità di ciascun paese risente in maniera incisiva degli equili­bri internazionali, non solo sotto il profilo della sicurezza, ma anche dal punto di vista economico, nonché per i riflessi connessi ai cam­biamenti climatici e all’approvvigionamento di energia. Il perimetro della cooperazione non è delimitato da un confine, ma ha una valen­za strategica.

L’Italia è da sempre favorevole a iniziative volte a rafforzare le in­terconnessioni tra sicurezza interna ed esterna. È stata proprio la presidenza italiana dell’Unione europea, nel secondo semestre 2014, a sottolineare l’importanza e la strettissima continuità del nesso tra queste due dimensioni della sicurezza a livello europeo.

Si tratta di un tema che trova crescente spazio nei principali docu­menti strategici dell’Unione, come in particolare la Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea presentata, nel giugno 2016, al Consiglio europeo dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

Nel promuovere un’ambizione di autonomia strategica dell’Unione europea che le consenta di garantire la pace e la sicurezza all’interno e all’esterno delle sue frontiere, la Strategia individua cinque priorità.

La prima è rappresentata dalla sicurezza dell’Unione: gli Stati mem­bri, oltre a intensificare gli sforzi in materia di difesa, cybersicurez­za, lotta al terrorismo, energia e comunicazioni strategiche, devono tradurre in azioni gli impegni sanciti dai trattati in materia di assi­stenza reciproca e di solidarietà. L’Unione europea, dal canto suo, deve intensificare il contributo alla sicurezza collettiva dell’Europa lavorando a stretto contatto con i partner, tra cui, in primo luogo, la NATO.

La seconda priorità è costituita dalla resilienza degli Stati e della so­cietà a Est e a Sud dell’UE: un processo di allargamento credibile è essenziale per migliorare la resilienza dei paesi dei Balcani occidentali e della Turchia. Anche nell’ambito della Politica europea di vicinato, l’Unione deve sostenere percorsi a favore della resilienza, mirando ai casi più severi di fragilità governativa, economica e sociale, come pure in materia di clima ed energia, oltre a sviluppare politiche mi­gratorie più efficaci.

La terza è stata individuata nello sviluppo di un approccio integrato ai conflitti: una pace sostenibile è possibile solo mediante accordi globali fondati su partenariati regionali e internazionali ampi, pro­fondi e duraturi.

Un’ulteriore priorità è stata riconosciuta negli ordini regionali co­operativi: in un mondo stretto tra pressioni globali e rigurgiti lo­cali, forme volontarie di governance regionale offrono agli Stati e alle popolazioni l’opportunità di gestire meglio le preoccupazioni in materia di sicurezza, cogliere i vantaggi economici della globalizza­zione, esprimere più a fondo culture e identità e incidere sugli affari mondiali.

Infine, è dato rilievo alla governance globale per il XXI secolo: l’U­nione europea è impegnata a favore di un ordine globale basato sul diritto internazionale, che garantisca i diritti umani, lo sviluppo so­stenibile e l’accesso duraturo ai beni collettivi globali.

Al fine di rendere operativa la visione definita nella Strategia globale appena descritta, con riguardo alle questioni di difesa e sicurezza, nel dicembre 2016, è stato approvato al Consiglio europeo un piano di attuazione che propone una revisione annuale coordinata della spesa per la difesa, una migliore risposta rapida dell’UE mediante il ricorso a gruppi tattici, non­ché una nuova cooperazione strutturata perma­nente (PESCO) unica per gli Stati membri che intendono assumere impegni più ambiziosi in materia di sicurezza e difesa.

Il Consiglio europeo ha esaminato i progressi nel marzo 2017, in occasione di un Consiglio con­giunto affari esteri e difesa. Le conclusioni del Consiglio hanno sottolineato l’istituzione della capacità militare di pianificazione e condotta, una nuova struttura per migliorare la capacità dell’UE di reagire in maniera più rapida, efficace e omogenea ai fini della pianificazione e della condotta di missioni militari senza compiti esecutivi. Inol­tre, si prende atto dei progressi compiuti in altri settori, tra cui: la possibilità di una cooperazione strutturata permanente quale sistema inclusivo e modulare che consenta agli Stati membri di collaborare ulteriormente su base volontaria nei settori della sicurezza e della difesa; la possibilità di instaurare una revisione coordinata annua­le sulla difesa sotto la guida degli Stati membri, che avvierebbe un processo per ottenere una migliore visione, a livello dell’UE, su que­stioni quali la spesa e gli investimenti nazionali in materia di difesa, nonché gli sforzi di ricerca in tale settore, al fine di individuare e affrontare meglio le carenze; e i lavori in corso in altri settori, quali il rafforzamento degli strumenti di reazione rapida dell’UE, inclusi i gruppi tattici dell’UE e le capacità civili, la creazione di capacità a sostegno della sicurezza e dello sviluppo, la conoscenza situazionale e lo sviluppo delle capacità di Difesa, la cooperazione UE-NATO.

Dal canto suo, il Parlamento europeo ha inco­raggiato il Consiglio europeo a portare avanti la graduale definizione di una politica di difesa comune dell’Unione e a fornire ulteriori risorse finanziarie per garantire la sua attuazione.

In tale ambito, sarebbe utile che le missioni e le operazioni lanciate nell’ambito della Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) possano avere un focus sul contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata e, in particolare, possano raccogliere e analizzare informazioni. Questo dovrebbe avvenire in condizioni di conformità al diritto internazionale e, dove possibile, in accordo con il paese ospite, nel pieno rispetto di procedure chia­re e standardizzate per la cooperazione internazionale di polizia. In questa prospettiva, potranno, quindi, giocare un ruolo fondamentale non solo le agenzie europee, ma anche i più generali strumenti di cooperazione internazionale di polizia, bilaterali e multilaterali.

La cooperazione internazionale di polizia rappresenta, specie nelle attuali contingenze, uno degli strumenti di maggior rilievo nella lot­ta alle varie forme di criminalità, in particolare quella organizzata transnazionale e quella del terrorismo di matrice politica e religiosa.

In una strategia di progressivo sviluppo delle forme di cooperazione internazionale, il Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell’Interno ha realizzato all’estero una capillare rete di collegamen­to, avvalendosi di esperti e ufficiali di collegamento, appartenenti alle varie forze di polizia, per fronteggiare i fenomeni criminali, an­che sulla scorta di specifiche attribuzioni e competenze, determinate dalla tipologia dei reati da perseguire e dalle particolari tecniche di prevenzione e contrasto. Una puntuale pianificazione delle presenze e delle attività all’estero degli ufficiali di collegamento e degli esperti viene definita dal Comitato per la programmazione strategica per la cooperazione internazionale di polizia (CoPSCIP) che effettua così un costante monitoraggio delle diverse forme di cooperazione emer­genti nello scacchiere internazionale.

Già l’Agenda UE 2015 per la sicurezza interna e la accennata Strate­gia globale prevedono un rafforzamento dei legami tra le politiche di sicurezza interna ed esterna in materia di antiterrorismo. Le riforme di Europol e Frontex hanno altresì potenziato l’impegno nella lotta al terrorismo, inclusa la possibilità di cooperare con il settore della difesa.

Si tratta di un obiettivo prioritario nell’ottica del rafforzamento della sicurezza dell’Unione europea. Tuttavia, appare opportuno eviden­ziare che nelle esperienze di cooperazione, sia di carattere strategico che operativo, sono emerse le difficoltà di alcuni paesi a realizzare un efficace scambio informativo tra i diversi protagonisti delle azioni di prevenzione e contrasto. Questo fattore di criti­cità si riverbera non solo sugli aspetti di sicurezza interna dei singoli paesi, ma anche sugli aspetti di sicurezza dell’Unione europea.

L’Italia segue con attenzione il dibattito e lo scambio di esperienze che avvengono negli in­contri congiunti del Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicu­rezza interna (COSI) e del Comitato politico di sicurezza (PSC), che rappresentano la ca­mera di compensazione delle priorità individuate sul fronte inter­no con le iniziative che possono essere sviluppate su quello esterno.

La posizione più volte ribadita dall’Italia è che l’interazione tra le autorità di sicurezza debba essere necessariamente realizzata prima “a monte”, ovvero a livello nazionale, come efficacemente realizzato in Italia con l’istituzione del Comitato di analisi strategica antiter­rorismo (CASA). Tale organo, dal 2004, raccorda la condivisione delle informazioni tra le forze di polizia e i servizi di informazione e sicurezza.

La cooperazione del settore Giustizia affari interni UE (GAI) con le agenzie potrà essere favorita dal nuovo mandato di Europol, entrato in vigore lo scorso 1° maggio, che renderà più agevole l’interscambio informativo con le missioni. Occorrerebbe, tuttavia, che la raccolta e la condivisione di queste informazioni si basasse su un robusto quadro legale e fosse effettuata con procedure in grado di garantirne l’utilizzo come prove in un processo penale. In quest’ottica, potrebbe risultare utile dispiegare esperti di antiterrorismo nell’ambito delle missioni PSDC.

Tutti i paesi sono vincolati dalle risoluzioni e dalle norme delle Na­zioni Unite che cercano di potenziare le capacità di contrasto al ter­rorismo. Ciò comporta l’esigenza di predisporre un quadro giuridico adeguato, un efficiente sistema basato sullo Stato di diritto, servizi di sicurezza opportunamente addestrati, apparati giudiziari piena­mente conformi agli standard dei diritti umani, nonché meccanismi di cooperazione di polizia e giudiziari a livello bilaterale e regionale. Considerato che molti paesi mancano di tali capacità e necessitano di sostegno per sviluppare politiche e strategie, l’UE si sta impegnando per favorire tale processo.

In questa ottica, le missioni e le operazioni PSDC potrebbero, ove necessario, integrare gli sforzi già in atto di capacity building (un cer­to numero di missioni civili ha già un mandato in materia di an­titerrorismo e possiede competenze mirate di sicurezza interna per affrontare tali questioni, come è, ad esempio, nel caso sia della mis­sione EUCAP Sahel Mali che di quella Niger).

In un quadro più ampio, altri attori fondamentali per la raccolta d’informazioni, prove e intelligence di grande rilevanza per le prio­rità antiterrorismo dell’UE possono essere la NATO, l’Interpol e la Coalizione globale contro l’ISIS, nonché gli Stati Uniti. Si ritiene il ruolo di Interpol fondamentale per agevolare una copertura giuridica allo scambio d’informazioni, laddove questo non sia adeguatamente garantito da efficaci strumenti di protezione in essere tra le parti. La NATO, invece, potrebbe ricoprire un ruolo nelle attività di capacity building che l’UE svolge a favore dei paesi terzi. Le Forze armate de­gli Stati parte della Global Coalition to Counter ISIS/Daesh potreb­bero identificare opportune modalità per sviluppare un meccanismo di condivisione dei battlefield data, in particolare quelli raccolti in Siria e Iraq, per il contrasto al fenomeno dei foreign fighters che rien­trano in Europa.

Quanto alle relazioni dell’Unione europea con gli Stati Uniti, il G7 di Taormina ha evidenziato le distanze che si vanno acuendo tra le due sponde dell’Atlantico, in uno scenario già indebolito dalla Brexit e dallo spettro del populismo. Eppure, proprio per questo, l’Europa può e deve rimanere punto di riferimento credibile per quei valori e quelle speranze che hanno segnato lo scorso secolo, come quello attuale. Il rafforzamento dell’Unione europea rappresenta un obiet­tivo ineludibile non solo perché nell’attuale contesto internazionale la dimensione europea di un mercato unico di circa 500 milioni di consumatori assicura potere negoziale e attrazione degli investimen­ti, ma anche e soprattutto per i riflessi sul piano della sicurezza inte­grata e globale.

Il nostro paese guarda ai cambiamenti in atto con la convinta ade­sione al rilancio del progetto europeo e con la consapevolezza della propria funzione di cerniera geostrategica tra Nord e Sud del Medi­terraneo.