I libri elettronici fra innovazione e tradizione: il libro magico del cancelliere Tusmann

Di Gino Roncaglia Martedì 16 Marzo 2010 19:13 Stampa
L’e-book si prepara a introdurre nella cultura del li­bro le molte, radicali innovazioni rappresentate dal passaggio al digitale. Una sfida che è anche un’op­portunità, ma che richiede preparazione e risposte adeguate, sia a livello culturale sia a livello di poli­tiche editoriali e di gestione dei diritti.

 Il mondo della cultura e dell’editoria non è forse fra i primi a venire in mente quando si parla di innovazione, ma le nuove tecnologie digitali e di rete ne stanno cambiando rapidamente il volto e gli strumenti. Il libro è il medium culturale per eccellenza e, nel pieno della rivoluzione digitale, era finora rimasto l’oggetto familiare di sempre, di cui conosciamo storia, scopi, natura. Un oggetto che sappiamo come selezionare e pubblicare (ci pensano gli editori con l’aiuto delle tipografie), che sappiamo come promuovere (pubblicità, recensioni, premi letterari ecc.), che sappiamo dove acquistare (librerie, edicole), che sappiamo come conservare e rendere accessibile a chi non può permettersi o non desidera comprarlo (lo fanno le biblioteche), che infine – se è in una lingua che conosciamo – sappiamo come leggere (non solo perché sappiamo decodificare il testo scritto, ma anche perché sappiamo usare una matita per sottolinearlo o un segnalibro per ritrovare la pagina alla quale ci eravamo fermati). Innovazioni anche radicali hanno certo toccato le fasi della sua produzione: gli autori scrivono usando il computer, la casa editrice trasmette alla tipografia dei file spesso già impaginati. Ma il libro a stampa sembrava aver attraversato senza troppe conseguenze la rivoluzione che aveva toccato altri settori: la musica, la fotografia, la televisione, passati ormai – non senza traumi, si pensi ad esempio al fenomeno della pirateria – interamente al digita-   le anche per quanto riguarda il supporto, la distribuzione dei contenuti e l’uso da parte dell’utente.
La sensazione di un’isola (felice?) di resistenza all’espansione del digitale è tuttavia illusoria. L’introduzione e la diffusione del computer prima e delle reti poi offrono ai testi supporti diversi da quelli tradizionali, diversi in primo luogo dalla carta stampata e dai libri. In un numero crescente di situazioni la pagina è sostituita dallo schermo, i caratteri stampati si trasformano in bit. E il libro elettronico – inizialmente esorcizzato, dopo le prime esperienze all’inizio del nuovo millennio, come esempio di fallimento tecnologico – torna dieci anni dopo a disturbare sonni e sogni di molti.
Non si tratta, evidentemente, di una questione solo tecnologica. Nuove forme di testualità (siti web, ipertesti ecc.) si propongono come alternative alla struttura fondamentalmente lineare che caratterizza la forma-libro come oggi la conosciamo; nuovi meccanismi di selezione e produzione mettono in crisi procedure e consuetudini radicate del mercato editoriale; nuovi canali di distribuzione sul web scavalcano i punti-vendita fisici e dunque le librerie tradizionali; la facilità di duplicazione e diffusione – anche pirata – dei testi elettronici sembra rappresentare un pericolo mortale per le forme tradizionali di gestione dei diritti e dei ricavi economici; moderni supporti e strumenti di lettura richiedono competenze nuove sia agli editori, sia ai lettori, sia alle biblioteche e ai bibliotecari.
Insomma, anche nel campo della “cultura del libro” le innovazioni portate dal digitale stanno innescando una vera e propria rivoluzione, che molti ritengono, per ampiezza e importanza, paragonabile a quella gutenberghiana, e che alcuni considerano addirittura più radicale. Ma una rivoluzione al cui interno non è affatto facile orientarsi. Dove sta andando, il libro?
Nel racconto “Il sorteggio della sposa” (“Die Brautwahl”) il grande scrittore tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffmann narra le singolari avventure dei tre pretendenti alla mano di una giovane e affascinante fanciulla. Uno solo di loro avrà la mano della ragazza, ma gli altri due riceveranno, in cambio della rinuncia, dei doni per loro ancor più preziosi. In particolare il cancelliere Tusmann, curiosa figura di attempato bibliofilo che difficilmente avrebbe potuto rendere davvero felice la giovane, riceve un dono che non potrebbe lasciarlo più soddisfatto: un libro magico, dalle pagine bianche ma capace di trasformarsi all’istante in qualunque altro libro al semplice desiderio del suo proprietario.
Il libro magico del cancelliere Tusmann è una sorta di libro universale, e le sue pagine bianche possono riempirsi, a comando, con i testi più diversi: il sogno di ogni bibliofilo.
Anche lo schermo di un computer può riempirsi con i testi più diversi. In un certo senso, il computer assomiglia molto al libro magico del cancelliere Tusmann. Nella maggior parte dei casi, però, i bibliofili non lo amano affatto; anzi, chi ama i libri considera spesso il computer come un pericoloso avversario della lettura, e vede il web non già come uno sconfinato paradiso testuale ma come un suo simulacro infido e distorto, in cui la “vera” lettura è sostituita da un movimento disordinato tra frammenti di testo per lo più sconnessi e scarsamente significativi.
Eppure, il web e i nuovi media digitali costituiscono indubbiamente anche uno spazio di lettura (e di scrittura): uno spazio che le generazioni più giovani frequentano ormai più spesso e intensamente di quello della carta stampata. In un certo senso, possiamo anzi dire che proprio la vocazione dei nuovi media ad essere anche uno spazio testuale ha contribuito a far recuperare alla testualità scritta quel ruolo centrale all’interno del nostro mondo comunicativo che la televisione aveva in parte compromesso. Del resto, l’uso di strumenti digitali è ormai alla base della stessa editoria tradizionale: come si è già ricordato, quando leggiamo un libro, una rivista, un quotidiano, quello che leggiamo è in realtà un testo elettronico, nato in ambito digitale, elaborato in ambito digitale e trasferito su carta solo per comodità di lettura.
Perché, allora, il mondo dei bit e quello della carta stampata sono percepiti come così lontani, e spesso come concorrenziali? La risposta, probabilmente, è legata proprio alle diverse caratteristiche dei due ambienti di lettura, e alle importanti conseguenze di tali differenze. Lo schermo del computer è verticale, emette luce (ed è dunque percepito come più stancante), è scomodo da muovere e spostare, invita a una lettura protesa in avanti (lean forward), estremamente attiva e dunque poco rilassata, più parcellizzata e meno continua, su un testo con il quale possiamo interagire e che può modificarsi dinamicamente. La carta stampata (e in particolare il libro) si presta invece a una lettura più tranquilla, rilassata (lean back), dai tempi lunghi, su un testo fisso e stabile. Una lettura più facilmente adattabile a situazioni diverse:  in poltrona, in treno, nella vasca da bagno ecc.  Ad essere in concorrenza, dunque, sono due  tipi differenti di interfacce di lettura, dalle diverse caratteristiche  di fruizione: le interfacce digitali, scomode  per l’occhio, ergonomicamente imperfette,  ma molto più potenti nella navigazione e gestione  attiva dei testi, e la carta stampata, più comoda da  leggere ma condannata a ospitare un singolo testo,  fisso e non modificabile.
Chiunque non sia ingenuo si accorge presto  che queste differenze non sono soltanto esteriori.  Si sa, infatti, che le caratteristiche di media diversi  si ripercuotono anche sulle caratteristiche e l’organizzazione  dei messaggi che questi media possono  veicolare. Certi testi, dunque, fortemente dinamici  ma anche più frammentati e meno lineari, in  cui possono essere utili rimandi ipertestuali, “funzionano”  meglio se letti attraverso media digitali;  altri – ad esempio un romanzo – funzionano per  ora molto meglio se la lettura avviene sulla carta  stampata.
Non è senza ragione, pertanto, che il rapporto  fra carta stampata e media digitali è percepito come  in parte conflittuale: l’enorme diffusione dei media  digitali tende a rafforzare certi tipi di testualità  (più sintetica, modulare e interconnessa, meno lineare  e articolata) a scapito di altri, e in particolare  a scapito delle forme più strettamente legate alla  storia e alla cultura del libro.  Ma attenzione: la situazione è ancora più complessa.  Se il libro a stampa (che pure continua una  sua evoluzione anche tipografica) ha, infatti, raggiunto  da tempo una forma ragionevolmente stabile,  le interfacce informatiche sono ancora giovanissime  e in rapida evoluzione. Lo schermo di un  computer è scomodo, pesante, fragile, costoso, emette  luce ecc. ma sarà sempre così?
È esattamente questa la sfida rappresentata  dall’e-book. Carta elettronica, inchiostro elettronico,  schermi flessibili e supersottili sono tecnologie  appena nate ma che suggeriscono già una risposta  negativa a questa domanda: tutto lascia supporre  che, con il tempo, anche le interfacce di lettura elettroniche  potranno avvicinarsi alla perfezione ergonomica  del libro, e offrirci davvero qualcosa di simile  al libro magico del cancelliere Tusmann. Per chi  voglia averne un assaggio, si consiglia la visione di  un breve e curioso filmato realizzato dal gruppo editoriale  francese Editis. Intitolato “Possible… ou probable”,  il filmato ha vinto un premio al Festival del  film d’impresa di Creusot, e propone un’immagine  futuribile ma non irrealistica dell’evoluzione del libro.1 L’iPod per la lettura, insomma, a dispetto dei  numerosi fallimenti cui è andata incontro finora l’idea  di libro elettronico, potrebbe non essere troppo lontano,  o essere addirittura in attesa di comparire sugli  scaffali dei negozi. Scaffali in cui troviamo già oggi  numerosi lettori basati su “carta elettronica” (epaper)  e “inchiostro elettronico” (e-ink), a partire  dall’ormai famoso Kindle della Amazon, per arrivare  al più recente Nook di Barnes&Noble, o ai vari  modelli offerti da Sony, iRex (uno spin-off della Philips),  Cybook, e da una manciata di altre aziende per  lo più asiatiche. E dove, quando leggerete queste  pagine, sarà probabilmente già comparso il nuovo  e chiacchieratissimo Tablet PC della Apple (iPad).
Siamo finalmente arrivati a creare il libro magico  del cancelliere Tusmann, dunque? Forse non  ancora: la carta elettronica stanca assai meno dello  schermo tradizionale, e consuma poco la batteria (basta mettere in carica il lettore ogni una o due settimane), ma per adesso non permette di usare i colori – prototipi di carta elettronica a colori esistono ma sono ancora cari e di qualità non troppo soddisfacente – e non permette di usare filmati. C’è inoltre ancora parecchio da lavorare per offrire al lettore la sensazione visiva di leggere realmente con la nitidezza tipica della carta, con caratteri davvero neri su uno sfondo davvero bianco. E gli schermi tradizionali (LCD e, oggi, le nuove tecnologie LED e OLED) sono ancora “affamati” di corrente, richiedendo ricariche troppo frequenti, e risultano piuttosto stancanti. La strada, però, è segnata: nel giro di pochi anni, la concorrenza alla carta stampata da parte di nuovi schermi sempre più efficaci nella resa dei testi (e capaci di integrarli con video e audio) sarà formidabile.
Dobbiamo dunque prepararci: da un lato, per comprendere le potenzialità del nuovo strumento, sperimentarne le caratteristiche, immaginarne i contenuti sarà necessario poter “leggere” i tradizionali libri lineari della nostra tradizione culturale, ma sarà possibile anche immaginare forme nuove, in cui al testo si affianchino animazioni e filmati o strumenti interattivi; dall’altro, per evitare, se ciò è ancora possibile, di farci travolgere da una nuova ondata di “pirateria povera”. È soprattutto quest’ultimo problema – quello della gestione dei diritti – a richiedere un’attenta valutazione da parte del legislatore e del mondo editoriale. Il tentativo di mantenere posizioni di vantaggio attraverso l’arrocca-mento su formati chiusi e proprietari e attraverso la repressione del file sharing, scaricando sugli utenti il peso (e i costi) della mancanza di politiche orientate anche a massimizzare la diffusione dei prodotti culturali e non solo i profitti di chi li produce e li vende, porterebbero semplicemente a ripetere esperienze già fatte. A partire dalla valorizzazione di forme di illegalità di massa, sostanzialmente – anche se non giuridicamente – giustificate dalla stupidità delle norme alle quali ci si sottrae, con lo sviluppo dei prevedibili programmi per sbloccare contenuti protetti e scambiarli via rete.
La diffusione del libro elettronico porterà insomma anche nel campo dell’editoria libraria il conflitto fra l’interesse sociale alla diffusione della cultura, l’interesse (anch’esso sociale) alla protezione del diritto d’autore − del diritto, cioè, dell’autore a vedersi riconosciuta la paternità intellettuale ed economica dei frutti del proprio ingegno − e l’interesse specifico delle case editrici alla salvaguardia del copy - right. Nel mondo dell’editoria tradizionale, interessi di autore e casa editrice coincidevano, ma nel mondo digitale non è necessariamente così: un autore può essere disponibile a guadagnare un po’ di meno in cambio di una diffusione più ampia del proprio lavoro (e di una fama maggiore), ma difficilmente una casa editrice sarebbe disposta a rinunciare per la gloria a una parte sostanziale dei propri profitti. Occorre dunque uno sforzo comune per immaginare forme di licenza e schemi di gestione dei diritti e dei ritorni economici che garantiscano la salvaguardia del diritto d’autore, la sostenibilità economica delle case editrici (il cui ruolo di selezione e validazione editoriale non viene meno, ma anzi cresce con l’aumentare della quantità di contenuti – spesso di bassa qualità – disponibili in rete), ma anche la circolazione il più possibile libera ed “economica”, per l’utente finale, dei nuovi libri elettronici. Due sfide non facili: quella tecnologica e quella politico-editoriale e giuridica. Se si riuscirà a vincerle entrambe, il libro elettronico potrà davvero trasformarsi in un alleato del bibliofilo e della cultura del libro, aiutando a riportare anche nel mondo digitale forme di testualità che oggi non vi trovano spazio se non in maniera e con modalità di fruizione assai imperfette. I lettori più giovani, abituati a muoversi solo, o principalmente, nell’ambito dei media digitali, ne hanno assoluto bisogno, prima di disabituarsi del tutto al piacere dei testi lunghi, articolati, liberi dal vincolo del “tutto in una schermata”.


1 Disponibile in rete all’indirizzo www.editis.com/content.php?lg=fr&id=274.