Italianieuropei 3/2007

il Sommario

l' Editoriale

PD, identità delle coalizioni e sistema elettorale

Gianfranco Fini: Viviamo in un momento in cui si deve prendere atto del fatto che i partiti come li abbiamo conosciuti in passato sostanzialmente non esistono più.

Giuliano Amato: Il punto che hai toccato come «chiave complessiva» del tuo intervento, ossia quello dell’identità della coalizione, è anche a mio parere il punto dal quale partire. Noi viviamo in un sistema che per molte ragioni è pluripartitico. Può darsi che sia bene che sia così.

gli Articoli

Welfare

Famiglia e famiglie. Transizioni demografiche, migrazioni culturali, nodi delle politiche

di Franca Bimbi

Le varianti italiane di una sfida europea Le trasformazioni della famiglia italiana vanno considerate nel contesto europeo, che ci permette di rilevare, nel nostro come negli altri paesi, due aree problematiche: la struttura del modello demografico europeo-occidentale e le forme di regolazione giuridica pubblica delle nuove modalità del vivere assieme. Un terzo nodo, da considerare separatamente perché emerso molto più di recente e con caratteristiche differenti, anche se oramai fortemente interconnesso ai primi due, riguarda le variabili relative all’immigrazione. Tutti e tre gli aspetti hanno riacceso il dibattito culturale attorno alla famiglia e suscitato nuove domande di regolazione delle forme familiari.

Welfare

L'uguaglianza di genere deve essere al centro di ogni modello sociale europeo

di Jane Jenson

Negli anni Settanta il movimento delle donne rivendicava una maggiore autonomia e pari accesso alla sicurezza di reddito. Quelle richieste furono ascoltate: l’Unione europea ha promosso le pari opportunità e i governi hanno offerto sostegni per conciliare lavoro e vita familiare, a partire dall’assistenza ai bambini. Questi adeguamenti, pure importanti – e, in diversi Stati membri, molto generosi – non hanno però prodotto né uguaglianza di genere né condizioni stabili per le famiglie.

Welfare

L'occupazione femminile tra cambiamenti recenti e sfide future

di Alessandra Casarico e Paola Profeta
Nell’anno europeo dedicato alle pari opportunità si è riacceso il dibattito sull’occupazione femminile e sui forti ritardi dell’Italia rispetto agli obiettivi comunitari e ai risultati già raggiunti da molti degli altri paesi membri grazie all’adozione di politiche attive.In Italia, secondo i dati che si riferiscono al 2006, il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni è pari al 46% (di 14 punti percentuali inferiore all’obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Lisbona) contro il 70,7% degli uomini. Ad eccezione di Grecia e Spagna, tutti glialtri paesi dell’Europa a quindici hanno un tasso di occupazione femminile di oltre il 55%, che supera il 65% nei paesi del Nord Europa.
Welfare

Le scelte difficili di lavoro e fertilità in Italia

di Daniela Del Boca

L’Italia continua ad essere uno dei paesi occidentali nei quali si fanno meno figli e dove la partecipazione femminile al mercato del lavoro è ancora ai livelli più bassi. Sebbene in Italia negli ultimi anni l’occupazione femminile sia aumentata poco, la fertilità ha continuato a diminuire, con una lieve ripresa solo tra il 2000 e il 2005. I tassi di fertilità sono diminuiti in tutti i paesi europei, anche in quelli in cui erano tradizionalmente elevati. Mentre nei paesi del Nord Europa (Norvegia, Svezia, Finlandia) il declino del tasso di fertilità si è fermato dopo il 1980, tale calo è proseguito per tutti gli anni Novanta nei paesi del Sud Europa (Italia, Spagna e Portogallo). Perche le donne in Italia fanno meno figli e lavorano di meno? Tra le ragioni ci sono la tarda età in cui le donne costituiscono una propria famiglia e lemaggiori difficoltà a conciliare lavoro e famiglia.

Welfare

Riforma previdenziale: completare la strada intrapresa

di Elsa Fornero

Il «gradualismo» della riforma previdenziale: virtù o «furbizia»? Negli ultimi quindici anni, l’Italia ha approvato – non senza contrasti e lacerazioni – ben quattro importanti riforme previdenziali (le riforme: Amato del 1992, Dini del 1995, Prodi del 1997 e Berlusconi del 2004). Eppure si torna a parlare della necessità di una ulteriore riforma e l’incertezza pensionistica continua ad agitare i sonni degli italiani. Che si tratti della preferenza degli italiani per il gradualismo anziché per le «docce fredde», oppure dell’attitudine nostrana ad approvare le riforme sulla carta, per poi disattenderne, o rinviarne l’applicazione, non fa molta differenza: in entrambi i casi, le riforme rischiano di perdere di credibilità ancora prima di acquistare efficacia.

Welfare

Immigrazione e welfare State in Italia

di Luca Einaudi

La crescita dell’immigrazione in Italia è stata alternativamente demonizzata o, al contrario, invocata come la salvezza del paese dalla catastrofe demografica e dalle sue implicazioni lavorative, fiscali e pensionistiche. In realtà l’immigrazione è un fenomeno complesso che modifica tutte le variabili economiche e sociali sia dei paesi di destinazione che di quelli di origine, e si presta male ad analisi semplicistiche o ideologiche.

Welfare

Democrazia, consenso e Stato sociale

di Valentino Larcinese

Il modello sociale europeo viene spesso rappresentato come un fortino assediato. La globalizzazione e la concorrenza dei paesi emergenti ne esporrebbero la natura disincentivante e l’incapacità di competere sulla scena internazionale. I cambiamenti demografici e l’invecchiamento della popolazione lo renderebbero insostenibile, mentre i costi crescenti e gli sprechi lo renderebbero indesiderabile agli occhi di una classe media sempre più attratta da soluzioni privatistiche e di mercato. Questo è, quanto meno, il quadro che alcuni circoli accademici e buona parte dei mass media tendono a dipingere.

Strategia di Lisbona

Dall'economia della conoscenza ad una società della conoscenza

di Melina Decaro

Il contesto della decisione del Consiglio europeo della primavera del 2000, che ha lanciato la Strategia di Lisbona, è noto. L’ultimo decennio del XX secolo si è chiuso con la fase ciclica fortemente espansiva negli Stati Uniti, mentre l’economia europea rallentava. Il rilancio politico del processo di integrazione europea, con l’obiettivo di creazione della Unione monetaria, ha fatto prevalere le ragioni dei vincoli rispetto alla cultura della crescita, per le difficoltà del processo di convergenza dovute ad alcuni squilibri nei fondamentali macroeconomici e alle politiche monetarie e fiscali diversamente orientate nei paesi membri. Lisbona è simbolicamente al confine d’Europa sull’Atlantico, vede «oltre» l’Unione e si confronta con il mondo in modo strategico, proponendosi per il 2010 come una economia basata sulla conoscenza, la più competitiva del mondo, con un più elevato tasso di occupazione e un rapporto tra investimenti in ricerca e sviluppo e PIL non inferiore al 3%.

Strategia di Lisbona

Con o senza Lisbona: le riforme difficili

di Maria Joao Rodrigues

In questo articolo, dopo aver fatto qualche brevissimo commento sulla vicenda della Strategia di Lisbona nel suo complesso, si cercherà di dare un senso di prospettiva rispetto a quanto sta avvenendo oggi nell’Unione europea a questo riguardo. Ci si concentrerà infine sull’agenda delle riforme.

Lo scopo dell’Agenda di Lisbona è di preparare l’Europa alla globalizzazione e ciò significa partire dall’assunto che ci si trova in una fase nuova dell’integrazione europea, durante la quale sarà essenziale andare avanti con il Mercato unico, rafforzare l’Unione economica e monetaria, ma sarà anche necessario andare oltre, riformando le istituzioni europee e adeguando l’Unione europea alla globalizzazione. È questa la finalità generale dell’Agenda di Lisbona.
Strategia di Lisbona

Perché l'economia europea non riesce a essere la più dinamica del mondo

di Stefan Collignon

Tra le riforme strutturali oggi necessarie all’Europa, una prevale su tutte e riguarda l’interazione tra policy-making e democrazia. Per mettere in luce il legame che esiste tra efficienza economica e democrazia, indicherò prima le ragioni dell’insuccesso della strategia di Lisbona e spiegherò come tale insuccesso sia connesso con il quadro della politica macroeconomica dell’area dell’euro. Infine indicherò una prospettiva di cambiamento istituzionale.

Strategia di Lisbona

Commercio, globalizzazione e Agenda di Lisbona

di Fredrik Erixon

Oggi l’Europa costituisce la principale area commerciale del mondo. Anche senza tenere conto dei flussi commerciali tra gli Stati membri dell’Unione, il volume degli scambi europei è notevolmente superiore a quello degli Stati Uniti e della Cina. L’allargamento dell’Unione da quindici a ventisette membri nel giro di pochi anni e, soprattutto, la crescente fiducia nelle attività commerciali (misurata sulla base del rapporto scambi commerciali-PIL) hanno favorito le attività di importazione ed esportazione, portando l’Europa ad una posizione di vertice in questo campo.

Strategia di Lisbona

La direttiva sui servizi nel mercato interno

di Marco Giorello

La direttiva 123/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno (la cosiddetta «direttiva servizi»), recentemente adottata ed entrata in vigore lo scorso 27 dicembre 2006,1 dovrà essere trasposta negli ordinamenti nazionali dei ventisette Stati membri dell’Unione entro tre anni, vale a dire entro la fine del 2009 al più tardi.

Francia

Dopo le elezioni presidenziali francesi: che cosa c'è in serbo per l'Europa?

di Pierre Moscovici

L’elezione di Nicolas Sarkozy, lo scorso 6 maggio, è stata accolta con sentimenti contrastanti nelle capitali e nelle istituzioni europee. C’è ovviamente una buona dose di sollievo per l’uscita di scena – finalmente – di Jacques Chirac dopo dodici anni di permanenza all’Eliseo. Chirac lascia in eredità una Francia isolata e chiusa in se stessa, la cui influenza politica in Europa e a livello globale si è terribilmente logorata. Mentre già comincia a depositarsi la polvere sulla vittoria di Sarkozy, nelle capitali europee i politici stanno valutando che cosa potrà significare la sua presidenza per la Francia e per l’UE.

Francia

Breve introduzione all'economia politica del sarkozysmo

di Benjamin Coriat

Che cos’ha in mente per la Francia il neoeletto presidente Nicolas Sarkozy? Dopo una campagna elettorale condotta a tamburo battente intorno a «valori» annunciati e rivendicati come di destra, a quali ripiegamenti, o – per usare il linguaggio che gli è stato costantemente proprio nel corso di questi ultimi mesi – a quali «rotture» prepara la società francese? Inoltre, quali conseguenze per la UE dobbiamo aspettarci da questa elezione? Che visione ha il nuovo presidente della presenza francese in Europa, e quale ruolo auspica per l’Europa stessa nel mondo? Intorno a tali interrogativi, la lunga e intensa campagna presidenziale appena conclusasi consente, se non di dare risposte, almeno di fissare alcuni punti di riferimento.

Proliferazione nucleare

Intenti originari e difficoltà attuali del TNP

di Marilena Gala

Il Trattato di non-proliferazione nucleare (TNP) è uno degli accordi internazionali che registra il più alto numero di adesioni. È stato firmato, infatti, da tutti i paesi del mondo salvo India, Israele e Pakistan, mentre la Corea del Nord ne ha ripudiato il dettato nel 2003. Quando venne concluso, il 1° luglio 1968, dopo lunghe discussioni fra quanti erano fautori di una sua durata indefinita e coloro che invece ne chiedevano una validità limitata nel tempo, all’articolo X fu stabilito che, passati venticinque anni dall’entrata in vigore, sarebbe stata convocata una conferenza per decidere se il Trattato dovesse essere prorogato indefinitamente, o soltanto per un determinato periodo di tempo.1

Proliferazione nucleare

Il TNP è ancora in vigore?

di Ferdinando Salleo

Il disordine che prevale oggi nella società internazionale trova nella proliferazione delle armi nucleari – in realtà di tutte le armi di distruzione di massa, di cui quelle nucleari sono il capitolo più temuto – un potente generatore di inquietudine, che alimenta le contrapposizioni tra gli Stati e la geometria variabile delle intese, di quelle di dissuasione come di diffusione. Lo scenario mondiale è sempre più caratterizzato dalla mobilità dei fattori politici, economici, culturali, sociali e strategici dei diversi Stati nel gioco dell’equilibrio delle forze e della riaggregazione, suscitato dall’assetto multipolare.

Proliferazione nucleare

Contenimento e confronto: come affrontare l'Iran

di Joseph Cirincione e Andrew Grotto

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha intimato all’Iran di sospendere tutte le attività di arricchimento dell’uranio a partire dal 24 maggio 2007. Il mancato rispetto della risoluzione ONU, per la terza volta da parte dell’Iran, dimostra la determinazione di Teheran a portare avanti il proprio programma nucleare. È necessario che il Consiglio di sicurezza reagisca alla sfida iraniana in modo deciso, per ottenere il rispetto della legalità internazionale e assolvere al mandato previsto dalla Carta delle Nazioni Unite di promuovere la pace e la sicurezza internazionale.

Proliferazione nucleare

Proliferazione nucleare: l'Europa e il rapporto transatlantico

di Giovanni Gasparini e Raffaello Matarazzo

La politica di non-proliferazione dell’Unione europea è basata sul rafforzamento del sistema di accordi multilaterali e delle istituzioni a esso preposte. Per l’UE la non-proliferazione è un obiettivo fondamentale che va perseguito indipendentemente dalla natura politica del paese proliferatore. Gli europei attribuiscono un valore strategico al concetto di deterrenza e di contenimento attraverso sanzioni e ispezioni internazionali, e ciò spiega l’interesse secondario che essi manifestano per attivi sistemi di difesa.

Proliferazione nucleare

Proliferazione nucleare: il caso della Corea del Nord

di Sandro Sideri

La stabilità geopolitica dell’Asia nordorientale dipende in modo cruciale dall’evolvere della situazione nella penisola coreana e, particolarmente, dal comportamento della Corea del Nord. Per sopravvivere, Pyongyang ha bisogno non solo della crescita economica, ma anche di un deterrente per dissuadere chi vuol procedere al «cambio di regime». La costruzione di questo deterrente assorbe risorse e suscita apprensione nei paesi vicini. Infatti, il programma nucleare nordcoreano ha alterato e complicato gli incerti equilibri regionali e ha contribuito al collasso dei controlli internazionali che per decenni hanno permesso di contenere la diffusione delle armi nucleari.

Lombardia

Italianieuropei a Milano

di Carlo Cerami

La sensazione prevalente tra gli abitanti della grande regione urbana milanese che osservano la politica è quella di una sostanziale estraneità rispetto ai temi e ai problemi che li interessano e che riguardano la sfera pubblica. Nel campo progressista in questi anni è prevalsa una lettura negativa di Milano. Come se la città si fosse fermata, avesse spento i motori e proceduto per inerzia e con rassegnazione. Eppure da tempo tutte le indagini sottolineano lo straordinario dinamismo degli operatori economici, industriali e finanziari di questa parte del paese, la loro propensione a misurarsi con i fenomeni mondiali della globalizzazione in termini competitivi e competenti (si pensi alle grandi fusioni bancarie recentemente avvenute).

Lombardia

Ripensare Milano e il suo governo

di Mauro Magatti

L’origine dei problemi che affliggono Milano è la sua incapacità di pensarsi. Un’incapacità che, mai come oggi, pesa sul futuro del capoluogo lombardo. Tutti sappiamo che la Milano del XX secolo (non solo la metropoli operaia e industriale degli anni Sessanta, ma anche la città spensierata e terziarizzata degli anni Ottanta) non c’è più. Troppi cambiamenti si sono accumulati. Tuttavia, cambiare pelle non è mai facile e l’elaborazione del lutto è sempre sofferta e laboriosa. Non a caso, il periodo a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta ha rappresentato una fase di sbandamento, dov’è parso che Milano fosse sul punto di perdere se stessa.

Lombardia

Milano capitale del design italiano

di Arturo Dell’Acqua Bellavitis

A trent’anni dalla mostra newyorkese «The New Domestic Landscape», che riconosceva al prodotto industriale italiano la leadership internazionale, il design italiano resta un’eccezione nel quadro della cultura del progetto, imperniata intorno a modelli corali come quello tedesco o quello scandinavo, basati l’uno su una solida cultura industriale e l’altro intorno agli ideali della socialdemocrazia. Lontano dai teoremi e dai modelli di scuola, il design italiano si inventa fuori dalle istituzioni, sul campo, nel contesto di un paese che sulla carta sembrava essere il meno adatto per il successo. Talvolta, però, essere gli ultimi della classe può essere un vantaggio da spendere sul mercato della competizione internazionale.

Lombardia

La questione settentrionale, un'occasione mancata per la sinistra italiana

di Luciano Pizzetti

Le recenti elezioni amministrative, dal nettissimo significato politico, hanno ridato vigore alla mai sopita questione settentrionale. Questo è avvenuto sia dal lato strutturale – l’insufficiente accompagnamento del dinamismo della società da parte delle istituzioni pubbliche – sia come fattore politico – nel senso di un ispessimento del diaframma che da diversi decenni separa i partiti del centrosinistra dai ceti sociali che si riorganizzano al di sopra del Po. Le elezioni hanno quindi girato la clessidra politica riposizionandola alla fine degli anni Ottanta.

Le idee

Le privatizzazioni in Italia e il ruolo dello Stato. Un bilancio e qualche prospettiva

di Emilio Barucci

Il binomio privatizzazioni-liberalizzazioni rappresenta un meta-tema che ha catalizzato buona parte del dibattito di politica economica negli ultimi venti anni. Esso vede contrapposti l’intervento dello Stato da una parte, il ruolo del mercato e della proprietà privata dall’altra, benché questa rappresentazione antitetica porti con sé il rischio di semplificazioni e di luoghi comuni. Il tema non è nuovo, ma qualcosa, ultimamente, è cambiato. Fino a venti anni fa non avremmo esitato a definire di «destra» i fautori del mercato, avremmo anche trovato una netta maggioranza della classe dirigente del paese in favore di un intervento diretto dello Stato: la costituzione economica del paese aveva le sembianze di una economia mista; allo Stato, dunque, si attribuiva il ruolo di fornitore di alcuni servizi essenziali, di imprenditore in settori produttivi nevralgici e, in alcuni frangenti, di datore di lavoro di ultima istanza.1

Archivi del riformismo

In memoria di Juan Carlos Portantiero. Note sulla diffusione del pensiero di Gramsci in America Lati

di Alberto Filippi
Lo scorso 9 marzo a Buenos Aires è morto all’età di settantatre anni uno degli intellettuali più rilevanti e influenti della sociologia e del socialismo nell’America Latina della seconda metà del secolo scorso. Maestro di varie generazioni di sociologi e politologi, sia in Argentina, nella sua università di Buenos Aires, dove negli anni Novanta è stato il preside della facoltà di sociologia, così come nelle varie sedi delle facoltà di Scienze sociali nei diversi paesi dell’America Latina e anche in Messico, dove fu esiliato durante gli anni del regime della Junta Militar.