Nuove dimensioni e nuove politiche per l'innovazione

Di Pier Carlo Padoan Martedì 16 Marzo 2010 17:48 Stampa

L’innovazione, tradizionalmente intesa come pro­cesso lineare di progresso tecnologico, è in realtà interessata da una continua evoluzione che ne fa l’espressione di processi complessi e interattivi, che sempre più spesso vedono la collaborazione tra at­tori diversi. Ciò comporta la necessità di un nuo­vo approccio, sistemico, che si concretizzi in poli­tiche nuove per l’innovazione. Un recente tenta­tivo in questa direzione è rappresentato dalle linee guida promosse dall’OCSE, con l’obiettivo di so­stenere le attività innovative e di valorizzarne il ruo­lo come motore della crescita.

 

L’innovazione è cambiamento

La produzione e la commercializzazione di innovazioni significative, come la scoperta del transistor, l’invenzione degli antibiotici, l’introduzione di cambiamenti organizzativi sui luoghi di lavoro non sono mai stati compiti facili e privi di rischi. Quella che è cambiata è la comprensione del processo d’innovazione, il quale non va più visto come un procedimento lineare che va dalla ricerca scientifica alla scoperta di qualcosa di nuovo, passando attraverso i miglioramenti tecnologici, per arrivare a nuovi prodotti e alla loro diffusione. Oggi l’innovazione è considerata un fenomeno molto più ampio, che esprime al proprio interno processi più complessi e interattivi.
È necessario elaborare un nuovo paradigma dell’innovazione, che deve fondarsi su alcuni elementi. Innanzitutto, l’innovazione è “aperta”, caratterizzata sempre più dalla collaborazione oltre che dalla competizione tra attori. In secondo luogo, si va affermando una nuova geografia dell’innovazione, dove interagiscono, spesso in modo complesso, dimensioni globali e locali, che concorrono alla determinazione di un vantaggio comparato basato sull’innovazione. In terzo luogo, bisogna considerare con maggiore attenzione il ruolo degli assets immateriali e dell’innovazione non tecnologica. Si deve guardare al di là della ricerca e sviluppo, per considerare più attentamente gli investimenti in beni immateriali e il ruolo dei servizi. Infine, l’innovazione si fonda sempre di più su piattaforme tecnologiche come quelle dell’informazione e della comunicazione (Information and Communication Technology, ICT), che stanno assumendo un’importanza pari o maggiore di quella delle “condizioni di contesto” nel sostegno all’innovazione. Tutto questo, naturalmente, richiede anche di guardare con occhi nuovi alle politiche per l’innovazione.

L’innovazione è sempre più aperta

Per fare fronte all’intensificarsi della competizione globale e ai costi crescenti per la ricerca e sviluppo, le imprese stanno accrescendo la collaborazione con partner esterni – fornitori, clienti, università – per espandere il proprio mercato, per attingere a una base ampia di idee e di tecnologie e per immettere sul mercato stesso nuovi prodotti e servizi prima dei concorrenti. Fornitori e clienti sono i partner più ricercati per l’innovazione aperta.
Questo approccio più ampio all’innovazione non è privo di costi, in quanto implica l’adesione a partnership o a scambi che possono comportare spese (notevoli) per ottenere concessioni sull’utilizzo di proprietà intellettuali tra aziende.
L’innovazione aperta punta all’allargamento delle opzioni di ricerca e sviluppo e all’integrazione dell’investimento interno all’impresa, più che alla sostituzione o all’esternalizzazione della ricerca e sviluppo. Uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) su cinquantanove aziende di una dozzina di paesi ha riscontrato che quasi tre quarti di esse dedicano gran parte della propria spesa per la ricerca – almeno l’80% – alle attività di ricerca interne.1 Allo stesso tempo, la maggioranza delle imprese è impegnata alacremente in attività di innovazione aperte: il 51% di queste destina alla ricerca in altre aziende fino al 5% del proprio bilancio di spesa complessivo per la ricerca, mentre il 31% destina all’esterno più del 10%.
Le imprese di maggiori dimensioni praticano l’innovazione aperta più di quelle piccole. I dati dell’indagine indicano che le imprese più grandi sono quattro volte più propense a instaurare con l’esterno collaborazioni sull’innovazione rispetto alle imprese piccole o medie.
In generale, il livello di apertura verso l’innovazione varia a seconda delle aziende e dei settori merceologici, in base a fattori quali l’importanza della tecnologia, la strategia aziendale, le caratteristiche del settore. La collaborazione nell’innovazione è importante tanto nelle attività manifatturiere quanto nei servizi, nonostante ci siano alcune differenze da paese a paese. Settori come quello chimico, farmaceutico o informatico presentano tipicamente livelli elevati di innovazione. Le imprese cercano tradizionalmente di mantenere al proprio interno le risorse essenziali e di decidere che cosa “esternalizzare” o con chi collaborare. Le competenze essenziali (in tecnologia e mercati) vengono il più possibile sviluppate all’interno, ma l’innovazione aperta può essere un’alternativa più rapida e meno rischiosa a uno sviluppo interno, quando l’obiettivo è la diversificazione (in termini di tecnologia e/o di mercati).
Infine, anche se sono in genere considerati fonti di conoscenza importanti per le attività d’innovazione delle imprese, soprattutto per quelle di ricerca più “a monte”, gli istituti pubblici di ricerca e le università rappresentano ancora solo una piccola percentuale delle collaborazioni con le imprese e del sistema di innovazione aperta.
Man mano che si espande l’innovazione aperta e si presentano nuove forme di condivisione delle conoscenze e di scambio tra imprese, emergono i “mercati del sapere”. Ricorrendo a numerosi e diversi meccanismi e a diverse piattaforme, chi compra e chi vende può mettere in comune dati commerciali, informazioni, contatti e know how. Scambi di proprietà intellettuali, condivisioni di brevetti, consorzi, creazioni di reti, servizi di consulenza e brokeraggio, sono tutti mezzi per gestire e creare valore a partire dalle risorse intellettuali.

L’innovazione si globalizza

L’innovazione sta diventando globale, anche nei servizi. Si basa su nuove catene globali, ma sappiamo anche che ha una forte dimensione locale. La vicinanza geografica conta nelle reti globali tanto quanto nella collaborazione aperta con le imprese perché queste preferiscono partner geograficamente vicini per alimentare l’innovazione. La sfida consiste nel capire meglio le interazioni tra queste due dimensioni. L’innovazione aperta e l’innovazione globale, infatti, interagiscono. Il costo e il rischio dell’innovazione sono aumentati, com’è cresciuta la tendenza verso modelli aperti di innovazione. Questi sviluppi hanno accelerato la tendenza verso la globalizzazione delle attività innovative che comunque era in corso da decenni. Le imprese multinazionali hanno spostato in misura sempre crescente le attività di ricerca e sviluppo all’interno delle proprie catene di valore globale, mentre si affidano a partner oltre confine per i nuovi prodotti e i nuovi processi e per accedere ai mercati e a capitale umano qualificato. Se, da un lato, le reti sono globali, dall’altro, i nodi dell’innovazione – coaguli di competenze – continuano a essere locali, ma sono sempre più interconnessi grazie alle imprese multinazionali e ai nuovi strumenti di rete. Un’implicazione di rilievo consiste nel fatto che i canali di trasmissione del sapere sono numerosi e complessi. Spesso sono complementari, perché comportano attività commerciali, investimenti, servizi, competenze, come pure sapere astratto e intangibile. Il tutto accelera il movimento in direzione di un mercato globale del sapere e rappresenta anche una sfida per la politica economica. Equilibrare forze globali e locali è una sfida centrale per una politica dell’innovazione geograficamente radicata.

Beni immateriali e servizi

L’evidenza dimostra come i servizi alle imprese, compresi quelli ICT e i servizi finanziari e assicurativi – sia prodotti all’interno di un paese sia importati –, migliorino la produttività e la diffusione della tecnologia, e che la quota di servizi “avanzati” nell’economia aumenti con l’accumulazione di tecnologia.2 Allo stesso tempo i servizi operano come motori e moltiplicatori di una crescita guidata dall’innovazione. Il ruolo dei servizi alle imprese nella crescita guidata dall’innovazione è un fatto relativamente nuovo. La letteratura finora ha dedicato una scarsa attenzione al terziario in quanto motore di accumulazione tecnologica, e le ricerche empiriche si sono concentrate quasi esclusivamente sull’interazione tra accumulazione tecnologica e crescita nel settore manifatturiero. Occorre anche tenere conto del ruolo della composizione del settore manifatturiero per la produzione e l’importazione di servizi alle imprese. Il commercio internazionale di servizi si può interpretare sia come un fattore-stimolo diretto che deriva da un livello maggiore di domanda intermedia sia come il risultato dei flussi di sapere associati a meccanismi interattivi di o a spillover di conoscenza. Inoltre, con la globalizzazione, il cambiamento tecnologico porta a un processo di “frazionamento” entro il quale i servizi (in particolare quelli alle imprese) si espandono grazie alla cresciuta divisione tecnica e sociale del lavoro all’interno della produzione e generano una forte interdipendenza tra le attività manifatturiere e terziarie.
La crescente importanza dei servizi mette in discussione il modo in cui osserviamo e misuriamo i progressi dell’innovazione. Di solito consideriamo le citazioni di brevetti una “misura diretta” della produttività della attività di innovazione. Sappiamo, però, che le tradizionali variabili tecnologiche, come la spesa in ricerca e sviluppo e i brevetti, non colgono appieno l’innovazione nei servizi alle imprese. In effetti, sebbene i settori manifatturieri spendano di più per ricerca e sviluppo e generino più brevetti rispetto ai settori dei servizi, se si considera l’innovazione tecnologica per come incide sulle attività di marketing, di formazione e di altro genere, molti servizi hanno un contenuto tecnologico più elevato di quanto non si ritenga. Allo stesso tempo la diffusione di attività del terziario con elevato contenuto di conoscenza viene profondamente influenzata dalla parallela diffusione e attuazione di nuovi sistemi informatici e di comunicazione (ICT). La natura immateriale e la base informativa dei servizi conferisce alla generazione e all’impiego delle ICT una funzione centrale nelle attività d’innovazione e dei suoi risultati, funzione che non può essere colta appieno dai brevetti.
Il ruolo facilitatore delle nuove tecnologie è anche alla base del modello del “ciclo inverso del prodotto” che definisce la dinamica del processo d’innovazione nei servizi. In quest’ottica, nelle prime fasi del ciclo inverso del prodotto, i servizi utilizzano le ICT per migliorare l’efficienza del back office. Successivamente, la nuova conoscenza così acquisita porta a innovazioni di processo e di prodotto. Le nuove tecnologie consentono anche di accrescere la trasportabilità delle attività terziarie, rendendo possibile produrle in un luogo e consumarle in un altro.
Un ultimo ma non meno importante aspetto: grazie alle ICT cresce anche l’innovazione non tecnologica. Negli ultimi anni è aumentato l’interesse per le forme non tecnologiche d’innovazione e per il loro contributo alla produttività, soprattutto in paesi nei quali la specializzazione industriale e la struttura limitano l’estensione di attività di ricerca e sviluppo formali e a base tecnologica. Questo interesse rispecchia anche la migliore comprensione dell’interazione tra innovazione tecnologica e non tecnologica e della loro natura complementare, come del ruolo centrale del cambiamento organizzativo nell’implementazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Tecnologie di uso generale e internet

Il ruolo crescente dei servizi e dei beni immateriali nel processo d’innovazione e, più in generale, il nuovo paradigma dell’innovazione non si possono comprendere del tutto se non si tiene conto della funzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e di internet come tecnologie di uso generale (general purpose technologies). Si potrebbe raccontare la storia dell’innovazione come evoluzione delle tecnologie d’impiego generale (come l’elettricità, la macchina a vapore o internet) e delle piattaforme innovative che talora richiedono l’interazione di più tecnologie. Internet è il “grande facilitatore” della nostra epoca, una tecnologia d’uso generale che ha permesso lo sviluppo di varie piattaforme tecnologiche. Possiamo vederne gli effetti nei dati che delineano tre caratteristiche sulle quali è stata realizzata la rete: convergenza, creatività e fiducia. In primo luogo la convergenza, tramite il rapido calo sia dei prezzi dei computer sia delle comunicazioni che ha contribuito al passaggio verso internet e ha prodotto la nascita di ciò che ora è la piattaforma globale atta a fornire servizi a voce, video e dati. La seconda caratteristica sulla quale si basa è la creatività: in breve tempo internet, grazie alla sua capacità di mettere in rete le nuove tecnologie, ha stimolato un enorme flusso di creatività, che ha trasformato le attività economiche e ha trainato la crescita. Ma, infine, anche la fiducia, perché internet richiede regole concordate per proteggersi dalla pirateria e per stimolare investimenti. Poiché le reti convergono e internet diviene una parte essenziale dell’infrastruttura economica, aumentano i dubbi sulla loro affidabilità e sulla loro vulnerabilità a eventi accidentali o ad atti dolosi. Con l’aumento della dipendenza da internet aumentano anche l’esigenza di conservarne l’integrità, gli sforzi e le risorse necessarie per renderlo un sistema affidabile.
Non è facile fornire evidenza del contributo di internet alla creazione di profitto. Ma sappiamo che i processi d’innovazione in rete, sostenuti dalla diffusione delle connessioni internet a banda larga, permettono una più ampia partecipazione al processo innovativo, non più limitato all’ambito dei laboratori di ricerca e sviluppo delle imprese, ma aperto a utilizzatori, fornitori e consumatori. Così internet e l’innovazione aperta e globale procedono di pari passo. La possibilità di attingere a questa fonte di informazione introduce un nuovo fattore, importante, di sostegno e di stimolo all’innovazione e rappresenta un notevole contributo alle politiche innovative sul “lato domanda”.
Ancor più rilevante rispetto al fatto che il settore delle nuove tecnologie dell’informazione sia un settore dinamico di per sé è il ruolo di rilievo che queste tecnologie come piattaforma per l’innovazione ricoprono per l’economia in senso lato. Poiché l’elaborazione, l’analisi e la comunicazione delle informazioni rappresentano un elemento fondamentale di tutte le attività economiche, soprattutto dell’innovazione, i progressi nel campo delle ICT hanno inciso in modo sostanziale sulla natura della stessa innovazione.

Una nuova politica per l’innovazione

Il moderno panorama dell’innovazione che è stato tratteggiato richiede un nuovo modo di pensare le politiche per l’innovazione (e non solo politiche innovative). L’OCSE sta per presentare la OECD Innovation Strategy che comprende, tra l’altro un insieme di principi-politica per il sostegno dell’innovazione: mettere tutti in condizione di innovare, fornire le condizioni di base dell’innovazione, investire nell’innovazione e raccoglierne i frutti, sfruttare l’innovazione per affrontare le sfide globali e migliorare il governo delle politiche per l’innovazione.
Il primo principio è “mettere tutti in condizione di innovare”: i sistemi d’istruzione e di formazione devono fornire gli strumenti fondativi per apprendere e sviluppare l’ampia gamma di competenze necessarie all’innovazione in tutte le sue forme e la flessibilità per estendere tali competenze e adattarsi alle condizioni in evoluzione del mercato. Per fare sì che i luoghi di lavoro siano innovativi, occorre fare in modo che le norme sull’occupazione favoriscano un cambiamento efficiente dell’organizzazione. Occorre anche far partecipare attivamente i consumatori al processo d’innovazione. Inoltre, è necessario sostenere l’innovazione nel settore pubblico a tutti i livelli di governo, per valorizzare l’erogazione di servizi pubblici, per migliorarne l’efficienza, la copertura e l’equità, riducendone i costi.
Il secondo principio si riassume nella formula “fornire le condizioni di base dell’innovazione”, assicurarsi cioè che le condizioni del contesto siano solide, che facilitino l’innovazione e si rafforzino a vicenda e sostenere un concetto di impresa dinamico e una cultura di assunzione del rischio e di attività creativa.
Il terzo principio è “investire nell’innovazione e raccoglierne i frutti” ed è articolato in più punti: garantire un adeguato livello di investimenti pubblici in ricerca e sviluppo e migliorare il governo e la gestione degli istituti di ricerca; mobilitare i finanziamenti privati per l’innovazione tramite il sostegno di mercati finanziari efficienti e facilitando l’accesso ai finanziamenti da parte delle nuove aziende, soprattutto nelle fasi iniziali dell’innovazione. Incoraggiare, poi, la diffusione delle migliori pratiche valorizzando il ruolo degli investimenti immateriali e sviluppare metodi di mercato a sostegno dell’innovazione; assicurare la presenza di un’infrastruttura del sapere moderna e affidabile a sostegno dell’innovazione, retta da un quadro normativo che favorisca un accesso aperto alle reti e la concorrenza sul mercato. Ancora, adottare una politica e un ambiente normativo che consentano uno sviluppo responsabile delle tecnologie e la loro convergenza; infine, facilitare i flussi di conoscenza e favorire lo sviluppo di reti e mercati che rendano possibile la creazione, la circolazione e la diffusione del sapere.
Il quarto principio è “sfruttare l’innovazione per affrontare le sfide globali” e richiede di rafforzare la cooperazione scientifica e tecnica e il trasferimento di tecnologie, anche attraverso lo sviluppo di meccanismi internazionali per finanziare l’innovazione e suddividerne i costi; assicurare un regime di politica per l’innovazione stabile che offra flessibilità e incentivi per affrontare sfide globali tramite l’innovazione e che incoraggi l’invenzione e l’adozione di tecnologie efficienti favorevoli all’ambiente. Inoltre, per stimolare l’innovazione come strumento di sviluppo, è necessario rafforzarne le basi nei paesi a basso reddito, assicurando anche un accesso sostenibile alle moderne tecnologie. Sostenere l’imprenditorialità, anche nell’economia informale, e dare la possibilità agli imprenditori di sperimentare, investire ed espandere attività economiche creative, soprattutto intorno all’agricoltura.
Infine, ultimo principio è quello di “migliorare il governo delle politiche per l’innovazione”, garantire cioè la coerenza delle politiche, considerando l’innovazione come una componente centrale della politica di governo, con una forte leadership ai livelli politici più alti. Questo principio implica anche un impegno a fare in modo che gli attori regionali e locali sostengano l’innovazione, assicurando il coordinamento tra le regioni e con gli impegni nazionali e a favorire un processo decisionale fondato sulla verifica di efficacia e una assunzione di responsabilità politica, riconoscendo la valutazione come elemento cardine dell’agenda per l’innovazione.

Conclusioni

Poiché il processo d’innovazione si evolve e diviene più complesso, deve anche evolversi la nostra comprensione di tale processo. È necessario comprendere meglio come interagiscono e come si possono modellare elementi come l’innovazione aperta, le catene globali dell’innovazione e il ruolo delle piattaforme tecnologiche. Andare in questa direzione comporta la transizione dal tradizionale approccio di contabilità della crescita, basato su un rapporto lineare tra inputs e outputs, ad un approccio sistemico all’innovazione. Ciò, inoltre, porta con sé importanti implicazioni per la definizione e l’implementazione di politiche per l’innovazione. Non possiamo affidarci a un unico strumento di stimolo all’innovazione e, per suo tramite, alla produttività e alla crescita. La strategia dell’OCSE intende fornire un ampio ventaglio di principi e criteri per le politiche in favore dell’innovazione, diversificati ma interconnessi, con l’obiettivo di sostenere le attività innovative e di valorizzarne il ruolo come motore della crescita e per affrontare le sfide globali come il sottosviluppo e il mutamento climatico.3


 

NOTE

[1] OCSE, Open Innovation in Global Networks, OCSE, Parigi 2008.

[2] Per un’analisi complessiva di questo aspetto cfr. P. Guerrieri, P. C. Padoan (a cura di), Modelling ICT as a General Purpose Technology. Evaluation Models and Tools for Assessment of Innovation and Sustainable Development at the EU Level, Rapporto per la Commissione europea, in “Collegium”, 35/2007, College of Europe, Bruges.

[3] Il contenuto di questo articolo non rispecchia necessariamente la posizione ufficiale dell’OCSE.