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Europa e guerra in Ucraina. Presentazione Italianieuropei 2/2022

Giovedì 30 giugno alle ore 18:00, la Fondazione Italianieuropei ha organizzato la presentazione dell'ultimo numero della rivista Italianieuropei in un incontro in diretta streaming dal titolo "Europa e guerra in Ucraina"

Articoli del numero 1/2022

Del numero 1/2022 di Italianieuropei sono disponibili integralmente gli articoli di Roberto Speranza, Guido Rasi, Antonella Viola, Giorgio Prodi e Romano Prodi, Giuseppe Rao.



 

L’esperienza italiana nella lotta al Covid. La Cina e il mondo. Italianieuropei 1/2022

L’esperienza italiana nella lotta al Covid. La più grave emergenza sanitaria degli ultimi decenni ha colpito duramente e tra i primi il nostro paese, che pur a fronte di una minaccia sconosciuta e imprevedibile ha saputo reagire rapidamente e con efficacia grazie anche ad alcuni punti di forza di cui ha riscoperto il grande valore, a cominciare dalle eccellenze della ricerca e del Sistema sanitario nazionale.

La Cina e il mondo. Sia che si guardi ai successi in ambito commerciale e tecnologico o alla proiezione che Pechino esercita attraverso la sua influenza culturale, sia che si decida di soffermarsi sui rapporti che il paese intrattiene con i paesi vicini dell’Estremo Oriente sia con l’Europa e con l’Africa, sempre più chiaramente emerge la rinnovata centralità della Cina nelle dinamiche economico-politiche globali.

Tra la Cina e gli Stati Uniti c’è l’Europa?

La lunga rincorsa della Cina nei confronti degli Stati Uniti è ormai una sfida aperta. Secondo le statistiche del Fondo monetario internazionale, il reddito pro capite cinese non è nemmeno paragonabile a quello americano e il totale del PIL cinese non ha ancora raggiunto quello degli Stati Uniti. Se invece ragioniamo in termini di parità di potere d’acquisto, il gigante asiatico è ormai vicino a un quarto del totale mondiale (24,2%) mentre gli Stati Uniti si fermano al 15,9%.
Ancora più significativi sono i dati del commercio estero. In questo campo il deficit americano ha toccato col tempo le cifre inquietanti che hanno spinto il presidente Trump a imporre la politica del riequilibrio commerciale come priorità assoluta. Obiettivo non facile da raggiungere almeno per due motivi: il primo è che il deficit commerciale degli Stati Uniti è lievitato per effetto di decisioni macroeconomiche interne, cioè per il forte squilibrio tra le entrate e le uscite del bilancio pubblico.

 

L’Asia oltre la grande muraglia

La politica estera di Pechino viaggia insieme a quella interna, soprattutto si muove in sincronia. Entrambe ovviamente marciano su binari paralleli, ma ora alla stessa velocità. L’andamento delle relazioni internazionali non è più soltanto strumentale perché ha acquisito forza e direzione. Il tragitto è unico, le traversine distanziate con criterio, ma lo chemin de fer offre vantaggi reciproci: per la prima volta dalla nascita della Repubblica Popolare, i due versanti della politica procedono congiuntamente. Si tratta di una novità sostanziale, dagli effetti dirompenti e imprevedibili, strategicamente comprensibile, pericolosamente impegnativa.
La Cina ha preso iniziative concrete che la proiettano fuori dai propri confini, o almeno da quelli che si pensava fossero immutabili. Lo ha fatto per una serie di motivi complessi, la cui reductio ad unum è semplice nella sua linearità: il paese intende riscuotere i dividendi politici dei suoi successi economici.

 

Il soft power secondo Pechino

Ci sono ben tre diverse traduzioni in cinese del termine soft power, importato agli inizi degli anni Novanta dagli Stati Uniti, quando il politologo americano Joseph Nye venne ripetutamente invitato in Cina a spiegare il senso di quel concetto che affascinava i dirigenti di un paese alle prese con uno dei momenti peggiori per la sua immagine mondiale. La repressione delle manifestazioni di Tiananmen nel 1989 aveva distrutto nel giro di poche ore il credito che la Cina di Deng Xiaoping si era conquistato. Condannata dall’opinione pubblica internazionale che nelle prime dirette televisive mondiali aveva potuto seguire incredula l’intervento dell’esercito contro una popolazione inerme, la Cina era isolata. Deng, fragile nella vecchiaia ma determinato a non rimanere inerte davanti allo sfaldarsi della sua opera, tre anni dopo fu in grado di rilanciare l’economia, di far accettare ai più scettici conservatori del Partito comunista cinese la necessità di ritornare attraenti per gli investimenti esteri, di far ripartire la macchina dello sviluppo.

 

Cina-Usa: tecnologie emergenti, supply chains e nuovo ordine mondiale

La competizione asimmetrica. Cina-Stati Uniti Joe Biden giudica l’entrata della Cina nel WTO – è stato ricordato sul “New York Times” – «uno dei maggiori disastri geopolitici ed economici della storia». Nel 2001 prima Bill Clinton e poi George W. Bush si erano mostrati favorevoli, con il retropensiero che l’apertura al commercio internazionale avrebbe determinato l’implosione del sistema politico cinese. Pechino viene ammessa, mantenendo asimmetrie su costo del lavoro, obblighi per le imprese straniere di joint venture con aziende locali e di trasferimenti tecnologici, divieti di svolgere attività in settori ritenuti strategici dalla Cina. L’Occidente, pago del vantaggio costituito dalle produzioni a basso costo e dal facile accesso al mercato indigeno, sottovaluta la leadership cinese che, a partire da Deng Xiaoping, si è progressivamente posta l’obiettivo di conseguire l’autonomia tecnologica e di diventare la maggiore potenza industriale del pianeta.

 

Verso obiettivi comuni: l’evoluzione delle relazioni Cina-Africa nel XXI secolo

Nel gennaio 2022, il ministro degli Affari esteri cinese Wang Yi ha intrapreso la consueta visita in Africa per inaugurare il nuovo anno diplomatico, una tradizione che risale al 1991, quando la Cina riformulò la sua strategia verso il continente. Il tour del ministro Wang Yi, con destinazioni Kenya, Eritrea e Isole Comore, si è focalizzato sul Corno d’Africa e la costa orientale del continente. Questa scelta è riconducibile a due principali obiettivi, cioè sottolineare l’importanza di questa regione per lo sviluppo della Belt and Road Initative (BRI) – la cui tratta marittima passa per il Kenya e il Golfo di Aden – e confermare la centralità dell’Africa per la politica estera cinese.
Dalla fine del XX secolo i rapporti Cina-Africa sono stati segnati da varie evoluzioni. Da un lato vi è l’aumento della richiesta di fondi per lo sviluppo in Africa.

 

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