Mattia Granata

Mattia Granata

storico, Università di Milano.

Economia sociale, economia reale

La crisi economica ha riportato l’attenzione sulle anomalie dei mercati tradizionali e ha riaperto il dibattito sull’economia sociale e sulla sua capacità di coniugare le esigenze di produttività con quelle della società. Tra mondo cooperativo, nuovo welfare e Big Society, si delineano i tratti di una riflessione ormai imprescindibile.

Partecipazioni statali e cultura del mercato

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, la parabola delle partecipazioni statali attraversò almeno due fasi. La prima, che sarebbe durata fino alla fine degli anni Cinquanta, fu la cosiddetta fase “aurea”, nel corso della quale la tendenza prevalente del maggiore partito di governo fu di non intervenire direttamente nel controllo delle partecipazioni statali. La seconda fase, che ebbe inizio parallelamente alla nascita del centrosinistra, fu invece caratterizzato da un maggiore interventismo economico. Fu questo l’inizio di un declino che avrebbe condotto al forte discredito delle partecipazioni statali.

Cooperazione e politica: un modello interpretativo

Il 15 aprile scorso duemila cooperatrici e cooperatori di tutta Italia entravano nella rinnovata Scala di Milano ad assistere al concerto promosso dalle Associazioni delle cooperative di produzione e lavoro della Legacoop, per rendere omaggio alle imprese che avevano contribuito in modo fondamentale al restauro del Teatro simbolo di Milano e del paese. Quando pochi mesi dopo l’Unipol annunciava la sua OPA sull’ex Istituto nazionale di credito per la cooperazione, pareva aprirsi la porta di un altro «salotto buono». Sono solo alcuni dei numerosi segni, tanto simbolici quanto concreti, che testimoniano la solidità e la maturità che questo «sistema» di imprese ha raggiunto. Non bastassero queste certezze, vi sono i dati che confermano come esso da solo, con i suoi soci e il suo milione di addetti, contribuisca per l’8% al PIL nazionale.

Riformismo e welfare. A proposito di Ezio Vigorelli e di un «piano Beveridge italiano»

L’economista e premio Nobel Amartya Sen, introducendoun suo recente saggio incentrato sullo studio dei nessi tra libertà individuale e impegno sociale, ha efficacemente messo in luce l’esistenza dello storico conflitto sussistente tra «l’impegno sociale verso i deboli e la prudenza economica dettata dal conservatorismo finanziario». Tale conflitto: «(…) È fondamentale per la politica sociale ed economica contemporanea e (…) assume una particolare rilevanza nel dibattito politico corrente in Europa.

 

Riformismo mancato e «libertà di mercato». Sulle vicende della Commissione d'inchiesta antitrust

Sul finire degli anni Settanta, ripercorrendo l’evoluzione del capitalismo italiano nel dopoguerra, Guido Carli, allora presidente della Confindustria, attribuiva alla sottovalutazione del tema della concorrenza e degli strumenti più adatti a favorirne il libero dispiegarsi nei mercati uno dei fattori ritardanti significativi, che avevano segnato lo sviluppo del paese.