Federico Rampini

Federico Rampini

è corrispondente dagli Stati Uniti de “la Repubblica”

La sorprendente campagna elettorale di Barack Obama

Anche questa volta l’esito del voto americano ha riservato delle sorprese. Il luogo comune più diffuso, quello che raccontava di una base elettorale democratica presa dallo sconforto e dalla disillusione, è stato smentito dai fatti: dai buoni dati relativi alla raccolta dei fondi e da quelli, ancora più positivi, sull’affluenza alle urne, in particolare dell’elettorato femminile e delle minoranze. La ragione di questo capovolgimento delle previsioni della vigilia sta nella superiorità politica della macchina organizzativa di Obama, che rivela una fiducia profonda nei meccanismi della partecipazione dal basso. È da questi aspetti che viene la lezione politica più confortante dell’elezione di Obama.

L'economia della paura

Trascinati in una guerra di cui ignoriamo tutto – la durata, l’esito finale, perfino l’avversario – abbiamo cambiato vita. Viaggiamo meno, spendiamo meno, rinviamo investimenti e progetti. Il nostro atteggiamento verso il resto del mondo e verso gli immigrati è in crisi. Le multinazionali hanno paura. Gli Statinazione alzano il ponte levatoio ai confini. L’America è il centro di questa evoluzione – economica, politica, di costume – scatenata l’11 settembre. La sua classe dirigente si chiede: è uno shock da cui un giorno usciremo e tutto tornerà come prima? O la strage terroristica fa precipitare un cambiamento sistemico, irreversibile? Sotto le macerie delle Twin Towers sono finiti la globalizzazione, un modello consumistico, la centralità dei mercati finanziari.