I nodi di Israele, tra estremismi e offerte europee

Written by Maria Grazia Enardu Monday, 07 July 2014 15:46 Print
I nodi di Israele, tra estremismi e offerte europee Foto: Paolo Cuttitta

La drammatica vicenda dei tre ragazzi israeliani rapiti e assassinati e della successiva uccisione del giovane palestinese rappresenta un nuovo episodio nelle tormentate relazioni israelo-palestinesi, dopo il collasso dei negoziati condotti dal segretario di Stato americano Kerry. Gli eventi hanno anche messo in luce come il governo israeliano sia stretto in una morsa fra le forze radicali che ne fanno parte e le pressioni internazionali per un ripristino dei confini ante 1967.


La tragica vicenda del sequestro dei tre ragazzi israeliani, rapiti e uccisi nel West Bank, ha avuto inizio alcuni mesi fa, con il collasso dei negoziati tra israeliani e palestinesi condotti dal segretario di Stato Kerry. La trattativa poggiava sull’impegno degli israeliani a liberare gruppi di prigionieri (tre andati a buon fine, ma non il quarto) e dei palestinesi a non chiedere di entrare in organismi internazionali.

Il governo Netanyahu, che include forti e determinanti componenti di destra estrema, a causa di difficoltà interne ha rinviato e poi annullato la liberazione dell’ultimo gruppo. Il presidente palestinese Abu Mazen, preso tra due fuochi, ha chiesto l’ingresso in ben quindici agenzie internazionali. Subito dopo Kerry ha annunciato l’interruzione del negoziato e, off the record, ha criticato fortemente Israele, anche perché la crescita degli insediamenti, in varie modalità, non è mai cessata.

Poche settimane dopo un insieme di sviluppi ha complicato il quadro. Si è definita l’intesa fra OLP e Hamas per formare un governo unitario e soprattutto indire elezioni entro sei mesi, con enorme sorpresa di Israele, che ha reagito negativamente, nonostante Abu Mazen avesse rassicurato tutti, e non solo Israele, che Hamas si sarebbe allineata alle posizioni dell’OLP, compreso il riconoscimento di Israele e la rinuncia al terrorismo.

Intanto si aggravavano le condizioni di centinaia di prigionieri palestinesi in sciopero della fame contro la detenzione amministrativa senza processo. Il governo ha risposto lanciando un disegno di legge per rendere legale la nutrizione forzata.

In questo scenario è letteralmente piombato il rapimento dei tre ragazzi israeliani, vicino a quella che è la città più difficile del West Bank, Hebron, dove da sempre si confrontano con violenza arabi ed ebrei. La città delle Tombe dei Patriarchi, venerati da tutti, non è affatto luogo di unità ma di rivendicazione esclusiva anche delle lontane origini, cioè di Abramo, padre di Ismaele (arabi) e Isacco (ebrei). Nel 1929 vi furono disordini sanguinosi contro gli ebrei e sempre lì, anzi dentro il complesso delle Tombe, nel 1994 il medico colono Baruch Goldstein compì una strage nella parte delle Tombe riservata ai musulmani. Hamas come risposta avviò una campagna di bombe, come se l’aver violato quella labile connessione avesse rotto ogni argine.

Il rapimento dei ragazzi è durato diciannove giorni, cifra cui alcuni commentatori hanno attribuito un significato, come la durata della guerra del Kippur, altro fallimento che ha segnato Israele. Rastrellamenti, perquisizioni, arresti hanno sconvolto la vita dei palestinesi dell’area, ma oggi sappiamo che la ricerca dei ragazzi era in realtà la ricerca dei loro corpi. La telefonata alla polizia, con cui uno di loro aveva cercato di dare l’allarme, si chiudeva con il chiaro rumore degli spari. Circostanza che è stata tenuta segreta a lungo, mentre il governo ripeteva che stavano facendo di tutto per trovarli – vivi. Un’inutile speranza in cui si sono mosse le tre madri nello sforzo di reclutare sostegno e appoggi anche internazionali.

Particolarmente dolorosa la scena che si è svolta a Ginevra, nella sede dell’agenzia ONU per i diritti umani. Israele, da anni, è assai impopolare in questi luoghi, il rimprovero dell’occupazione è continuo e prende diverse forme. L’appello è letteralmente caduto nel vuoto anche perché, e l’opinione pubblica israeliana non valuta mai questi fattori nel loro pieno significato, nelle settimane precedenti almeno cinque ragazzi palestinesi erano stati uccisi dall’esercito israeliano durante dimostrazioni. Ma in Israele la freddezza internazionale, o la tiepida solidarietà espressa con parole di facciata è stata intesa come accettazione di un atto terroristico, da subito attribuito ad Hamas, non come rimprovero anche agli occupanti per una situazione che degenera.

Pare che l’assassinio dei tre ragazzi sia stato compiuto dalla fazione di un clan di Hebron noto per essere irriducibile e ribelle a tutti, anche alla leadership di Hamas, ma questo aspetto si perde nelle accuse e nelle reazioni, come il rapimento e l’assassinio di un ragazzo palestinese, attribuito ad ambienti estremisti ebraici.

Il governo è spaccato, anche perché da Gaza arrivano sia razzi sulle città israeliane sia segnali di ricerca di una tregua. Hamas è chiusa in una morsa, egiziana oltre che israeliana, e cerca una via di uscita dal vicolo in cui il rapimento l’ha cacciata. Metà governo israeliano vuole una forte reazione, l’altra metà non condivide, come anche – pare – gli alti gradi dell’esercito, preoccupati di un’escalation disperata.

Rapimento e reazione segnano anche un punto particolarmente basso dei rapporti tra Israele e il mondo, che coincide con la decisione di molti Stati membri dell’Unione europea di informare i propri cittadini dell’illegittimità – e del connesso rischio economico – di investimenti nei Territori occupati, nel Golan e a Gerusalemme Est. L’UE butta però tutto il suo peso in una lettera del suo ambasciatore in Israele: se Israele e Palestina concluderanno un vero accordo di pace – sicura, sostenibile, irreversibile – avranno accesso a una partnership speciale privilegiata, come Svizzera e Norvegia.

Il governo è preso in una tenaglia, tra quelle forze politiche radicali e decise a tutto per non cedere un metro dei Territori e le offerte internazionali, che però presuppongono un negoziato sulla linea ante 1967. Netanyahu, che per due volte ha creato una coalizione di destra ed estrema destra tagliando fuori gli elementi moderati, non ha al momento molta scelta.

 


Foto: Paolo Cuttitta