Le molte facce di un'elezione amministrativa di successo

Di Giacomo Sani e Paolo Segatti Sabato 01 Giugno 2002 02:00 Stampa

Le tornate di elezioni amministrative si prestano ad una varietà di interpretazioni che fanno riferimento a criteri diversi di confronto. C’è chi guarda al numero di amministrazioni che passano da uno schieramento all’altro, c’è chi fa i conti sulle percentuali di voto dei singoli partiti, c’è chi guarda ai risultati delle consultazioni amministrative per il significato che essi possono assumere sul piano nazionale e c’è chi non si limita a considerare solo il verdetto politico di una consultazione (chi ha vinto e chi ha perso) ma cerca anche di interpretare l’evoluzione dei comportamenti di massa. Naturalmente ciascuno di questi punti di vista coglie solo alcuni aspetti e ne trascura altri. Per avere quindi un quadro più completo è utile considerare prima dei risultati la configurazione dell’offerta e il dato sulla partecipazione.

 

Le tornate di elezioni amministrative si prestano ad una varietà di interpretazioni che fanno riferimento a criteri diversi di confronto. C’è chi guarda al numero di amministrazioni che passano da uno schieramento all’altro, c’è chi fa i conti sulle percentuali di voto dei singoli partiti, c’è chi guarda ai risultati delle consultazioni amministrative per il significato che essi possono assumere sul piano nazionale e c’è chi non si limita a considerare solo il verdetto politico di una consultazione (chi ha vinto e chi ha perso) ma cerca anche di interpretare l’evoluzione dei comportamenti di massa. Naturalmente ciascuno di questi punti di vista coglie solo alcuni aspetti e ne trascura altri. Per avere quindi un quadro più completo è utile considerare prima dei risultati la configurazione dell’offerta e il dato sulla partecipazione.

L’offerta. Tra le caratteristiche delle tornate amministrative che rendono più difficili i confronti vi è la configurazione dell’offerta, cioè delle scelte alternative che le forze politiche presentano agli elettori. I fattori che influenzano la configurazione dell’offerta sono insieme locali (le naturali ambizioni di esponenti locali, la presenza di liste civiche, il desiderio dei sindaci in carica di ottenere la elezione ai Consigli di persone di loro fiducia, ed altro ancora) e nazionali (esigenza di compattezza degli schieramenti al governo o all’opposizione a Roma, ricerca di affermazione delle singole forze ai fini di riequilibrare la composizione delle coalizioni). Sotto la spinta di questi diversi fattori l’offerta che emerge nei diversi contesti tende ad essere variegata e frammentata. Tutto ciò non è certo una assoluta novità: anche nella «prima repubblica» vi erano a volte situazioni locali non allineate col quadro politico nazionale. Tuttavia, si trattava di casi poco frequenti che sono invece andati aumentando nel corso degli anni Novanta anche per effetto della modifica del sistema elettorale.

Considerate le caratteristiche introdotte dalla riforma per l’elezione degli organi di governo locale del marzo 1993, ci si poteva forse attendere una semplificazione dell’offerta a livello amministrativo. In realtà ciò non è avvenuto. Rispetto alle elezioni degli anni Novanta nei comuni capoluogo le candidature a sindaco non sono diminuite in maniera apprezzabile e viceversa è aumentato il numero delle liste in competizione. Sempre relativamente ai comuni capoluogo, e anche nelle dieci province nelle quali si è votato, si nota un tendenziale allineamento con gli schieramenti a livello nazionale in presenza, tuttavia, di significative eccezioni. Tra queste hanno fatto notizia i casi di Verona e Treviso da un lato e di Reggio Calabria, Oristano ed Isernia dall’altro. Sia l’aumento delle liste che le divisioni che hanno minato la compattezza dei due principali schieramenti testimoniano l’esistenza di uno scollamento tra élite locali, spesso in contrapposizione tra di loro, e le rispettive leadership nazionali. A giudicare da questi elementi, sembra che si stia andando verso una maggiore autonomia di forze ed élite locali nella scelta delle strategie elettorali con conseguente rafforzamento della natura più specificamente amministrativa della competizione. Se questo processo si dovesse consolidare definitivamente, il confronto tra i risultati delle amministrative e delle politiche risulterebbe meno significativo. Ma, come vedremo dalla nostra analisi dei risultati, non ci troviamo ancora in questa situazione, anche se diversi segnali ci fanno capire che non ne siamo lontani.

La partecipazione. Un secondo elemento che da sempre caratterizza il voto amministrativo è il differenziale di partecipazione rispetto alle consultazioni politiche. Anche nel 2002 la quota di cittadini che si sono recati alle urne è risultata inferiore al corrispondente valore dello scorso anno (di ben 15 punti percentuali nel caso delle provinciali e di circa 7 punti nel caso delle comunali), a testimonianza della tendenza di una parte del corpo elettorale, accentuatasi negli ultimi anni, di entrare e uscire dall’arena elettorale a seconda dell’importanza attribuita alla consultazione e per effetto del diverso grado di mobilitazione da parte delle forze sia sociali che politiche. Per quanto riguarda l’andamento della partecipazione nel tempo, i dati relativi al primo turno indicano un’ulteriore leggera erosione (-2,5% alle provinciali e di -1,4% alle comunali). Quelli per il secondo turno mostrano un calo che tuttavia è stato inferiore a quello del ballottaggio delle precedenti tornate amministrative negli stessi comuni e province.

Un ulteriore elemento di continuità con il recente passato è rappresentato dalla convergenza tra i tassi di partecipazione nel Nord e nel Mezzogiorno. Se fino agli anni Novanta vi era una notevole differenza tra l’astensionismo nelle regioni meridionali rispetto a quelle del Centro-Nord, da qualche anno si assiste ad una graduale riduzione delle differenze. Per esempio, se prendiamo il dato relativo alle provinciali, la partecipazione rispetto alle analoghe consultazioni precedenti è scesa di 13 punti a Vercelli, di 12 a Vicenza, di 7 a Como, di 9 a Varese mentre ha registrato un aumento di 8 punti a Reggio Calabria. Una tendenza sostanzialmente simile emerge anche per la partecipazione a livello comunale. Vi sono buone ragioni per pensare che a questa tendenza non siano estranei l’indebolimento della forza organizzativa dei partiti e della spinta ideologica mentre nelle regioni meridionali risulta tuttora efficace la ricerca del consenso attraverso i legami personali.

I risultati. Dopo il primo turno, Paolo Franchi sul «Corriere della Sera» osservava che «dal voto ci si attendevano delle risposte importanti anche sugli orientamenti politici del paese». L’aspettativa era condivisa da altri osservatori e, come di frequente accade in simili circostanze, la tendenza era di portare l’acqua al proprio mulino: La rivincita della Lega, titolava «la Padania»; L’Ulivo ferma il Polo secondo «la Repubblica», mentre «l’Unità» proclamava che Berlusconi si è fermato a Genova e «il Giornale» concludeva perentorio La sinistra festeggia una sconfitta. Tenendo conto della natura della consultazione a noi pare si possa dire che sul voto di fine maggio ha continuato a spirare un venticello per altro già avvertibile l’anno scorso. Ma nel contempo il regime dei venti di questa tornata mostra anche che si stanno rafforzando brezze locali di intensità e direzione variabile. Per le ragioni indicate sopra, il confronto con i risultati del 2001 va fatto con grande cautela. Ciò premesso, l’analisi dei dati relativi al voto per i sindaci, nei ventisette comuni capoluogo e per i presidenti nelle dieci province in cui si è votato, mostra in primo luogo che prosegue la riduzione della differenza tra schieramenti nelle regioni del Nord mentre continua ad allargarsi la forbice nelle regioni del Centro-Sud. Ambedue le tendenze erano già emerse nelle elezioni dell’anno scorso. Nel decennio scorso la coalizione di centrodestra ha goduto nel Nord di un vantaggio abissale nei confronti del centrosinistra. Il vantaggio non è scomparso nel 2001, ovviamente. Ma già nel 2001 si è ridotto, in parte a causa della dispersione del voto leghista. Nelle regioni del Centro-Sud il processo è andato invece nella direzione inversa.

Non poche delle vittorie come delle sconfitte emerse da queste consultazioni derivano da processi già in moto nelle elezioni politiche. Per esempio, al primo turno i casi di Genova e di Reggio Calabria, sui quali si è concentrata fortemente l’attenzione, sono del tutto allineati con le tendenze emerse nel voto politico dell’anno scorso. Ma anche altri casi, come quelli di alcuni comuni capoluoghi del Nord, mostrano i segni della medesima tendenza. Anche dove questa tendenza non si è tradotta in una vittoria elettorale, la sua influenza sui comportamenti di voto non può venire trascurata, come mostrano i risultati delle provinciali di Vercelli, Varese e Como. In secondo luogo, i casi meno allineati ai risultati delle politiche sono agevolmente riconducibili all’effetto incumbent, vale a dire alla ripresentazione del sindaco in carica. Oppure alle contrapposizioni forti all’interno dei due schieramenti. In questa tornata i problemi maggiori li ha avuti il centrodestra e le conseguenze si sono viste, con chiarezza a Verona. Se poi guardiamo all’interno degli schieramenti, proseguono alcune dinamiche già emerse nelle scorse elezioni. In particolare nel centrodestra si consolida Forza Italia a spese della Lega e di AN. Mentre nel centrosinistra non emergono significativi spostamenti in un senso o nell’altro.

Alcune conclusioni. Da queste elezioni il centrosinistra esce rinfrancato. Il saldo finale dei comuni più importanti conquistati o persi è chiaramente a suo vantaggio. Inoltre si rafforza la tendenza ad una sua maggiore competitività nel Nord, anche se ciò è compensato da una riduzione di questa nel Centro-Sud. Ma al di là  di questi elementi, la valutazione finale di questa consultazione non deve trascurare anche altri aspetti. Si rafforzano sempre più le dinamiche locali, sia a livello di élite che di elettorato di massa. Le imposizioni dal centro non sempre passano senza problemi e l’ubbidienza non è più una virtù praticata toto corde. Aumenta poi il peso dei sindaci e del loro seguito di voti personali. Sindaci che, grazie alla possibilità del voto disgiunto, riescono ad ottenere voti anche da parte di elettori che magari votano per un partito diverso da quello sindaco o addirittura per uno schieramento diverso. Insomma anche in questa consultazione è emerso un quadro di dinamicità locale che in parte riflette quello nazionale ma in parte si alimenta di forza propria. Tutto ciò reca con sé elementi positivi e negativi. Meriterebbe discuterne di più.