Lo sviluppo delle donne conviene a tutti

Di Alessandro Magnoli Martedì 01 Marzo 2005 02:00 Stampa

Il Novecento ha sancito la rilevanza della condizione della donna La condizione della donna ha acquisito prominenza nel XX secolo. Poco a poco, è cresciuta sino a diventarne un tema centrale e una delle grandi conquiste. Infatti, nel corso degli ultimi sessant’anni, la comunità internazionale ha riconosciuto valenza universale ai diritti delle donne e ha dichiarato inaccettabile ogni discriminazione tra i sessi. Gli ultimi decenni hanno messo l’emancipazione della donna al centro del dibattito sociale.

 

Il Novecento ha sancito la rilevanza della condizione della donna La condizione della donna ha acquisito prominenza nel XX secolo. Poco a poco, è cresciuta sino a diventarne un tema centrale e una delle grandi conquiste. Infatti, nel corso degli ultimi sessant’anni, la comunità internazionale ha riconosciuto valenza universale ai diritti delle donne e ha dichiarato inaccettabile ogni discriminazione tra i sessi. Gli ultimi decenni hanno messo l’emancipazione della donna al centro del dibattito sociale.

 

Sessant’anni di Dichiarazioni. Necessarie, ma non sufficienti

1948. L’articolo 2 della «Dichiarazione universale dei diritti umani», adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10 dicembre 1948, sancisce la parità di diritti senza distinzione di sesso.

1952. La «Convenzione sui diritti politici della donna» adotta per la prima volta uno strumento giuridico vincolante per i paesi che lo ratificano.

1975. L’ONU proclama il 1975 l’«Anno internazionale della donna» e per il 1975–85 il «Decennio dedicato alle donne». A Città del Messico, la «prima Conferenza mondiale sulle donne» sottolinea l’importanza dei diritti umani di donne e bambine e la necessità di eliminare violenze e abusi perpetrati contro le stesse.

1976. Entra in vigore il «Patto internazionale sui diritti civili e politici», che riprende e implementa la Dichiarazione di Città del Messico.

1979. L’Assemblea generale dell’ONU approva la «Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne», che impegna i 133 Stati ratificanti a risolvere ogni disparità di trattamento in ambito pubblico e privato.

1980. A Copenaghen, la «seconda Conferenza mondiale sulle donne» adotta un programma d’azione incentrato sull’educazione, l’impegno e la salute.

1985. A Nairobi, la «terza Conferenza mondiale sulle donne» approva, per il periodo 1985–2000, le linee guida per l’emancipazione delle donne.

1993. L’Assemblea generale dell’ONU adotta la «Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne», e pone al centro del dibattito internazionale la violenza – inclusa quella sessuale – contro le donne.

1995. A Pechino, la «quarta Conferenza mondiale sulle donne», adotta la «Dichiarazione e strategia di Pechino» (Beijing Declaration and Platform for Action), che sancisce l’accordo politico.1

 

Dichiarazione di Pechino: si ponga fine a una condizione svantaggiata

Nel 1995, a Pechino, i rappresentanti di governi, organizzazioni internazionali e società civile si dichiararono «determinati a promuovere l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace di tutte le donne del mondo, nell’interesse dell’umanità». I principi di Pechino sono chiari: è inaccettabile che le donne soffrano le conseguenze di una radicata discriminazione tra i sessi, che siano più povere degli uomini e che i loro diritti – inclusi quelli delle bambine – vengano violati sistematicamente. È imprescindibile mettere fine al minor accesso delle donne – rispetto ai loro pari di sesso maschile – a educazione e sanità, al potere (sia in famiglia che nella società), nonché alla gestione delle risorse naturali e delle attività produttive. Infine, è necessario far fronte al problema della violenza (sia domestica che da conflitto armato) che le donne patiscono quotidianamente, e risolvere la cronica insufficienza di meccanismi di promozione e protezione della donna, soprattutto nei media.

Belle parole, dichiarazioni irreprensibili.

 

Dieci anni dopo... rimane molto (quasi tutto) da fare

È cosa non da poco, anzi è conquista storica, che su principi tanto nobili vi sia un accordo politico. Purtroppo, sono passati dieci anni e di miglioramenti se ne son visti pochi. Tocca ora al XXI secolo passare dalle parole ai fatti.

 

Abusi e condizioni sfavorevoli: le donne non hanno vita facile

 

La mortalità femminile è alta2

Le cause di mortalità sono molteplici e altamente correlate tra loro. In quasi tutti i paesi l’eccesso di decessi si deve, per lo più, alla condizione della donna, estremamente difficile e svantaggiata. In alcune aree dell’Asia si pratica la selezione sessuale: si eliminano le bambine tramite aborto e infanticidio. In tutto il mondo in via di sviluppo l’abuso del sesso maschile sul femminile è caratteristica comune, e va dalla violenza, fisica e psichica, alla vessazione sessuale. I motivi sono i più disparati: la dote, la gestione della casa o l’educazione dei figli. Inoltre, le donne hanno scarso accesso non solo ai metodi anticoncezionali, ma anche – una volta incinte – alle cure minime e necessarie alla gestazione; ne risulta un’alta mortalità materna. Infine, le donne sono particolarmente vulnerabili a problemi ampiamente ignorati, o considerati tabù, dalla maggioranza dei governi, quali la malnutrizione e le malattie a trasmissione sessuale.

 

Un’educazione carente comporta condizioni di salute insufficienti

In tutte le regioni in via di sviluppo le donne non sono una priorità sociale. Il loro status inferiore è evidente nella scuola: i tassi di immatricolazione sono più bassi di quelli degli uomini e la capacità di frequenza (retention rate) è minore. La carenza di educazione che ne risulta rende loro difficile il riconoscere i problemi di salute e chiederne cura.

 

Condizioni lavorative precarie e povertà riducono l’accesso a educazione e sanità

Per di più, nel mondo le ragazze cominciano a lavorare in età più giovane rispetto ai ragazzi e – nel corso della loro vita – lavorano più ore al giorno. In media, i loro guadagni per lo stesso lavoro, o simile, sono sostanzialmente più bassi dei salari degli uomini; e non sempre arrivano: gran parte del lavoro femminile si svolge infatti al di fuori del settore formale e non è remunerato finanziariamente. Le donne si trovano in un ciclo continuo di povertà, che riduce ancora di più il loro accesso ai servizi di educazione e sanità.

 

È un circolo vizioso che crea una posizione svantaggiata...

In generale, lo status delle donne è influenzato da un coacervo di fattori biologici, sociali e culturali che sono altamente interrelati. In varie nazioni in Africa, Asia del Sud, America Latina e Medio Oriente, una ragazza su quattro si sposa prima del suo quindicesimo compleanno. In svariati paesi, molte donne – tra un terzo e metà del totale – sono madri prima di raggiungere il ventesimo anno di età. Ovunque il sesso femminile riceve meno informazioni del sesso maschile e ha un minor controllo dei processi decisionali e delle risorse della famiglia. In poche parole, le donne si trovano in una posizione di handicap sociale che è spesso connessa al valore economico dei ruoli familiari. A partire da ciò, in un circolo vizioso, le maggiori conseguenze sono: educazione insufficiente, alimentazione inadeguata, gravidanze precoci e frequenti, e salute precaria.

 

... in cui la povertà accentua la disuguaglianza

Un numero ormai innumerevole di studi dimostra che la povertà esaspera la discriminazione tra i sessi. Più la famiglia è povera, meno le bambine hanno accesso alla scuola o a cure mediche adeguate, perchè le risorse (scarse) vengono concentrate sui loro fratelli. Tale disuguglianza sistematica crea non pochi svantaggi a bambine e donne, e ne limita anche la capacità di partecipare allo sviluppo e trarne benefici.

 

Continenti diversi, vite parallele: i primi vent’anni di tre giovani donne

Mu Lan nacque in una zona rurale del Sud-Est della Cina. La sua famiglia – avendo già soppresso tre bimbe alla nascita – decise di tenerla. Da subito ricevette cibo inferiore – per quantità e qualità – a quello dei fratelli. Iniziò la scuola, ma con la pubertà divenne anemica e ci poté andare solo raramente. Le pressioni sociali e culturali incominciarono a influenzare la sua vita; numerosi riti di iniziazione e il fidanzamento ridussero la sua frequenza a scuola. Il matrimonio segnò la fine della sua istruzione. La famiglia di suo marito la picchiò e la costrinse a prostituirsi per lo scarso valore di ciò che aveva portato in dote. Dopo aver contratto l’infezione da HIV, Mu Lan morì di AIDS.

Rosa nacque in un villaggio di pescatori sulla costa caraibica del Nicaragua. Sin dall’infanzia fu vittima di violenza domestica. Quando si ammalava, veniva curata meno dei suoi fratelli e solo a stadi più avanzati di malattia. Nonostante fosse brava a scuola, abbandonò gli studi per lavorare al mercato del pesce: secondo il papà, la famiglia aveva bisogno di soldi e studiare non valeva la pena. Poiché nessuno le disse nulla a proposito di sesso e contraccettivi, ebbe una gravidanza non desiderata. Spaventata, decise di abortire in una clinica illegale, dove morì a causa di complicazioni dovute a tecniche d’aborto non sicure.

Aisha nacque in una bidonville nel Sud del Sudan. Da bambina soffrì la mutilazione dei genitali. Sua madre voleva che studiasse, così cominciò ad andare a scuola, dove venne stuprata. Restò incinta e dopo qualche mese fu espulsa. Tentò di riiscriversi in altre scuole, ma non vi fu accettata. Quando sua madre morì di cancro all’utero, abbandonò gli studi. Per ragioni culturali, Aisha non poteva né viaggiare sola, né essere curata da personale sanitario maschile. Al momento del parto, nell’ambulatorio locale c’era un solo medico, un uomo. Decise dunque di partorire in casa, aiutata dalla sorella di dieci anni. Morì di parto.

 

Salute: i problemi principali

Si ritiene che le donne siano più robuste degli uomini, posta la loro più alta speranza di vita. Non è vero: in generale, sebbene vivano più a lungo, le donne sono più esposte alle malattie, a causa della loro fisiologia più complessa.

 

Fattori biologici

Mentre i rischi correlati alla gravidanza sono – soprattutto nei paesi in via di sviluppo – molto alti e ben noti, gli altri problemi di salute associati alla biologia riproduttiva femminile sono meno riconosciuti.

 

Anemia

Le mestruazioni, ad esempio, rendono le donne più esposte degli uomini all’anemia da mancanza di ferro. L’anemia è altamente diffusa in tutto il mondo in via di sviluppo; in America Latina e nei Caraibi circa una donna su tre ne è affetta; nell’Asia del Sud ne soffre quasi il 60% delle donne tra i 15 e i 49 anni.

 

Malattie a trasmissione sessuale

A causa delle loro caratteristiche fisiche, le donne, rispetto agli uomini, hanno più probabilità di contrarre malattie a trasmissione sessuale ogni volta che hanno un rapporto. Ciò vale anche per quanto riguarda lo Human Immunodeficiency Virus (HIV) e la Acquired Immunodeficiency Syndrome (AIDS): le donne sono molto più a rischio degli uomini nel contatto con un partner infetto. Le giovani sono le più vulnerabili: nel mondo, di tutte le donne infette da HIV, il 70% ha tra i 15 e i 25 anni. Le malattie a trasmissione sessuale sono la maggiore causa di invalidità e di morte tra le donne africane, e sono in aumento in Asia del Sud. Posto che le donne che hanno contratto tali malattie ne manifestano meno facilmente i sintomi, è frequente che esse ne rimandino il trattamento a stadi avanzati della stessa, esponendosi a conseguenze più gravi. Una di queste, il tumore della cervice dell’utero3 – che ha la sua punta massima nelle donne tra i 40 e i 50 anni di età – si manifesta nei paesi in via di sviluppo con crescente frequenza: ogni anno v’è un maggior numero di nuovi casi rispetto a ogni altro tipo di cancro, soprattutto nell’Asia dell’Est. Anche in America Latina e nei Caraibi tale patologia è in crescita.

 

La gravidanza e le sue complicazioni

La gravidanza può esacerbare alcune condizioni di salute, tra cui l’anemia, la malaria e la tubercolosi. Le sue complicazioni possono causare danni permanenti, come il prolasso uterino e la fistola ostetrica. Al di sotto del Sahara, la gravidanza in età adolescenziale e la fertilità registrano i tassi più alti del mondo: all’età di 18 anni ha già partorito più del 40% delle donne della Costa d’Avorio, del Mali e del Senegal; in media, la donna sub-sahariana ha più di sei figli. I tassi di mortalità materna4 ben riflettono l’ampia disparità che esiste tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo: in Africa ogni 100.000 nati vivi muoiono 700 madri; una donna, nel corso della sua vita, corre un rischio di 1 a 22 di morire a causa della gravidanza. Nell’Europa settentrionale il rischio scende a 1 su 10.000. In Africa e in Asia del Sud, mortalità e invalidità sono più che altro dovute alla scarsa attenzione sanitaria, sia prenatale che durante il parto. Ad esempio, in Asia del Sud solo una donna su tre riceve cure prima della maternità o dispone di personale preparato al momento di partorire. In Asia dell’Est le cose vanno meglio: quasi la metà dei parti avviene nell’ambito delle istituzioni sanitarie e ben il 95% delle donne beneficia di assistenza specialistica.

 

Aborti non sicuri

In tutto il mondo, una gravidanza ogni quattro è indesiderata. In molte regioni in via di sviluppo una delle maggiori cause di morte materna sono le complicazioni da aborto non sicuro. Ad esempio, nell’ Africa sub-sahariana sono causa del 20-40% delle morti. In America Latina e nei Caraibi numerose gravidanze indesiderate, soprattutto tra le adolescenti, portano a pratiche non sicure di aborto: ne risultano tassi di mortalità materna più alti che in altre aree con livelli di reddito comparabili. In Europa dell’Est e Asia centrale l’aborto, legale in molti paesi della regione, è il più comune metodo di regolazione della fertilità, poiché i contraccettivi sono molto poco diffusi; gli aborti superano il numero dei nati vivi in alcuni paesi dell’Europa dell’Est e della ex Unione Sovietica.

 

Condizioni cardiovascolari

Si ritiene che le donne in età riproduttiva ricevano una certa protezione dalle malattie cardiovascolari grazie all’ormone estrogeno. In ogni caso, il loro rischio aumenta dopo la menopausa: a partire dal sessantacinquesimo anno di età, una più alta proporzione di donne che di uomini muore in seguito a conseguenze di problemi cardiovascolari.

 

Elementi socioeconomici

Molti dei problemi di salute che affliggono le donne hanno origine – soprattutto nel mondo in via di sviluppo – nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza, e sono conseguenza di fattori socioeconomici. Ad esempio, l’ambiente sociale e il ruolo economico delle donne determinano la loro alimentazione e il loro accesso ai servizi sanitari.5 Un’alimentazione inadeguata può provocare anemia o problemi di crescita, che a loro volta, nel corso della giovinezza, sono causa di complicazioni e di figli sottopeso. Un’insufficiente assunzione di calcio può, più avanti negli anni, provocare osteoporosi.

 

Potere ineguale

Il basso status delle donne è causa di malattie e le espone a danni fisici, abusi corporali, sessuali e a depressione. La violenza domestica e lo stupro sono cause significative di invalidità permanente. La ineguale autorità nelle relazioni sessuali le espone a gravidanze indesiderate e a malattie a trasmissione sessuale (inclusi HIV e AIDS), in specie in Africa. Nella maggior parte dell’Asia del Sud le donne di tutte le età soffrono gli effetti della discriminazione sessuale. Si stima che la poca considerazione delle famiglie e la mancanza di cure causino una morte su sei nei neonati di sesso femminile in Bangladesh, India e Pakistan. L’infezione da HIV/AIDS sta crescendo rapidamente nel Sud-Est dell’Asia, dove le ragazze in età adolescenziale si prostituiscono in numero sempre maggiore e a un’età sempre minore, spesso costrette a forza o da necessità economiche. Nel Medio Oriente e nell’Africa del Nord, il basso status delle donne e gli insufficienti livelli di alfabetizzazione – così come la scarsità di informazioni sui problemi sanitari femminili – sono tra i maggiori ostacoli al miglioramento della loro salute. In molti paesi latinoamericani, la violenza contro le donne è fonte di cattive condizioni di salute mentale e fisica.

 

Ruoli familiari

Nel mondo in via di sviluppo, uno dei rischi più seri – ambientali e sanitari – è cucinare all’interno di edifici chiusi. L’inalazione di fumo e gas tossici porta a intossicazioni acute, croniche e a volte letali, e a ustioni accidentali. Le donne sono molto più esposte degli uomini a questo rischio. Inoltre, a causa dei loro molteplici compiti e responsabilità all’interno delle famiglie, le donne devono affrontare alti costi-opportunità per il tempo dedicato alle cure sanitarie6 e all’educazione. L’inadeguata disponibilità di acqua, la mancanza di elettricità e le scarse condizioni igieniche impongono ulteriori oneri alle donne: esse infatti non solo hanno la responsabilità della gestione della casa, dei bambini e degli anziani, ma anche quella del reperimento dell’acqua e della legna da ardere.

 

Cultura

Usi e costumi inibiscono le donne dall’effettivo utilizzo dei servizi sanitari. Un esempio sono le restrizioni esistenti nei paesi del Medio Oriente riguardo al viaggiare sole e all’essere curate da personale sanitario maschile. Fattori culturali pregiudicano anche la possibilità di vivere pienamente: in Africa, ogni anno, un numero stimato di due milioni di giovani donne sono soggette alla mutilazione dei genitali (rimozione di una parte o dell’intero apparato genitale esterno). Nel Sud-Est dell’Asia lo stato di salute delle donne è influenzato da pratiche discriminatorie, come la selezione in base al sesso in Cina e in Corea del Sud e la mutilazione dei genitali femminili in alcune parti dell’Indonesia e della Malesia. In Asia del Sud è pratica comune dare meno cibo alle bambine, limitarne l’accesso ai servizi sanitari e imporre un maggiore lavoro fisico alle adolescenti e alle donne. La regione si caratterizza – più di ogni altra al mondo – per un’alta proporzione di disturbi di crescita tra le bambine.

 

Educazione: i problemi principali

L’educazione garantisce pari opportunità nel corso della vita adulta; permette coscienza di sé e quindi offre la capacità di prendere in mano il proprio futuro. Inoltre, l’educazione delle donne è condizione necessaria per rafforzare la crescita economica e il contratto sociale, e quindi per consolidare la democrazia. Infine, educazione femminile significa minori tassi di mortalità infantile e materna e ridotti tassi di fertilità. Ciononostante, in molti paesi numerosi indici statistici – tra cui il grado di alfabetizzazione, il tasso di immatricolazione e il livello di scolarizzazione – rivelano un ritardo generalizzato della condizione della donna. Nei paesi più poveri due sono i problemi principali: il livello d’educazione femminile è basso e il gap tra i sessi è ampio. Le eccezioni sono poche.

 

Alfabetizzazione

La capacità di leggere e scrivere è il primo passo, e uno degli obiettivi principali del processo educativo. Tuttavia nel mondo in via di sviluppo vi sono novecento milioni di analfabeti, di cui ben due terzi sono donne. In Afghanistan, Nepal, Somalia e Sudan, dove le donne alfabetizzate sono poco meno del 10%, la percentuale degli uomini alfabetizzati è da tre a quattro volte superiore. Nel vasto e composito gruppo di nazioni al di sotto del Sahara, si riscontrano alcuni dei tassi di analfabetismo più alti del mondo (in Burkina Faso meno del 5% delle donne sono alfabetizzate). In Asia dell’Est va meglio: in Corea del Sud, nelle Filippine e in Tailandia quattro donne su cinque sanno leggere. Fa eccezione la Cina, dove la metà delle donne sono analfabete e rimangono alte disparità tra donne e uomini. In Medio Oriente e in Nord Africa, dove le scuole riservate al sesso maschile sono più numerose e di migliore qualità, le donne kuwaitiane hanno i più bassi tassi di analfabetismo, mentre le donne egiziane e marocchine hanno i più alti. In Europa dell’Est e in Asia centrale, l’alfabetizzazione e i tassi di immatricolazione di bambine e ragazze sono spesso comparabili con quelli dei paesi industrializzati, ma in alcuni paesi l’educazione delle donne sta peggiorando, a causa dei ridotti sussidi statali all’educazione primaria. In America Latina la maggior parte degli Stati – ad eccezione dei paesi con i livelli più bassi di reddito (come Bolivia, El Salvador, Guatemala e Haiti) – ha raggiunto (o quasi) la scolarizzazione primaria universale.

 

Immatricolazione

Negli ultimi trent’anni, nei paesi in via di sviluppo i tassi di immatricolazione7 sono cresciuti sia per le donne che per gli uomini, e a tutti i livelli scolastici. Ma questa espansione non ha ridotto in maniera sostanziale le disparità tra i sessi: meno ragazze si iscrivono a scuola rispetto ai coetanei, con il massimo gap nei paesi più poveri.

 

Ciclo di istruzione primaria

L’iscrizione al ciclo di studi primario è un indice importante, e la situazione non è rosea: dei 130 milioni di giovani che nel mondo non vanno alla scuola elementare, il 60% sono bambine. Per il gruppo dei quaranta paesi più poveri, il gap tra bambini e bambine ammonta – sin dal 1960 – a 20 punti percentuali. Sia i tassi di immatricolazione sia le disparità tra i sessi nell’immatricolazione differiscono enormemente da regione a regione: a parte l’Africa sub-sahariana e l’Asia del Sud, tutte le regioni hanno praticamente raggiunto la copertura universale maschile nel ciclo primario, ossia tutti i bambini vanno alla scuola elementare. Solo in tre regioni – Asia dell’Est e centrale, America Latina e Carabi ed Europa dell’Est – i tassi di iscrizione delle bambine hanno raggiunto livelli similari a quelli dei coetanei. In Africa sub-sahariana, tra il 1960 e il 1983 la regione ha quintuplicato l’iscrizione degli studenti a tutti i livelli del sistema scolastico, ma in nessun paese uomini e donne hanno beneficiato di tali risultati in egual misura. In Asia del Sud l’educazione delle bambine ha un ritardo notevole rispetto a quella dei coetanei. Nel 1997 la differenza tra bambine e bambini andava dai 13 punti percentuali del tasso di iscrizione alla primaria del Bhutan ai quasi 50 del Nepal. In Medio Oriente e Nord Africa, l’iscrizione femminile alla scuola primaria, in media intorno al 41% nel 1960 e al 48% nel 1997, è praticamente universale in Tunisia e in Turchia – il che significa che tutte le bambine vanno alle elementari – mentre in Marocco e in Arabia Saudita più di un terzo delle bambine in età scolare non vi ha accesso.

 

Ciclo di istruzione secondaria

La copertura universale (educazione offerta a tutti) è sfida ragguardevole nei livelli di istruzione successivi al ciclo della primaria, dove il gap tra i sessi diventa più evidente. I tassi lordi di immatricolazione delle bambine sono cresciuti nei paesi a reddito medio-basso dal 12% del 1960 (3% nell’Africa sub-sahariana) al 47% del 1998 e in quelli a reddito medio-alto dal 25% al 72%. In seguito, in molte parti del mondo in via di sviluppo il progresso nell’istruzione secondaria è stato enorme, e l’iscrizione delle bambine è aumentata più velocemente di quella dei bambini. Tuttavia, nelle diverse regioni del mondo tale crescita è avvenuta in modo non uniforme. La differenza tra i sessi nell’iscrizione al ciclo secondario si è ridotta in Asia dell’Est, ma è aumentata nell’Africa sub-sahariana, in Medio Oriente e nell’Africa del Nord, così come, dopo il 1965, in Asia del Sud. Nel 1998 i tassi medi di iscrizione in Africa e in Asia del Sud erano inferiori a quelli dell’Asia dell’Est di circa 40 punti percentuali, e i valori medi dell’Africa sub-sahariana erano inferiori a quelli raggiunti dall’Asia dell’Est venticinque anni prima. Nonostante il tasso di immatricolazione femmminile sia cresciuto nel corso degli ultimi decenni, l’Asia del Sud possiede, rispetto a ogni altra regione in via di sviluppo, il più ampio gap tra i sessi. L’America Latina gode dei tassi più alti, tra i paesi in via di sviluppo, di immatricolazione al ciclo secondario. Tuttavia, le disparità aumentano al momento di passare dal sistema scolastico al mercato del lavoro.


Tassi di abbandono e capacità di frequenza

Il cammino fatto a partire dagli anni Sessanta può essere sovrastimato se si considera il solo comportamento dei tassi di immatricolazione. Il loro aumento, in sé, non è significativo. Va infatti tenuto in conto il tasso di abbandono, ossia quanti studenti abbandonano e quanti restano nel sistema scolastico. In media, nei paesi a basso reddito pro-capite, il 9,6% delle ragazze abbandona il ciclo di istruzione primaria prima di averlo completato, contro l’8,2% dei ragazzi. Se ci sono alti tassi di abbandono nei primi anni del ciclo primario, non tutti coloro che iniziano la scuola raggiungono la piena alfabetizzazione. In America Latina, sebbene la maggior parte dei paesi abbia una buona copertura quanto a educazione (tassi lordi di immatricolazione alla scuola primaria di oltre il 100%), solo sei paesi hanno raggiunto – tra gli adulti – tassi di alfabetizzazione che superano il 90%. I tassi di abbandono variano considerevolmente da paese a paese. Ci sono casi estremi: delle bambine iscritte alla scuola primaria in Nepal nel 1985, solo il 10% era in quinta (l’ultimo anno del primo ciclo). In Burkina Faso, solo il 13%. In entrambi i paesi il tasso a cui i maschi rimanevano nel sistema scolastico, chiamato la capacità di frequenza (retention rate), era più alto. Nell’intera Africa sub-sahariana, così come in Medio Oriente e nell’Africa del Nord, il tasso di abbandono scolastico è più alto per le ragazze di quanto sia per i ragazzi. Al contrario, in America Latina e nei Caraibi, in Congo, Lesotho e Madagascar, così come nelle Filippine, le possibilità che le ragazze abbandonino la scuola primaria prima dei ragazzi sono minori.

 

Scolarizzazione

I tassi di abbandono hanno un effetto diretto sul livello medio di scolarizzazione raggiunto, un’indice costituito dalla somma degli anni passati a scuola. In Nepal, in media, una bambina di sei anni che avesse inizato la scuola nel 1985 avrebbe completato – entro il diciottesimo anno di età – solo 3,1 anni di scuola. Per una giovane del Burkina Faso l’aspettativa era ancora minore: 1,5 anni. Il gap tra i sessi, misurato in anni di scuola, tende a diminuire mano a mano che ci si sposta da paesi a basso reddito verso paesi a reddito medio. L’aspettativa di scolarizzazione nel 1995 variava, nei paesi a basso reddito, da medie di 2,8 e 4,9 anni per ragazze e ragazzi rispettivamente, a medie, in paesi a reddito medio-alto, di 10,3 e 10,6 anni rispettivamente. Ancora oggi, nel gruppo dei paesi a basso reddito la scolarizzazione attesa dei ragazzi supera quella delle ragazze. Ad esempio, in Nepal e in Benin le ragazze ricevono rispettivamente 4,3 e 3,5 anni di istruzione meno che i ragazzi. Nel gruppo dei paesi a reddito medio, solo i paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord – e, unica eccezione, la Bolivia – mostrano un significativo gap tra i sessi: le ragazze hanno un’aspettativa di scolarizzazione di due o tre anni minore a quella dei ragazzi

 

Conclusioni

«Un uomo chiese al suo giardiniere quanto ci avrebbe messo un certo seme a diventare albero. Il giardiniere rispose che ci avrebbe messo un centinaio d’anni. L’uomo replicò: ‘Pianta il seme stamattina. Non c’è tempo da perdere’». Da una storia che era solito raccontare John F. Kennedy.

 

Tutti d’accordo...

Politici, economisti e sociologi sono d’accordo: bisogna migliorare la condizione della donna. Nel 1995 la Dichiarazione di Pechino, ultima tra le tante, ha sancito il principio politico dell’uguaglianza dei sessi come base per lo sviluppo e la pace. Le donne costituiscono la metà (dimenticata) della popolazione mondiale e la loro inclusione sociale porterebbe benefici a tutti. In campo economico, ricerche empiriche hanno dimostrato che donne e ragazze lavorano più degli uomini, investono i loro risparmi nei loro figli e si assumono la responsabilità della famiglia. Senza di loro, uomini e bambini avrebbero gravi difficoltà a sopravvivere e ad essere produttivi. Infine, se alle donne fosse concesso un maggior potere nella gestione di comunità e società, molte cose cambierebbero (radicalmente), tra le quali i trend demografici, con conseguenze significative su crescita economica e sostenibiltà ambientale. Insomma, le donne sono importanti come individui, come produttori e consumatori e come agenti di cambiamento sociale. È ora di prestar loro più attenzione.

 

...più equità porta a sviluppo economico e coesione sociale

La disuguaglianza tra i sessi limita lo sviluppo, perché pregiudica la capacità d’uscire dalla povertà e dunque la crescita sostenibile. Un miglioramento della condizione della donna è, dunque, condizione necessaria per politiche di sviluppo più efficaci. In particolare, se l’obiettivo sono le pari opportunità è necessario promuovere una maggiore equità nella prestazione di salute e educazione. Le politiche pubbliche devono essere ripensate tenendo in conto le necessità del sesso femminile, per creare nuovi servizi sociali per la donna e migliorare la qualità di quelli esistenti. Un’aumento dell’equità costituirebbe un passo significativo verso un maggiore sviluppo economico e un aumento della coesione sociale.

 

Salute: più attenzione alle donne

Le donne sono particolarmente a rischio a causa del loro basso livello socio-economico e del loro ruolo riproduttivo. Iniziative tese a migliorarne le condizioni di salute possono evitare sofferenze non necessarie (ad esempio, la mutilazione genitale in Africa) o morte prematura, e aumentarne la qualità di vita. Investire nella salute delle donne è fondamentale per migliorare il benessere generale: elevati standard sanitari permettono alle donne una vita pienamente produttiva, con ampi benefici per l’economia nazionale. In particolare, la salute delle donne ha un importante impatto sulla salute e sulla produttività delle generazioni future. Inoltre, tali investimenti producono anche significativi benefici per le famiglie, le comunità e la società in generale. Per essere efficaci, i sistemi sanitari devono tenere conto non solo dei fattori biologici che aumentano i rischi legati alla salute delle donne, ma anche delle determinanti socio-economiche della salute (per esempio l’età al momento del matrimonio), così come dei fattori psicologici, quali la depressione che deriva dalla violenza del sesso maschile sul femminile. Al momento, tre sono le priorità:

1) Diminuire la mortalità. È necessario risolvere il problema della mortalità materna.8 A tal fine, è imprescindibile creare iniziative intersettoriali che affrontino i problemi dei matrimoni precoci. È inoltre importante ritardare l’attività sessuale, diffondere la pratica di sesso più sicuro e della pianificazione familiare, diminuendo così le gravidanze e aumentare l’accesso delle donne incinte a servizi di diagnosi e cura tempestiva delle complicazioni della gravidanza. È anche necessario affrontare i problemi delle gravidanze indesiderate e delle pratiche insicure di aborto (in particolare in Europa dell’Est e Asia centrale), nonché promuovere la cura delle malattie a trasmissione sessuale, delle infenzioni da HIV in particolare, soprattutto in Africa, e prevenire la violenza contro le donne. In Asia, laddove le risorse lo permettano, dovrebbero essere forniti servizi di screening e di trattamento terapeutico delle forme di cancro più diffuse.

2) Servizi per tutti. Tutte le donne devono poter beneficiare dell’intervento pubblico: le iniziative al momento esistenti tendono a focalizzarsi sulle donne in età fertile, sposate e con prole. Tutte le altre donne – le bambine, le adolescenti, le donne non sposate, quelle in età riproduttiva ma senza figli e, non ultime, le più anziane (in particolare in Europa dell’Est e Asia centrale) – ricevono raramente l’attenzione degli amministratori della sanità. Inoltre, bisogna ridurre le barriere culturali. In Asia del Sud, nel Medio Oriente e in Nord Africa per espandere l’accesso delle donne ai servizi sanitari è necessario rispondere meglio ai loro bisogni: operatori sanitari di sesso femminile, istituzioni sanitarie di facile accesso sul territorio, informazioni su norme di comportamento sane e attività di educazione comunitaria. È infine importante assicurare la disponibilità di medicinali e di materiale sanitario adeguato, e più processi di formazione per migliorare la pratica clinica.

3) Politiche integrate. Problemi complessi si risolvono con politiche integrate: ad esempio, tanto lo sviluppo di infrastrutture quanto il promuovere medicina preventiva e comportamenti sani sono parte integrante di politiche sanitarie efficaci. Un generale livello di sottosviluppo aumenta i rischi per la salute delle donne. Cattive strade e carenza di trasporti, così come strutture ostetriche inadeguate, spesso impediscono cure mediche tempestive (si pensi alle complicazioni legate alla gravidanza). Molti paesi, se vogliono garantire i servizi preventivi e clinici necessari, devono rafforzare le loro infrastrutture sanitarie, in particolar modo nelle aree rurali. Bisogna inoltre aumentare l’enfasi sulla salute preventiva. È indispensabile promuovere l’importanza della protezione della propria salute: attività fisica, corretta alimentazione, attività sessuale sicura e l’evitare il fumo, le sostanze stupefacenti e l’obesità (soprattutto in America Latina, Europa dell’Est e Asia centrale). In Africa e Asia sono necessari programmi sanitari più attenti alle condizioni alimentari e alla prevenzione delle malattie delle bambine e delle adolescenti.

 

Educazione: più attenzione alle donne

I risultati delle politiche educative e la qualità dell’istruzione sono inadeguati, nonostante elevati investimenti in questo ambito abbiano portato a qualche progresso. Il processo di espansione dell’educazione non ha infatti raggiunto tutti i membri della società in modo equo e in molti casi il tipo di insegnamento offerto è inappropriato per le donne.

 

Per aumentare l’accesso, politiche specifiche, non standard

In ogni paese le politiche dei governi devono tenere conto delle variabili sociali, economiche, culturali, politiche e storiche, e di come queste abbiano influenzato l’educazione femminile. Le politiche standard – libri di testo, curricula diversificati, metodi di insegnamento innovativi, diffusione alle aree rurali ecc. – sono importanti, ma non rispettano le caratteristiche precipue né riescono a superare le disuguaglianze tra i sessi. Ad esempio, nell’Africa sub-sahariana il gap educativo tra donne e uomini si deve agli ostacoli all’accesso e alla permanenza delle bambine nel sistema scolastico, dovuti per lo più alle norme culturali dei diversi gruppi etnici. Una spesa pubblica dedicata a politiche specifiche – quali organizzare campagne di sensibilizzazione nei mezzi di comunicazione, fornire pasti e libri di testo gratuiti e provvedere a un’adeguata assistenza alle bambine – potrebbe aumentare il tasso di immatricolazione. In Asia dell’Est e nel Sud-Est asiatico, un impatto significativo sul tasso di immatricolazione femminile può derivare dal ridurre i costi sostenuti dai genitori per l’istruzione delle figlie. In America Latina e nei Caraibi i governi hanno dato priorità ai problemi delle donne in piani e programmi generali, ma solo raramente hanno definito politiche specifiche di pari opportunità e strategie concrete per l’implementazione delle stesse. Tra le strategie necessarie bisogna citare i mutamenti del calendario scolastico, l’educazione prescolare, l’offerta di pasti a scuola e di trasporto gratuiti, l’involucramento dei genitori, la revisione delle procedure di promozione. Tali misure devono essere accompagnate da politiche che favoriscano il cambiamento delle posizioni dei genitori nei confronti dell’educazione dei bambini, così come da sforzi tesi a diminuire il costo-opportunità per le bambine: nel mondo indigeno in particolare, bisogna azzerare la necessità che le bambine lavorino, in casa o fuori.

 

Più risorse, meglio spese, stimolano lo sviluppo economico

L’educazione è un mezzo sia per formare che per allocare la futura forza-lavoro. Le donne, mentre acquistano competenze, sviluppano le proprie capacità e fiducia in se stesse, e aumentano le loro possibilità di trovare un impiego. Inoltre, la loro educazione ha rilevanti effetti su ogni dimensione dello sviluppo, tra cui il miglioramento dei risultati scolastici di figli e figlie, maggiore produttività e una aumentata capacità di gestione ambientale. Insieme, questi fattori possono significare una crescita economica più rapida e, cosa altrettanto importante, una più amplia distribuzione dei frutti della crescita. In Asia del Sud, l’aumento di servizi educativi è stato meno spettacolare che in altre regioni, e il livello della spesa pubblica comparativamente basso. Bisogna spendere di più e al contempo deve essere stimolata un’adeguata partecipazione delle comunità locali. Nell’Africa sub-sahariana i canali di finanziamento vanno diversificati per massimizzare l’efficienza e la qualità del sistema esistente e per espandere le infrastrutture educative. In Europa dell’Est e Asia centrale sono imprescindibili non solo una riorganizzazione delle risorse esistenti, ma anche stategie educative più attente al contenimento dei costi. In questo campo, le aree chiave per l’azione sono il coinvolgimento delle donne nei gruppi di pianificazione, monitoraggio e valutazione degli interventi. Inoltre, è assolutamente necessaria la promozione di progetti che creino per le donne un legame tra educazione e mercato del lavoro. Fino ad oggi nessun paese mediorientale o nordafricano ha promosso politiche espressamente dirette a promuovere la parità dei sessi, come, ad esempio, il Regno Unito o gli Stati Uniti con affirmative action. Le riforme in questa direzione dovrebbero includere il chiaro proposito di rafforzare la parità dei sessi in campo educativo per il beneficio non soltanto delle donne, ma dell’intera società.

 

Integrare le politiche e aumentare la spesa

È necessario combinare le due politiche: sforzi tesi a migliorare l’educazione delle donne aiuteranno, nel lungo termine, a ridurre molte delle barriere alla loro salute. Per concludere: è arrivato il momento di spendere per lo sviluppo delle donne, perché sono soldi ben spesi. Nei paesi in via di sviluppo i problemi relativi alla salute e all’educazione delle donne rappresentano, in termini strettamente economici, un’opportunità: sono investimenti altamente cost-effective, e ridirigere la spesa pubblica verso interventi altamente cost-effective migliora l’efficienza allocativa. In parole semplici, con pochi soldi si risolvono molti problemi: si migliora l’uso delle risorse e si aumenta il benessere di tutti.

 

 

Bibliografia

1 Per maggiori informazioni, si veda: https://www.un.org/womenwatch/. Per approfondimenti in italiano, e per il testo integrale della «Dichiarazione e strategia di Pechino», si veda: https://www.onuitalia.it/calendar/pechino.html.

2 Secondo i calcoli di Amartya Sen, più di 100 milioni di donne mancano all’appello nei paesi dell’Asia Sud-orientale. La composizione demografica della popolazione, soprattutto in Cina e in India, mette in evidenza che la proporzione di donne (il 47% del totale, rispetto al 52% del mondo industrializzato) è troppo bassa per essere il risultato di meri andamenti demografici. Per maggiori informazioni, si veda: https://www.unifem.org e in particolare, nel sito Unifem, il documento: «Progresso delle donne del mondo» (Progress of the World’s Women): https://www.unifem.org/filesconfirmed/10/7_03_introduction.pdf.

3 L’infezione da papillomavirus umano degenera in cancro dell’apparato genitale molto più frequentemente nelle donne che negli uomini, ed esso è il più importante fattore di rischio del cancro della cervice dell’utero.

4 Il tasso di mortalità materna misura quante donne muoiono nel corso della gravidanza o del parto ogni 100.000 nati vivi; ossia, misura il rischio di morire che le donne corrono una volta incinta. L’indice di mortalità materna indica invece il numero di donne che muoiono nel corso della gravidanza o del parto ogni 100.000 donne tra i 15 e i 49 anni; l’indice è dunque più completo (ma anche più complesso), in quanto misura il rischio di morire delle madri potenziali una volta incinta, ed esprime non solo la mortalità materna, ma anche la fertilità.

5 La differenza è maggiore in Asia del Sud: in India, ad esempio, le bambine non sono prirorità. Rispetto ai loro fratelli hanno una possibilità quattro volte maggiore di essere malnutrite e cinque volte minore di avere accesso a cure mediche. Ma anche in Colombia e Thailandia le differenze sono grandi: ad esempio, gli uomini adulti frequentano i centri per le cure contro la malaria circa sei volte più di quanto facciano le donne adulte.

6 Studi condotti in Kenya e in Perù confermano che la distanza e i costi d’uso (il «ticket» in Italia) sono un ostacolo decisivo, nel ricorso a cure mediche, per le donne più che per gli uomini.

7 Per questa analisi utilizziamo i tassi di immatricolazione lordi, calcolati come il rapporto (espresso in percentuale) tra l’iscrizione totale al ciclo primario di istruzione sul totale della popolazione dell’appropriata fascia di età. A causa dell’ammissione alla primaria di coorti d’etá minore o maggiore (educazione degli adulti), o di ripetizione delle classi, i tassi di immatricolazione lordi possono eccedere la percentuale del 100%. Nonostante ciò, essi risultano una buona misura del progresso in educazione, poiché riflettono la capacità di «ammissione» del sistema.

8 Negli ultimi trent’anni, nei paesi meno sviluppati altri indicatori di sviluppo umano sono migliorati a un passo decisamente superiore (per esempio, i tassi di fertilità e quelli di mortalità infantile si sono drasticamente ridotti). Dal 1962 al 1992 la mortalità infantile è diminuita del 50% e i tassi di fertilità sono scesi del 40%. In Bangladesh, ad esempio, sebbene il tasso di mortalità infantile sia sceso di quasi la metà e quello di fertilità totale di un terzo in solo due decenni, il tasso di mortalità materna è rimasto sostanzialmente lo stesso. I metodi di regolazione della fertilità hanno dato un contributo positivo alla salute delle donne, riducendo il numero delle gravidanze – e i rischi ad esse connessi – e dando loro un maggiore controllo sulle loro vite.