Editoriale. Prospettive e riflessioni per uno sviluppo equilibrato

Di Redazione Venerdì 10 Settembre 2010 14:21 Stampa

Quanta energia rinnovabile ci sarà nel nostro futuro? Fino ad alcuni decenni fa una risposta decisamente positiva a questo interrogativo sarebbe stata appannaggio solo di pochi ottimisti sognatori, guardati con sufficienza da policy makers impegnati a competere per conquistarsi un accesso sicuro e a basso costo alle fonti fossili di energia.

Da un lato il progresso tecnologico e dall’altro la necessità di contenere le emissioni di CO2 nell’atmosfera per limitarne gli effetti climalteranti hanno fatto sì che le energie rinnovabili cominciassero ad essere considerate un’alternativa concreta alla produzione di energia da fonti fossili. Tanto che, nel 2008, allo scopo di dare un impulso decisivo allo sviluppo di un’economia a basse emissioni di carbonio e libera dall’influenza dei combustibili fossili, ma anche con l’obiettivo di porsi come leader sui mercati delle nuove tecnologie energetiche e di promuovere la nascita e la diffusione di nuove industrie e di nuovi settori produttivi, dall’Unione europea è arrivata una risposta precisa al nostro interrogativo iniziale attraverso la fissazione di un obiettivo ambizioso che la poneva all’avanguardia nel processo di trasformazione verde dell’economia. Attraverso l’approvazione del cosiddetto Pacchetto clima-energia i paesi dell’UE si sono imposti, entro il 2020, di ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra rispetto ai valori del 2005, di migliorare del 20% l’efficienza energetica e di produrre da fonti rinnovabili una quota pari al 20% del consumo finale di energia. Il traguardo probabilmente verrà raggiunto. Secondo le previsioni di fattibilità fornite dai singoli Stati in merito al raggiungimento degli obiettivi loro assegnati sembra che la soglia del 20% di rinnovabili nel mix energetico verrà non solo raggiunta entro il 2020, ma addirittura superata. In Europa, del resto, il 62% di tutti i nuovi MW installati nel corso del 2009 derivano da fonti verdi; in altre parole, nel contributo alla crescita della potenza elettrica, i nuovi impianti alimentati da energie rinnovabili hanno superato le nuove centrali a fonti fossili. Alcuni studi recenti sostengono addirittura che sarebbe possibile, da un punto di vista sia tecnico che economico, grazie anche all’utilizzo dell’energia solare proveniente dal Sahara, ipotizzare uno scenario europeo al 2050 basato sul 100% da fonti energetiche rinnovabili. Allo sforzo dell’Unione europea si affianca quello degli altri grandi attori dello scenario internazionale. Lo scorso anno negli Stati Uniti le fonti rinnovabili hanno infatti rappresentato il 43% della nuova potenza elettrica installata e anche in Cina è in atto un’importante trasformazione del mix energetico che
prevede dichiaratamente una maggiore incidenza delle fonti rinnovabili. Si è di fatto innescata una competizione fra Stati Uniti, Europa e paesi asiatici per la leadership del settore che ha motivazioni e risvolti non tanto e non solo di natura ambientale, quanto di tipo economico e industriale. Anche in Italia, pur in un quadro generale che vede il nostro paese collocarsi fra quelli che rischiano di non riuscire a raggiungere in maniera autonoma l’obiettivo assegnato per il 2020, il peso delle rinnovabili sul totale dell’elettricità prodotta ha registrato un aumento significativo, passando dal 18,4% del 1997 al 24,% del 2009; dato che pone il nostro paese al terzo posto in Europa, dietro a Germania e Spagna. I benefici legati allo sviluppo delle energie pulite sono rilevanti sia sotto il profilo del loro impatto sulla crescita economica sia dal punto di vista occupazionale. Il settore rivela infatti un andamento anticiclico, registrando un incremento anche in un momento, come quello attuale, di profonda crisi dell’economia. Quasi tutti i governi dei paesi più industrializzati, infatti, puntando sulla capacità del settore – e in generale della green economy – di fungere da volano della ripresa economica, hanno adottato misure di stimolo orientate alla trasformazione in senso sostenibile dei propri sistemi produttivi. Alla luce di queste considerazioni – sviluppate in maniera approfondita e dettagliata nei contributi raccolti in questo Quaderno – la risposta al nostro interrogativo iniziale può essere formulata in termini chiaramente positivi senza il timore di apparire troppo ottimisti o sognatori. Sarebbe però un errore descrivere un quadro fatto di sole luci. Molti sono ancora i problemi da risolvere e di cui in questo Quaderno abbiamo voluto discutere. Si tratta innanzitutto di problemi di natura strategica e di visione. L’Italia, infatti, in primo luogo a causa della mancanza di una chiara politica industriale per il settore, finora non è riuscita, come hanno fatto altri paesi europei, a sviluppare imprese attive nel comparto delle rinnovabili in grado non solo di soddisfare le esigenze del mercato interno ma anche di proiettarsi verso l’esportazione di prodotti tecnologici per la generazione di energia verde. Pur in presenza di alti incentivi per il settore e con redditività degli impianti molto elevate, non si è vista decollare un’industria italiana delle fonti rinnovabili che possa farne un volano di sviluppo a livello nazionale. Sebbene si contino alcune eccezioni, il nostro paese si trova di fatto a dover importare dall’estero la tecnologia per la generazione di energia da fonti rinnovabili (ad esempio, pannelli fotovoltaici dalla Cina) e rischia ora che la sua dipendenza energetica si trasformi in una dipendenza tecnologica. Di primaria importanza sono anche i problemi di natura normativa. L’Italia paga infatti l’assenza di un quadro normativo unitario ed esaustivo per gli operatori del settore che, come illustrato in alcuni degli articoli del Quaderno, favorisce la frammentazione e la difforme regolamentazione delle procedure autorizzative da parte delle singole Regioni. L’approvazione di linee guida nazionali consentirebbe infatti di stabilire criteri uniformi per l’individuazione dei siti per gli impianti che, grazie alla loro successiva applicazione da parte delle Regioni, permetterebbe un loro più corretto inserimento nel paesaggio e un maggiore rispetto delle esigenze del territorio.
Non mancano inoltre i problemi di natura infrastrutturale, che si concretizzano nell’esigenza di adeguare la rete di distribuzione alle necessità imposte da una rilevante produzione energetica da fonti rinnovabili. E non ci riferiamo solo alle infrastrutture materiali, poiché anche in questo settore, come in molti altri del sistema produttivo italiano, il potenziamento dell’investimento in ricerca e sviluppo risulta essenziale per compiere i progressi tecnologici indispensabili, fra l’altro, a rendere l’energia da fonti rinnovabili competitiva con le fonti tradizionali anche dal punto di vista dei costi di produzione. Grande attenzione va infine dedicata ai sistemi di incentivazione, che tanta importanza hanno avuto finora per lo sviluppo del settore ma che rischiano nel lungo periodo di diventare insostenibili per i cittadini. Il mutamento del paradigma energetico nel senso di un allontanamento dall’uso intensivo di fonti fossili ad elevato impatto ambientale e verso il sempre maggiore utilizzo di energia pulita non va quindi più affrontato interrogandosi sulla sua concreta realizzabilità, ma spingendosi alla ricerca del modo più razionale, più efficiente, economicamente conveniente e rispettoso dell’ambiente e del territorio per realizzarlo.