Leopoldo Nuti

Leopoldo Nuti

insegna Storia delle relazioni internazionali all’Università di «Roma Tre»

Dagli euromissili alla fine della guerra fredda. La politica estera italiana negli anni Ottanta

Nell’analizzare le scelte internazionali compiute negli anni Ottanta, la storiografia ha prevalentemente cercato di sottolineare il carattere di transizione di quel decennio, che costituisce il momento di passaggio tra due sistemi internazionali molto diversi, ovvero tra l’ultima fase della guerra fredda e il periodo successivo alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Oppure ha preferito concentrarsi sull’«eccezionale attivismo» che, secondo Mammarella, caratterizzò la politica estera italiana nella fase centrale del decennio, collegando questo aspetto soprattutto all’esperienza del primo governo italiano a guida socialista nella storia della Repubblica.

 

La carta americana nella politica estera italiana

«Se dobbiamo acconciarci a un’Europa per finta (…) o a un’unione europea sorta da un eventuale pateracchio anglo-francese che lasci de facto l’Italia in situazione di inferiorità (…) meglio varrebbe non prestarci al gioco e farci invece paladini della comunità atlantica (…) abbastanza per dare una buona presentazione “politica” al fatto nudo e crudo che, l’Italia non potendo da sola essere indipendente, e l’Europa non riuscendo a farsi, il padrone più ricco e più lontano è sempre il migliore».

 

John Kennedy, la presidenza e il Partito Democratico

John Fitzgerald Kennedy è stato di volta in volta definito come un politico idealista, visionario, pragmatico, cinico, privo di scrupoli, arrivista, freddo, calcolatore. La sua fortuna presso gli storici ha conosciuto oscillazioni profonde, dalle prime biografie entusiastiche di Arthur Schlesinger o Theodore Sorensen, alle critiche degli storici revisionisti degli anni Settanta e Ottanta come Thomas Reeves, fino ai giudizi più equilibrati di Herbert Parmet, Robert Dallek, Robert Giglio e altri che, pur sottolineando gli aspetti contradditori della sua personalità, concludono le loro analisi con un bilancio sostanzialmente positivo del suo mandato alla presidenza degli Stati Uniti.