Il Forum sociale mondiale di Porto Alegre

Di Giampiero Rasimelli Venerdì 01 Febbraio 2002 02:00 Stampa

Che cos’è il Forum sociale mondiale? Quali soggetti e contenuti lo hanno animato? Dal 28 gennaio al 5 febbraio a Porto Alegre, in Brasile, si è svolta la seconda edizione di questo evento internazionale che riunisce i movimenti, le personalità, le associazioni, gli enti locali e le reti che si battono per una globalizzazione più giusta e democratica. Il Forum sociale mondiale è uno spazio aperto di incontro per il dibattito democratico delle idee, la formulazione di proposte, lo scambio libero di esperienze. È un processo di carattere mondiale. E tutti gli incontri che si realizzano come parte di esso, sia nelle giornate di Porto Alegre sia in altre sedi ed occasioni, hanno una dimensione di carattere internazionale.

 

Che cos’è il Forum sociale mondiale? Quali soggetti e contenuti lo hanno animato? Dal 28 gennaio al 5 febbraio a Porto Alegre, in Brasile, si è svolta la seconda edizione di questo evento internazionale che riunisce i movimenti, le personalità, le associazioni, gli enti locali e le reti che si battono per una globalizzazione più giusta e democratica. Il Forum sociale mondiale è uno spazio aperto di incontro per il dibattito democratico delle idee, la formulazione di proposte, lo scambio libero di esperienze. È un processo di carattere mondiale. E tutti gli incontri che si realizzano come parte di esso, sia nelle giornate di Porto Alegre sia in altre sedi ed occasioni, hanno una dimensione di carattere internazionale.

Le alternative proposte nel Forum sociale mondiale si contrappongono a un processo di globalizzazione comandato dai grandi gruppi economici e finanziari multinazionali, dalle istituzioni internazionali governate da filosofie e prassi al servizio di questi interessi, da tanti governi nazionali sottomessi o complici di questa logica. Queste alternative si propongono di far prevalere, come una nuova tappa della storia del mondo, una globalizzazione solidaristica che rispetti i diritti umani universali, di tutti i cittadini e le cittadine in tutte le nazioni, che rispetti i diritti dell’ambiente naturale, che sia appoggiata da un sistema di istituzioni internazionali democratiche al servizio della giustizia sociale, dell’uguaglianza e della sovranità dei popoli. Il Forum sociale mondiale riunisce entità e movimenti della società civile di tutti i paesi del mondo ma non vuole essere una istanza rappresentativa della società civile mondiale e non ha carattere deliberativo, perché non vuole costituirsi come una istanza di potere da disputare tra coloro che vi partecipano. Questo è, in sintesi, il contenuto della Carta dei principi che regola il Forum sociale mondiale: un spazio aperto, una voce pensata all’inizio come simbolica alternativa all’incontro tradizionale di Davos, la cittadina svizzera dove annualmente si danno convegno i potenti della terra.

Porto Alegre è stato e sarà il luogo della denuncia e della proposta, della ricerca comune sui grandi temi del futuro dell’umanità e della diffusione di una mobilitazione massiccia in tutto il mondo per rendere possibile il cambiamento. La dichiarazione di Porto Alegre è contenuta in uno slogan: «Un altro mondo è possibile», e quel «possibile» sta ad indicare la volontà di rendere praticabile un’alternativa culturale e politica agli squilibri, ai conflitti, alle inaccettabili ingiustizie che oggi caratterizzano la vita sul pianeta. Qui lo spazio della politica è grande, insostituibile, decisivo, come la condanna del terrorismo e della violenza e la domanda di una nuova politica finalmente realistica. Da Porto Alegre non viene, come si vuol far credere in modo semplificato e strumentale, un messaggio rozzamente no-global. Viene invece una critica radicale dello stato di cose presenti, una forte spinta per una globalizzazione diversa.

Viviamo un momento in cui rottura e lacerazioni prevalgono sulle capacità di incontro positivo, in cui gli stessi fenomeni sono visti in forma radicalmente differente dagli uni e dagli altri. Siamo senza dubbio in una crisi la cui componente fondamentale si situa nelle idee, nelle visioni e nei significati che attribuiamo agli avvenimenti, nei progetti che mettono in pratica le volontà politiche. Una crisi che si manifesta con una sequenza di clamorosi avvenimenti, anche molto diversi tra di loro – l’attentato terroristico alle Torri gemelle di New York, la guerra in Afghanistan, la guerra in Medio Oriente, l’esplosione economica e sociale dell’Argentina – ma che tocca nel profondo l’ordine di legittimazione delle relazioni umane, dei processi economici e culturali, delle strutture sociali e dei poteri dominanti. Una crisi di fattori strutturali la cui novità è la dimensione globale e il fatto che questa si è realizzata nella forma della globalizzazione neoliberista che sinora si è imposta e che è stata imposta. In questo panorama di frantumazione riunire il Forum sociale mondiale è già una sfida in sé, che via via aggrega sempre più forze, qualifica la sua dimensione programmatica, dà luogo ad un sempre più grande numero di reti e azioni internazionali. L’articolazione delle conferenze, dei gruppi di lavoro e dei seminari svoltisi a Porto Alegre è imponente, così come la partecipazione di oltre cinquantamila persone provenienti da tutto il mondo. Quattro temi generali hanno raggruppato una trentina di conferenze: «Produzione di ricchezza», «Accesso alla ricchezza e sostenibilità», «Società civile e spazio pubblico», «Potere politico ed etica». A questo si sono aggiunti due seminari generali «Indagine generale sul capitalismo» e «Un mondo senza guerra è possibile», che hanno coinvolto premi Nobel, esperti, giornalisti e personalità presenti al Forum o collegati in teleconferenza.

La delegazione italiana è stata forse la più numerosa fra quelle straniere, con un spettro molto ampio di associazioni, movimenti, rappresentanti di enti locali, parlamentari, presenze che hanno abbracciato tutti i momenti del Forum. Infatti, nell’ambito generale dei lavori si è tenuto anche un «Forum delle autorità locali per l’inclusione sociale» e un «Forum dei parlamentari », ai quali hanno preso parte Walter Veltroni e altri importanti sindaci europei, rappresentanti di enti locali italiani e parlamentari. Il «Forum delle autorità locali per l’inclusione sociale» promosso dal sindaco di Porto Alegre Tarso Genro, ha assunto un particolare rilievo politico e coinvolge presenze di primo piano di tutta l’America Latina, Asia, Africa e, come già detto, Europa. La Carta di Porto Alegre approvata da questo forum nel 2001 si configura come uno dei documenti politici più importanti del Forum sociale mondiale, una solida piattaforma politica che questa edizione ha ulteriormente arricchito e trasformato in una vera e propria nuova rete globale delle città per l’inclusione sociale, per lo sviluppo locale, la democrazia partecipativa, per una nuova cooperazione tra le città e i territori, per un nuovo ruolo delle città e dei governi locali nelle relazioni internazionali.

In molte parti del mondo l’effetto della globalizzazione è stato quello di aver determinato l’arresto e l’arretramento di deboli conquiste sociali, un inasprimento dei rischi ambientali, in generale una diminuzione di protezione democratica delle popolazioni o addirittura un colpo alle speranze di territori completamente devastati come l’Africa. Dice la Carta di Porto Alegre: «Questi effetti sono maggiormente visibili nelle grandi città, che accolgono masse di popolazione in movimento, nate per gli squilibri che esistono tra zone urbane e zone rurali. La crescita urbana disordinata promuove, inoltre, maggiori aggressioni all’ambiente. Questi fenomeni non coinvolgono solo le aree meno evolute ma, con grande forza, anche le città più avanzate. È proprio all’interno delle città che incontriamo i processi di esclusione più profondi. Ma, sempre nelle città, abbiamo anche le migliori condizioni per poter sviluppare politiche di coesione sociale e di protezione dei diritti e delle libertà di tutti i cittadini».

Le città e i governi locali si trovano a far fronte per primi alla domanda sociale, alle aspettative delle comunità. È un compito drammatico, con risorse decrescenti o del tutto insufficienti, con poteri minimi, con competenze inadeguate. Le città e i governi locali cominciano a pensare che c’è bisogno di un’alleanza, di reti di interscambio, di una integrazione nella rappresentanza che possa consentirgli di pesare ai livelli istituzionali internazionali. Le città possono e devono pesare di più a livello nazionale e internazionale, far sentire le ragioni delle loro popolazioni, la ricchezza dei loro territori, la richiesta di innovazione per tutti, l’affermazione del diritto a una vita degna per ogni cittadino, del diritto allo sviluppo locale nella globalizzazione. Questa mobilitazione delle città e dei governi locali su scala planetaria può produrre un cambiamento culturale e politico significativo anche nel sistema di relazioni internazionali e nelle politiche sovranazionali. A questa luce acquista particolare importanza il tema della «democrazia partecipativa» che ho avuto modo di affrontare con una relazione specifica in una delle conferenze del Forum sociale mondiale e che è una delle esperienze (attraverso la pratica di governo del bilancio partecipativo) che hanno reso Porto Alegre famosa nel mondo.

I temi della trasparenza della politica e della amministrazione, di una politica non soltanto leaderistica e sottomessa alle lobbies, del decentramento amministrativo, del federalismo istituzionale, della sussidiarietà, della partecipazione e dell’autorganizzazione dei cittadini, del terzo settore, della concertazione e dello sviluppo locale, sono ormai al centro dell’agenda politica in tutti i paesi, in situazioni completamente diverse tra di loro. Questo ha a che fare con le trasformazioni indotte dalla globalizzazione che in termini di mercato e di poteri disegnano una nuova tensione e nuove dinamiche e potenzialità nella dialettica tra locale e globale (il «glocalismo» di cui si comincia a parlare). Ma nello stesso tempo deriva anche dall’esigenza avvertita in modo diverso di definire o ridefinire lo spazio pubblico, il modo d’essere e di pensarsi del potere pubblico e della pubblica amministrazione. La democrazia partecipativa è una risorsa per lo sviluppo locale, per la coesione sociale, per la trasparenza amministrativa.

Tutto ciò risulta vero nella realtà dei paesi più sviluppati che affrontano la crisi dei sistemi di Welfare costruiti negli ultimi cinquant’anni e quella del rapporto tra cittadini e istituzioni che si è prodotta nelle democrazie più robuste e sperimentate dal pianeta. Ed è altrettanto vero in quei paesi che solo ora stanno consolidando i sistemi democratici e che stanno affrontando e rivendicando il tema delle garanzie sociali e dello sviluppo locale in una realtà internazionale sempre più lacerata dalla divisione tra paesi ricchi e paesi poveri o impossibilitati a raggiungere un livello di benessere minimo generalizzato.

Ho voluto citare questo tema della democrazia partecipativa, che insieme a quello del governo, della finanza e dei mercati internazionali, a quello della global governance e a quelli dell’ambiente e della pace costituisce il fulcro culturale e politico del Forum sociale mondiale, perché non sempre risulta chiara l’importanza prioritaria che questi movimenti e queste «culture radicali» annettono alla riforma della politica, delle istituzioni, dell’amministrazione, dello spazio pubblico. A Porto Alegre non si manifesta una dimensione pre-politica, luddistica o nostalgica e residuale. Certo, c’è di tutto. Come in una grande Expò, è fortemente presente una dimensione di testimonianza valoriale, di denuncia etica, ma nella ricerca forte e determinata dei fondamenti di una nuova politica. Qui si esprime la convinzione che le città, i sindacati, le organizzazioni non governative e il terzo settore si trovano in prima linea a sostenere questa sfida che caratterizzerà l’inizio del secolo. La democrazia partecipativa sarà sempre più lo strumento capace di dare forza, radici, autonomia alla loro lotta. Tra questi diversi soggetti si può e si deve riuscire a costruire una grande alleanza per i diritti dei cittadini e per uno sviluppo economicamente, socialmente ed ecologicamente sostenibile.

Dal Forum sociale mondiale si guarda con grande attenzione e interesse alla sinistra e alle culture democratiche dell’Italia. Si guarda alle esperienze di governo locale, al nostro tessuto democratico, al modo di concepire e costruire lo sviluppo dei territori. Credo che anche la sinistra italiana ed europea dovrebbero guardare con più interesse e capacità di dialogo queste forze, queste discussioni, e questa cultura critica che si esprime a Porto Alegre. Il Cancelliere tedesco Schröder ha detto prima della riunione del G8 di Genova, criticando i movimenti, che la globalizzazione è la più grande opportunità di crescita dello sviluppo mondiale. Bene, bisogna dimostrarlo perché ad oggi non è così per la maggioranza del pianeta e la situazione si aggrava sempre più. In fondo, credo che lo spazio della sinistra del presente e del futuro sia proprio qui: civilizzare e democratizzare la globalizzazione, dare a tutti il diritto allo sviluppo, dare dignità ed equilibrio alla vita sul pianeta.