Editoriale

Di Massimo D'Alema Martedì 07 Ottobre 2008 20:32 Stampa
Questo è il primo numero dei “Quaderni di Italianieuropei”: la positiva avuta dalla nuova serie della rivista e il dibattito che si è sviluppato tra i lettori ci hanno convinto dell’utilità di supplementi che approfondiscano di volta in volta un tema centrale nella società e nel dibattito politico.

Questo è il primo numero dei “Quaderni di Italianieuropei”: la positiva accoglienza avuta dalla nuova serie della rivista e il dibattito che si è sviluppato tra i lettori ci hanno convinto dell’utilità di supplementi che approfondiscano di volta in volta un tema centrale nella società e nel dibattito politico.
Il primo di questi temi è il sistema di istruzione del nostro paese, la nostra scuola. È una scelta doverosa perché ogni paese deve vedere nel proprio sistema di trasmissione culturale alle nuove generazioni e nella crescita della conoscenza diffusa la prima risorsa per il proprio sviluppo civile, sociale ed economico. Ma, allo stesso tempo, è una scelta non convenzionale perché il dibattito che intendiamo qui avviare muove dalla ricerca di ciò che unisce posizioni culturali e ideali diverse nel comune impegno di assicurare a tutti, ai diversi livelli, una scuola di qualità che guardi in avanti, in un momento in cui invece si avverte la tendenza a chiudersi in posizioni di appartenenza e di sostanziale sguardo all’indietro.
Il confronto che con la pubblicazione di questo “Quaderno” vorremmo suscitare non è di “consulenza” alle prospettive indicate, di supporto tecnico o di mera dialettica anche critica con le singole scelte. È in primo luogo un confronto sulla effettiva condivisione del fine primario del sistema di istruzione e formazione: la produzione di inclusione sociale, attraverso una scuola che sappia contribuire in modo determinante alla costruzione di cittadini culturalmente accorti e pienamente consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, così rafforzando la loro partecipazione al continuo rafforzamento della nostra democrazia. Un compito così complesso è cosa altra dalla sequenza di provvedimenti calibrati sul mero messaggio simbolico o sui risparmi di spesa; perché implica coniugare i molti aspetti dell’universo scolastico – i contenuti, le metodologie dell’insegnamento, la formazione, i criteri di valutazione – con le sfide e le culture di un mondo esterno, con le nuove forme di comunicazione e di linguaggio, con i continui mutamenti favoriti dalle tecnologie. Cimentarsi politicamente su questo tema significa tuttavia evitare anche luoghi comuni – quelli per cui tutti ritengono di essere esperti di scuola solo perché l’hanno un tempo frequentata – e discutere i nodi problematici che esso pone con “dati alla mano”, a partire dalle ormai diffuse inchieste internazionali sull’efficacia del nostro sistema; significa affrontare consolidate resistenze al cambiamento, combattendo atteggiamenti meramente difensivi o rinunciatari o ancora mitiche nostalgie di ritorni al passato. I temi che investono con forza il sistema scuola si muovono infatti tra la necessità, a nostro avviso irrinunciabile, di una tradizione da salvaguardare e la prospettiva di riforme di sistema da costruire continuamente.
Ecco perché la scelta di un “Quaderno” sulla scuola. Vogliamo con questa iniziativa editoriale riaffermare con forza la partecipazione alla discussione su tale tema da parte della società, non solo da parte di chi vi opera o
di chi vi accede perché studente o perché genitore; né tanto meno vogliamo lasciare il ministro unico arbitro delle proposte da introdurre per poi intervenire “a valle” di scelte già avvenute. Questo è il modo con cui riteniamo di essere attori e propositori nel dibattito, non soltanto critici osservatori. E per questo ci è sembrato utile presentarci con una riflessione polifonica – di più voci anche a volte in contrappunto – sul complessivo mondo scolastico, sui diversi aspetti attuali di criticità o di eccellenza, cercando di dare un contributo alle scelte che si dovranno fare e che incideranno profondamente sul modo in cui le prossime generazioni concepiranno la cultura, la consapevolezza civile, il rapporto con il lavoro. Ci guida inoltre la consapevolezza del valore fondamentale del mondo della scuola in una società che vuole cambiare e che vuole cogliere le sfide delpresente preservando, e anzi alimentando, la memoria delle buone cose del passato.
Ci rendiamo conto che il dibattito dei prossimi mesi investirà più compiutamente anche il problema del federalismo applicato al modello scolastico, fondato sul coinvolgimento degli enti locali e sull’autonomia delle istituzioni scolastiche in contrapposizione al modello centralista: un percorso già avviato in questi anni. L’apertura alle responsabilità locali in tema di istruzione, anche alla luce delle esperienze fin qui realizzate,
deve muovere dalla riaffermazione di alcuni punti fermi: il potenziamento del percorso dell’autonomia scolastica e l’attenzione continua a non creare in alcun modo un sistema frammentato privo di una riconoscibile fisionomia complessiva e, quindi, a rischio di accettare implicitamente situazioni strutturalmente disuguali al proprio interno. Se tali rischi venissero sottovalutati o, scelta ancora più grave, consapevolmente accettati,saremmo costretti a rimpiangere quel modello “statalista” che per tanti anni ha consentito una elevata pluralità di idee, di metodi e di proposte didattiche e che ha permesso il dispiegarsi di forme di democrazia partecipativa: non dobbiamo dimenticare che questi elementi di sistema hanno costituito uno dei punti di forza del sistema pubblico di istruzione, assicurando, anche se in modo contraddittorio e non sempre coerente,
integrazione sociale e uguaglianza di opportunità.
Uno dei punti fermi è che la scuola va vista come valore di investimento e non solo come costo. La differenza è decisiva: nel primo caso si agisce per riqualificare la spesa verso un miglioramento del servizio e con l’obiettivo di ottenere un output di migliore formazione. Nel secondo si va alla ricerca di artifici contabili per risparmiare. L’esempio è nella cronaca politica di questi giorni: la riduzione del numero di insegnanti, uno dei primi obiettivi che si è voluto prefigurare, rappresenta un semplice risparmio di spesa che incide su una modalità pedagogica e formativa e rischia di cancellare un’esperienza didattica che da tutti è stata riconosciuta come valida. Né ci convincono provvedimenti che, al di là dell’essere singolarmente condivisibili o meno, sembrano percorrere un ritorno a un passato mitico che non è mai esistito e che comunque è profondamente diverso dalla situazione attuale. Quest’ultima – vale la pena ricordarlo – è quella della scuola per tutte le future generazioni di cittadini, conquista democratica di ogni società avanzata e che deve essere anche scuola di qualità. Il “Quaderno” affronta molti dei temi sopra accennati: cosa significa una scuola di qualità, come continuare e non negare il processo pur lento di innovazione avviato negli ultimi anni, come coniugare l’aspetto metodologico, a lungo dibattuto, con il peso e la distribuzione dei contenuti disciplinari. Come individuare e razionalizzare le risorse necessarie a migliorare il sistema scolastico, promuovere la valutazione di merito degli insegnanti, favorire percorsi premianti per riconoscere il loro impegno. Una valutazione, quindi, del significato formativo e degli obiettivi che la scuola italiana si propone con l’esigenza di fornire allo studente quegli strumenti che gli consentano una comprensione della complessità del processo storico e una valorizzazione del momento metodologico. Scelte e proposte meno ovvie di quanto si possa pensare se si considera la disarticolazione del mondo delle conoscenze così come è declinata dalle nuove forme di comunicazione, quella televisiva anzitutto, ma anche quella informatica, in cui le nuove generazioni sono immerse e su cui costruiscono la propria quotidianità. Una particolare attenzione abbiamo voluto dare al ruolo dei docenti, cercando di motivare la convinzione che è irrealizzabile un progetto di sistema scolastico che prescinda dal riconoscimento
del loro ruolo e del loro valore, dal contributo essenziale a ogni possibile trasformazione, perché in loro vanno identificati i soggetti primi che, con il lavoro quotidiano, rendono possibile il passaggio dalle proposte politiche e culturali alla realtà della pedagogia attiva.
A tutti coloro che ci hanno accompagnato in questo sforzo di elaborazione, che avranno voglia di seguire questa nostra riflessione che vorremmo andasse oltre la pubblicazione di questo “Quaderno”, a Mauro Palma che ne è stato il coordinatore, a Marta Leonori che ha seguito sin dall’inizio il progetto e la sua realizzazione, va il nostro ringraziamento.

 

Massimo D’Alema
Presidente Fondazione Italianieuropei