Salvatore Biasco

Salvatore Biasco

economista, Università di Roma “Sapienza”.

Il futuro dell’ordine mondiale neoliberista tra trasformazione e resilienza

La mia è una riflessione su cosa stia succedendo nell’ordine mondiale della politica e dell’economia, con un interrogativo in mente: siamo alla vigilia di una qualche uscita dal regime neoliberale che ha informato questa fase del capitalismo negli ultimi decenni? Quand’anche non sia così, occorre interrogarsi sulle fratture e le contraddizioni interne che si addensano in quel regime che, proprio perché interne, aggiungono elementi al disordine del sistema e aprono dinamiche politiche la cui direzione dipende da molti elementi, ma in primis dalla forza e dalla guida dei movimenti di protesta.
La mia prospettiva è essenzialmente rivolta al mondo occidentale e alla posta in gioco per la sinistra. Pur soffermandomi sull’ordine economico, mi è ben chiaro che questo si intreccia con tante altre connotazioni del quadro mondiale (militari, geopolitiche, antropologiche, religiose, attinenti al fenomeno migratorio ecc.).

Limiti e potenzialità nella perdita di modelli culturali

Marco Marzano e Nadia Urbinati sono due tra i più importanti scienziati sociali del nostro paese (e non solo). “La società orizzontale” su cui si diffondono nel loro recente libro è quella che ha perso i padri, né ha più punti fermi in autorità che le trasmettano i modelli dell’esistenza, il senso di appartenenza, i confini del pensiero e dell’azione. La società orizzontale è paritaria tanto quanto la società che si lascia alle spalle era piramidale e autoritaria. Ora viaggia senza gerarchia di valori e devozione per l’autorità, ma in qualche modo consegue più libertà e creatività, nonché più senso di eguaglianza. 

Gli orizzonti della sinistra

Oggi più che mai è importante, per una sinistra che si richiami ai principi del socialismo, riprendere il tema delle coordinate di azione e del posizionamento ideale per capire quale “modello” di un futuro differente e cambiato radicalmente sia ancora possibile perseguire come sfida interna al sistema capitalistico. Un modello che informi discernibili punti programmatici, orienti i cardini di una battaglia politica e tracci la demarcazione di una identità che distingue “noi” e “loro”.

L’idea di impresa pubblica nel mutare del clima culturale

L’affermarsi di una visione contrattualistica e privatistica del funzionamento e degli obiettivi delle imprese ha finito per abbracciare anche la visione dell’impresa pubblica, facendo sì, per quanto la riguarda, che il concetto di efficienza sociale lasciasse il passo a quello di efficienza privata. In questo modo, la funzione dell’impresa pubblica ha finito per essere spogliata di ogni ruolo sociale e i suoi obiettivi omologati a quelli diventati totalizzanti per l’impresa privata: la creazione di valore per gli azionisti. Ciò è avvenuto sull’assunto che la conduzione pubblica sia meno efficiente di quella privata; assunto che mantiene ampio credito nonostante l’evidenza empirica non lo comprovi. Invece, in una visione strategica di sviluppo del paese che le ricomprenda, le imprese pubbliche possono tornare a essere uno strumento importante di politica economica, come è evidente (in negativo) in alcuni recenti casi concreti.

Concorrenza fiscale in Europa. Alternative alla impostazione neoliberista

Il tema della concorrenza fiscale in Europa non contiene solo l’interesse specifico dei paesi danneggiati a por fine a una distorsione clamorosa, ma investe l’esigenza di assoggettare il capitalismo multinazionale a regole globali. Finché essa persiste, sarà difficile fronteggiare la capacità delle multinazionali di sfuggire alla tassazione, producendo non solo un danno di gettito per il paese in cui il reddito viene prodotto, ma anche un’alterazione della concorrenza nel mercato. Il fisco è un altro campo in cui l’Unione rivela la debolezza dei presupposti liberisti su cui è stata costruita. L’armonizzazione dovrà essere una bandiera della sinistra per imporre uno standard mondiale in materia di fiscalità delle imprese transfrontaliere adeguato alla nuova realtà del capitalismo integrato e all’importanza che assume il commercio di beni immateriali.

Alcune considerazioni su “Montesquieu dimezzato”

Pubblichiamo alcune considerazioni di Salvatore Biasco sulla rubrica “Montesquieu dimezzato” apparsa sul n. 1/2011 di Italianieuropei.

La crisi e la sinistra europea

La crisi economica mondiale, con i suoi insegnamenti e gli scenari che apre, pone la socialdemocrazia europea di fronte a nuovi temi relativi a programma e visione politica. Sette sono i punti che illustrano come la crisi economica irrompa nel suo apparato di pensiero e nel suo orientamento politico, imponendole una riflessione approfondita su problemi e opportunità da affrontare ripensando il rapporto con l’economia e riflettendo sulle identità.

La sinistra postcomunista e gli intellettuali

Il tema del ruolo degli intellettuali nell’organizzazione politica è stato un tema topico nella sinistra; tema non solo dibattuto, ma che ha avuto anche una sua sperimentazione organica. Basti pensare al PCI. Oggi tale dibattito è di fatto scomparso e il riferimento stesso a quel tema suona leggermente demodé. Che così suoni, lo si capisce alla luce delle considerazioni che svolgerò qui di seguito. Che così debba essere non è invece scontato, visto che la questione del rinnovamento della politica, con cui è strettamente intrecciato, avrebbe semmai dovuto rinvigorirlo. Ovviamente esistono rapporti tra gli intellettuali e la politica in generale, e in particolare con la maggiore formazione politica della sinistra (che qui prendo come riferimento per una analisi della metamorfosi che ha subito il tema), ma ciò avviene come connessione spontanea e episodica, che manca di finalizzazione, di domande esplicite, di organizzazione, di canali effettivamente aperti nelle due direzioni e di interconnessioni di ruoli. Non vi è più riflessione sull’argomento in sede politica.

 

Mercato del lavoro e fiscalità nelle politiche occupazionali

Per formazione sono abituato a ritenere che il cuore delle politiche occupazionali sia nelle politiche di investimento e in quelle che sollecitano una competitività e vitalità delle imprese e del paese, mentre le politiche relative al mercato del lavoro hanno una funzione di sussidiarietà, quando addirittura non hanno una funzione strettamente sociale. È un’impostazione keynesiana, che rivendico. È vero che siamo di fronte a indirizzi complementari, ma, pur nella loro complementarietà, essi non hanno pesi identici, per cui le politiche dell’occupazione richiedono di essere affrontate soprattutto dal punto di vista delle politiche di sviluppo.

 

Solo la crescita può salvare il modello sociale europeo

Le rappresentazioni Se la varietà di soluzioni che incontriamo in Europa non consente di affermare che esista un «welfare europeo» definibile come tale, certamente esiste un «modello sociale europeo». Con questo intendiamo quel modello che associa alla proprietà un concetto di responsabilità, che punta sulla cittadinanza e valorizza l’idea di comunità, che affida a un intervento esteso dello Stato compiti pervasivi di mediazione sociale e di correzione degli esiti del mercato, che è informato dall’idea di patto che lega i cittadini alle istituzioni. Quindi, qualcosa che va al di là del welfare e che ricomprende quest’ultimo nelle singole articolazioni interne all’Unione.