Italianieuropei 1/2017
Italianieuropei 1/2017

Agenda

Gioventù bruciata

Focus

Turchia, la deriva autoritaria di Erdogan

In questo numero

Le politiche messe finora in campo per fare fronte alla situazione di disagio che vivono in Italia le nuove generazioni continuano a dimostrarsi poco efficaci oltre che poco lungimiranti. Ciò accade, riteniamo, perché la loro ideazione non è stata adeguatamente supportata dalla conoscenza dei fenomeni e delle dinamiche che determinano la condizione attuale dei giovani nel nostro paese. Giovani che sono a tutti gli effetti degli outsider: fuori dal­la stabilità economica, dalla stabilità del lavoro, dalla possibilità di compiere scelte di vita e dalle tutele del welfare.

il Sommario

gli Articoli

Agenda. Gioventù bruciata

Una generazione di outsider

di Maria Cecilia Guerra

Rispetto alla situazione di disagio che vivono in Italia le nuove generazioni, siano essi lavoratori, disoccupati o NEET, genitori, donne, stranieri, giovani provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati, le politiche intraprese continuano a mostrarsi poco lungimiranti, forse perché non adeguatamente supportate da un’analisi approfondita dei fenomeni su cui si intende intervenire. Indagare le ragioni che portano i giovani a diventare degli outsider rispetto alla stabilità economica, alla stabilità del lavoro, alla possibilità di compiere scelte di vita e alle tutele del welfare, diventa quindi presupposto essenziale per la definizione di misure di intervento che siano davvero efficaci.

Agenda. Gioventù bruciata

Vite rimandate

di Chiara Saraceno

Negli anni della crisi, tra i giovani italiani è aumentata la percentuale di coloro che si sentono soggettivamente deprivati. Il dover contare sulla famiglia di origine per proteggersi dalla vulnerabilità nel mercato del lavoro, più che una strategia di investimento per migliorare le proprie chances, costituisce una pausa forzata, una sospensione alla messa a punto di strategie di vita personali autonome. Solo con l’accesso a una occupazione stabile che dia un reddito decente è possibile superare le difficoltà nella transizione allo status adulto e risolvere le criticità nei percorsi di vita, restituendo così nuovi gradi di libertà alle giovani generazioni.

Agenda. Gioventù bruciata

Riattivare i giovani per rimettere in moto l’Italia

di Alessandro Rosina

L’Italia povera di giovani si trova anche con giovani sempre più poveri. Non bastano politiche standard di attivazione, che sono già state messe in campo dagli ultimi governi, per contrastare il fenomeno. Servono altre policy in grado di far sentire il giovane responsabilmente inserito in un percorso di miglioramento della propria condizione. L’obiettivo è quello di (ri)convertire il giovane da spettatore passivo di un presente senza prospettive a soggetto attivo nel progettare la propria vita: in grado di trovare il proprio posto nel mondo, prima ancora che un posto di lavoro.

Agenda. Gioventù bruciata

Il Jobs Act: una cura inefficace per una diagnosi errata

di Michele Raitano

La mobilità del mercato del lavoro in Italia è davvero così limitata? L’evidenza empirica smentisce l’idea che prima della riforma del Jobs Act il mercato del lavoro italiano fosse rigido e porta a dubitare che il suo principale problema fosse la segmentazione fra iper-tutelati e non garantiti. A un’attenta lettura dei dati esso appariva “liquido” piuttosto che rigido o segmentato. Per questo motivo gli obiettivi di limitare la varietà contrattuale per ridurre le diseguaglianze e migliorare le condizioni di chi lavora con contratti flessibili sarebbero dovuti essere raggiunti partendo dal basso, cioè eliminando le forme contrattuali maggiormente penalizzanti e meno protette, invece che dall’alto, cioè indebolendo il contratto a tempo indeterminato, come si è invece fatto nel Jobs Act.

Agenda. Gioventù bruciata

Saperi in cerca di impiego. La sovraistruzione dei laureati in Italia

di Giuseppe Croce ed Emanuela Ghignoni

Il rischio di sovraistruzione, cioè di ottenere un posto di lavoro per il quale non è necessario il titolo di studio posseduto, non può essere attribuito a un eccesso di laureati né a livelli di reddito esageratamente alti. Il problema, piuttosto, è che il sistema produttivo italiano continua a esprimere una domanda complessivamente modesta di lavoro istruito. Esso non è stato in grado, fino a oggi, di trarre giovamento dalle condizioni favorevoli rappresentate da una crescita ancora sostenuta del numero di laureati e dal costo relativamente basso del lavoro qualificato. Quali misure bisogna allora mettere in campo per invertire questo fenomeno che coinvolge ormai una quota non trascurabile di persone qualificate anche nel nostro paese?

Agenda. Gioventù bruciata

Giovani e lavoro: un approccio di genere

di Linda Laura Sabbadini

Nel quadro del generale calo dell’occupazione registrato in conseguenza della crisi economica, particolarmente difficile appare la situazione delle donne, che non solo registrano un tasso di disoccupazione maggiore rispetto ai colleghi maschi pur in presenza di un uguale o migliore percorso formativo, ma quando occupate sperimentano condizioni peggiori di quelle degli uomini in ciascuna delle dimensioni legate all’attività lavorativa: peggiore l’inquadramento contrattuale, più lungo il periodo di permanenza nella precarietà, più basso il livello delle retribuzioni, particolarmente difficile la conciliazione degli impegni familiari con quelli lavorativi.

Agenda. Gioventù bruciata

Le seconde generazioni dell’immigrazione tra esclusione e partecipazione

di Marta Capesciotti

In una fase storica in cui le questioni migratorie sempre più vengono considerate, narrate e gestite in una chiave puramente emergenziale, riflettere sulle dinamiche di inclusione ed esclusione dal circuito della cittadinanza può costituire una modalità efficace di immaginare il volto della società italiana nel lungo periodo. Per questo motivo diviene prioritario ripensare in maniera strutturata l’impianto complessivo del nostro sistema in materia di cittadinanza a partire dalla legge 91/1992, nata già obsoleta e inadeguata a rispondere alle esigenze di una società in piena trasformazione che sin dagli anni Settanta aveva invertito il suo trend migratorio, divenendo un paese di immigrazione.

Agenda. Gioventù bruciata

Voucher e lavoro accessorio in Italia. Perché è necessario uno schema di reddito minimo

di Andrea Ciarini

Introdotto per la prima volta nel 2003 allo scopo di favorire l’emersione di sacche di lavoro nero, il lavoro accessorio ha conosciuto un vero e proprio boom in questi ultimi anni, venendo applicato non solo agli impieghi saltuari in agricoltura, come in origine, o ai servizi alla persona, come avviene in Francia, ma anche al commercio, al settore del turismo e dei servizi. La particolare declinazione che esso ha avuto in Italia fa sì che il lavoro accessorio (e lo strumento attraverso cui esso concretamente si realizza, il voucher) presenti alcuni importanti elementi di criticità in merito alla qualità del lavoro creato, più esposto rispetto ad altri settori al problema dei bassi salari. È questa la ragione per cui il dibattito sulla riorganizzazione del sistema dei voucher nel nostro paese non può essere separato da una riflessione più ampia e, per molti versi ormai imprescindibile, sul reddito minimo garantito.

Agenda. Gioventù bruciata

Per un welfare a misura di giovani

di Brando Benifei

Il mercato del lavoro italiano presenta una drammatica carenza di lavoro, in particolare per i più giovani, e la persistente presenza di precarie forme di inquadramento contrattuale. È questo il quadro d’insieme di cui è necessario tenere conto per immaginare forme di welfare più avanzate e adeguate alle esigenze delle nuove generazioni quali, ad esempio, una misura universalistica di assicurazione contro la disoccupazione o un reddito di inclusione sociale. Rilevante, da questo punto di vista, è la risoluzione approvata dal Parlamento europeo lo scorso gennaio in materia di diritti sociali.

Focus. Turchia, la deriva autoritaria di Erdogan

Le tappe della costruzione di un nuovo autoritarismo nazionalista

di Lea Nocera

Il prossimo 16 aprile si svolgerà in Turchia il referendum che, se approvato, sancirà il passaggio da un sistema parlamentare a un regime presidenziale che attribuisce pieni poteri al presidente della Repubblica e di fatto segna il superamento, nel paese, della separazione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. La consultazione referendaria arriva al termine di un lungo processo che ha visto il tentativo di colpo di Stato dello scorso luglio sommarsi alla lunga serie di attentati che hanno colpito il paese, favorendo di conseguenza l’affermazione di una retorica della stabilità di cui l’AKP e il presidente Erdogan si fanno paladini.

Focus. Turchia, la deriva autoritaria di Erdogan

Kemalismo e islamizzazione: linguaggi di legittimazione e di esclusione nella Turchia repubblicana

di Francesco Mazzucotelli

Nonostante il kemalismo venga spesso presentato come una dottrina politica coesa e compatta, a una più attenta analisi i suoi elementi essenziali sembrano piuttosto raccomandazioni di carattere generale da declinare nel contesto contingente interno e internazionale. Questo utilizzo strumentale alle esigenze del momento è stato applicato in più occasioni anche ad alcuni capisaldi della dottrina kemalista, quali il concetto di identità nazionale, l’idea di laicità e il concetto di neo-ottomanesimo. Alla luce di ciò non solo appare semplicistico ridurre la complessa situazione turca all’antitesi tra una Turchia univocamente kemalista prima dell’avvento di Erdogan e una Turchia islamizzata dopo l’ascesa al potere dell’AKP, ma risulta riduttivo liquidare con le categorie dell’antimoderno e del ritorno alla tradizione lo sviluppo e il successo dell’Islam politico in Turchia.

Focus. Turchia, la deriva autoritaria di Erdogan

Fra Ankara e Damasco, i fronti aperti dell’erdoganismo

di Francesco Strazzari e Alessandro Tinti

Il fallito colpo di Stato dello scorso luglio rappresenta il momento a partire dal quale, grazie soprattutto alle epurazioni di massa nei ranghi delle forze armate che lo hanno seguito, sono mutate non solo le dinamiche della politica interna turca, ma anche le principali direttrici di politica estera. Disallineatasi rispetto agli Stati Uniti, contrari a un intervento di Ankara nello scenario siriano, la Turchia del post golpe ha anteposto il proprio interesse nazionale a ogni altra considerazione, e approfittando della fase conclusiva della presidenza Obama ha scelto di inseguire proprio sulla partita siriana una complessa, disinvolta e disagevole convergenza con la Russia di Vladimir Putin.

Focus. Turchia, la deriva autoritaria di Erdogan

Il partenariato tra Turchia e Russia al banco di prova dello scenario mediorientale

di Carlo Frappi

Le relazioni tra Ankara e Mosca, superando una diffidenza reciproca che affonda le proprie radici nel passato recente e più remoto, sperimentano oggi una fase di pragmatico riavvicinamento fondato sulla convergenza di interessi tattici. Esse hanno beneficiato, a partire dall’inizio del secolo, della capacità delle rispettive leadership di sostituire le ragioni della competizione e del conflitto con quelle del dialogo e della cooperazione. In particolare, questa dinamica è emersa con chiarezza nella individuazione di margini di intesa nei diversi contesti regionali verso i quali Turchia e Russia, per ragioni geografiche, storiche e culturali, naturalmente indirizzano la propria politica estera. Tra questi lo scacchiere mediorientale – e, nello specifico, lo scenario siriano – ha progressivamente guadagnato un’inedita centralità, minando dapprima le fondamenta del partenariato e assurgendo successivamente a banco di prova per il suo rilancio.

Focus. Turchia, la deriva autoritaria di Erdogan

L’altalenante partnership tra Turchia e Unione Europea

di Valeria Talbot

Il fallito colpo di Stato del luglio 2016 ha segnato un nuovo, l’ennesimo, punto di svolta nelle relazioni tra Turchia e Unione europea. Dal 1963, anno della firma dell’Accordo di associazione con l’allora Comunità europea, il processo di avvicinamento di Ankara al club europeo ha attraversato fasi alterne tra battute d’arresto e slanci in avanti, l’ultimo dei quali risalente ad appena un anno fa, quando Bruxelles aveva guardato con rinnovato interesse alla Turchia come partner importante nella gestione della crisi migratoria. La restrizione dei diritti e delle libertà individuali seguita al fallito putsch ha ora portato a una nuova sospensione dei negoziati di adesione e a un ulteriore allontanamento che, con conseguenze di lungo periodo difficili da prefigurare ma potenzialmente nefaste, sta spingendo Ankara verso una nuova intesa con Mosca.

Focus. Turchia, la deriva autoritaria di Erdogan

La collocazione internazionale e nell’alleanza atlantica della Turchia

di Alessandro Minuto-Rizzo

Fino a pochi anni fa era possibile delineare un quadro chiaro della collocazione internazionale, delle ambizioni e degli indirizzi della politica estera della Turchia, un paese solidamente ancorato all’Occidente e membro fedele dell’Alleanza atlantica. Con l’avvento al potere dell’AKP di Erdogan e con il verificarsi di un sostanziale cambiamento del quadro geopolitico nelle aree di rilevanza primaria di Ankara, gli interessi nazionali turchi e la loro percezione hanno cominciato a divergere in modo crescente da quelli degli alleati della NATO. Quali conseguenze avrà tutto questo sulle relazioni internazionali della Turchia e nei futuri rapporti con l’Alleanza atlantica?

Dizionario civile

Fiducia

di Franco Marcoaldi

Forse la parola in assoluto più importante per garantire una civile convivenza è “fiducia”. Senza un minimo di fiducia reciproca è impossibile sperare che il cittadino voti ancora i propri rappresentanti in Parlamento, il risparmiatore affidi i propri soldi a una banca, il lavoratore stipuli con serenità un contratto d’impiego.
Come ha scritto in un recente, prezioso libretto edito da il Mulino il filosofo Salvatore Natoli1 noi tutti veniamo al mondo dotati di un sentimento primario di fiducia, che esterniamo da subito verso chi ci nutre, ci protegge, ci cura. Grazie a questo tesoro iniziale, inoltrandoci nell’esistenza, ci fidiamo dell’altro, degli altri, delle istituzioni. Proprio quando l’affidabilità delle istituzioni vacilla, cominciano i guai. Si instilla allora il sospetto, l’insicurezza, la convinzione di essere stati traditi. E la crisi può giungere a incrinare il patto costitutivo di cittadinanza che ci tiene insieme.