La Romania in bilico

Written by Raffaello Matarazzo Friday, 03 August 2012 14:52 Print
La Romania in bilico Foto: Lucian Crusoveanu

Il 29 luglio scorso si è tenuto in Romania un referendum per ratificare la sospensione del presidente Traian Basescu votata all’inizio del mese dal Parlamento. Mancando il quorum del 50% dei votanti, il referendum è stato dichiarato nullo e lo scontro tra il presidente e il primo ministro Victor Ponta rimane irrisolto, lasciando il paese in una situazione di stallo politico e di incertezza circa il rispetto delle garanzie democratiche.

 

«Fermatevi!» e «Calmate gli spiriti»: il lapidario appello lanciato due giorni fa dal primo quotidiano romeno “Adevarul” a tutta la classe politica affinché metta fine a una delle peggiori crisi istituzionali dalla caduta della dittatura di Ceausescu nel 1989, la dice lunga sul clima di esasperazione che attraversa il secondo paese più povero d’Europa.

Lo scontro al vertice tra il primo ministro socialista Victor Ponta, 39 anni, che da maggio guida di una coalizione di sinistra-centro (in seguito a un cambio della maggioranza parlamentare) e il presidente (dal 2004) Traian Basescu, 61 anni, ex comandante di marina e alla guida di cangianti coalizioni, sta avvitando la crisi economica della Romania e potrebbe allontanare il prestito di 26 miliardi di euro promesso da UE, FMI e Banca mondiale.

Il monito dell’Unione europea

L’ultimo atto di guerra è stato il referendum di domenica 29 luglio per l’impeachment di Basescu, che tuttavia non ha raggiunto il quorum del 50% dei votanti e dunque è stato dichiarato nullo. Il referendum, cui ha partecipato il 45,9% degli aventi diritto (in larghissima maggioranza pronunciatisi a favore della destituzione del presidente) doveva ratificare la sospensione di Basescu votata il 6 luglio da un’ampia maggioranza parlamentare (256 voti su 432, con 114 contrari e un solo astenuto) con l’accusa di “abuso di potere” e “violazione della Costituzione”.

Approvata negli anni immediatamente successivi alla caduta di Ceausescu e ispirata al modello semipresidenziale francese, la costituzione romena è tuttavia abbastanza ambigua sulla divisione dei poteri tra presidente e primo ministro. La Corte costituzionale, del resto, in un parere consultivo aveva riconosciuto alcune irregolarità nell’azione politica di Basescu, ma non tali da costituire una violazione della Costituzione. La stessa Corte ha poi convalidato la destituzione del presidente conservatore da parte del Parlamento, ma al tempo stesso ha dichiarato incostituzionale una legge approvata dallo stesso Parlamento che limita le sue prerogative.

La crescente aggressività della nuova maggioranza nei confronti della Corte ha indotto la Commissione europea a intervenire, manifestando “seria preoccupazione” per il degrado del confronto democratico nel paese e presentando una lista di undici punti da chiarire da parte del governo: dal rispetto dell’autonomia del potere giudiziario a quello degli equilibri costituzionali e delle garanzie democratiche. Alla vigilia del referendum il Parlamento aveva infatti anche cercato di abolire il quorum del 50% (reintrodotto dalla Corte lo scorso aprile tra varie proteste) necessario a convalidarne il risultato.

Austerity

L’esito del referendum del 29 luglio, anziché chiarire la situazione, la incancrenisce ulteriormente. Basescu è, infatti, reintegrato nelle funzioni di presidente della Repubblica ed è ora animato da un sentimento di rivalsa. Non è poco, in un paese in cui il processo decisionale è poco trasparente e il ruolo dei servizi segreti ancora molto invasivo.

L’accelerazione del primo ministro Ponta nel lanciare l’impeachment sembra sia stata motivata anche da un’accusa di plagio della sua tesi di dottorato (conseguita, peraltro, presso l’Università di Catania), che potrebbe rivelarsi politicamente molto corrosiva, soprattutto in vista delle elezioni politiche di novembre.

Basescu, invece, eletto a suffragio universale per la prima volta nel 2004, già sopravvissuto a un primo referendum per impeachment nel 2007 (quando non vigeva ancora il quorum) e rieletto nel 2009, controlla un partito (PDL) uscito molto indebolito dalle elezioni amministrative.

La sua popolarità ha, infatti, subito un brusco calo nel 2010 a causa delle misure di austerity più severe di tutta l’Unione (per cercare di ottenere i sussidi internazionali): taglio del 25% agli stipendi del settore pubblico, allungamento dell’età pensionabile, aumento dell’IVA di 5 punti, dal 19 al 24%. Scelta che si è tradotta in una riduzione dello 0,5% del PIL che, nel 2010, si è attestato a -1,3%. A complicare le cose c’è la corruzione che, come ha rilevato un rapporto reso noto poche settimane fa dalla Commissione europea, rappresenta una pesantissima ipoteca sullo sviluppo. L’ufficio nazionale di statistica ha inoltre recentemente confermato che il paese è entrato in recessione. Per il secondo trimestre consecutivo, infatti, l’economia ha ceduto lo 0,1%, dopo il -0,2% dell’ultimo trimestre del 2011.

Appuntamento a novembre

L’attuale stallo politico non sarà dunque sostenibile a lungo. Mentre alcuni falchi della maggioranza non escludono il ricorso a un nuovo referendum contro il presidente a settembre, quando le condizioni climatiche potrebbero rendere più agevole l’affluenza alle urne, la macchina elettorale per le politiche di novembre è già avviata. Il giovane Ponta potrebbe in quell’occasione fare le spese del fallito impeachment di mezza estate e delle accuse di plagio del suo dottorato. Oppure, al contrario, potrebbe ottenere una consacrazione popolare della sua leadership politica grazie al consolidamento della sua maggioranza. Molto dipenderà da come riuscirà a gestire il muro contro muro che rischia di paralizzarlo. Molto dipenderà infine dai rapporti con l’Unione europea, i cui orientamenti hanno ancora grande influenza sull’opinione pubblica romena e che certamente non abbasserà la guardia sul rispetto delle garanzie democratiche. Con tutte le parti politiche.

 

 


Foto: Lucian Crusoveanu

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