Il Brasile non improvvisa il suo futuro

Di Gianandrea Rossi Lunedì 13 Ottobre 2014 15:25 Stampa
Il Brasile non improvvisa il suo futuro Foto: Ogbodo Solution

Il 26 ottobre i brasiliani torneranno alle urne per scegliere chi li governerà per i prossimi quattro anni. L’alternativa è tra la presidente uscente Dilma Roussef e il candidato del PSDB Aécio Neves. Su quest’ultimo, che pure gode dell’appoggio dell’esclusa Marina Silva, pesano alcuni elementi, soprattutto la mancanza di una maggioranza parlamentare a favore.


Ancora pochi giorni prima di conoscere il volto del nuovo presidente del Brasile, che, contrariamente alle tante previsioni di analisti e sondaggisti, potrebbe non essere una donna, essendo rimasta fuori dalla competizione Marina Silva, candidata dal PSB dopo la tragica morte, lo scorso 13 agosto, del leader socialista Eduardo Campos.

Con un’affluenza che ha sfiorato l’80% dei voti, Dilma Rousseff ha ottenuto il 41,59% (oltre 43 milioni di voti), Aécio Neves il 33,55% (quasi 35 milioni), Marina Silva si è invece fermata al 21,32% (22 milioni). Dilma Rousseff ha sostanzialmente tenuto anche se, rispetto al 2010 (quando ottenne il 46,91% dei voti), perde circa 5 punti percentuali e più di tre milioni di preferenze (quattro anni fa aveva ottenuto 47,6 milioni). Aécio Neves, invece, migliora il risultato del PSDB del 2010, quando l’allora candidato José Serra aveva ottenuto il 32,61%, 33 milioni di voti. Marina Silva, guadagna invece l’1,1%, avendo ottenuto nel 2010 poco meno del 20%, ovvero circa 20 milioni di voti.

Per quanto riguarda le elezioni legislative complessivamente la coalizione che ha sostenuto Dilma Rousseff al primo turno ha conquistato una maggioranza di circa trecento parlamentari su 513, il 10% più ristretta rispetto a quella ottenuta nel 2010 (quando ottenne 337 seggi). Per quanto riguarda Aécio Neves, i partiti della sua coalizione totalizzano 98 deputati.

Relativamente ai 27 seggi del Senato in scadenza, anche se PMDB e PT perdono un seggio ciascuno, rimangono le prime forze: il PMDB oscillerà tra i 18 e i 22 seggi, a seconda degli esiti dei ballottaggi negli Stati, mentre il PT avrà tra 12 a 14.

La breve e intensa campagna elettorale per il secondo turno è già iniziata. Dopo l’uscita di scena di Marina Silva, che nelle settimane prima del voto era riuscita a occupare il centro del confronto politico (a dire il vero, la sua presenza era stata molto enfatizzata dai media, che infatti avevano sopravvalutato gli effetti della sua candidatura, obbiettivamente e necessariamente improvvisata, sullo schema consolidato di alleanze del PT, a partire dal PMDB), il Brasile mostra uno scenario politico completamente nuovo. Le urne hanno per il momento premiato la colazione uscente che, nel complesso, esce stabile dai quattro anni di governo di Dilma Rousseff, anche se con importanti segnali negativi che destano preoccupazione, come la sconfitta nello Stato di San Paolo, l’arretramento del gruppo parlamentare PT-PMDM alla Camera e l’indebolimento in alcuni Stati del Nord-Est, considerati tradizionalmente il fulcro del consenso della maggioranza di governo. Anche l’arretramento, in termini assoluti, dei voti ottenuti al primo turno – seppur non di grande rilevo – segnala comunque un certo malcontento in alcune aree del paese, come il Centro e il Sud, in cui più forti sono i disagi della nuova classe media.

Il secondo turno riporterà, così, il dibattito su una piattaforma più tradizionale, che vede il contrapporsi tra il modello Dilma (PT-PMDB) e l’alternativa PSDB-PSB. In questi termini, appare evidente che la sovrapposizione tra PSDB e PSB, nonostante le prime dichiarazioni di appoggio ad Aécio Neves da parte di Marina Silva (che del PSB non fa parte), sono destinate a non combaciare perfettamente. Già nel 2010, i 20 milioni di voti di Marina Silva, confluirono solo in parte (circa la metà), sulla candidatura di José Serra. Ad oggi è difficile prevedere quanto Aecio Neves, che di fatto ha preso gli stessi voti che prese José Serra nel 2010 al primo turno, riesca a rafforzare la sua capacità di attrazione sull’elettorato di Marina Silva. Nel 2010 Dilma vinse su Serra, conquistando oltre 8 milioni dei voti di Marina e raggiungendo quota 55 milioni; Serra, che ne raccolse oltre 10 milioni, si fermò a 43 milioni. Oggi Dilma parte da 43,2 milioni e se sarà in grado di attrarre la stessa percentuale di voti dell’elettorato di Marina Silva potrà giungere a 51-52 milioni di voti. Aécio Neves, invece, ripetendo la stessa performance di José Serra si fermerebbe a 43-44 milioni di voti. Anche nell’ipotesi più ottimista, per il candidato del PSDB il traguardo appare lontano.

Si profila dunque uno scenario in cui molto potranno giocare alcuni fattori. Da un lato il profilo innovativo di Aécio Neves (frutto, peraltro, di un processo di rinnovamento del PSDB) rispetto a Serra, che forse potrà meglio convincere alcuni elettori di Marina Silva. Dall’altro, invece, il rapporto di Aécio con un PSB che (come confermato da alcune dichiarazioni di suoi esponenti che, dopo aver votato Marina al primo turno, hanno già dichiarato il sostegno per Dilma al secondo) mantiene relazioni e legami con la coalizione di governo uscente e che potrebbe rivelarsi penalizzante per il candidato del PSDB. Infine, l’assenza di una maggioranza parlamentare PSDB-PSB, anche in caso di un’improvvisata alleanza con il PMDB (le tre sigle sfiorerebbero i duecento deputati) potrebbe dissuadere parte del ceto medio e imprenditoriale – ancora indeciso ma desideroso di stabilità – dal sostenere Aécio.

Molto sarà deciso in questi ultimi giorni di campagna elettorale, in cui il dibattito tornerà a uno schema più tradizionale di alternanza tra la continuità del modello PT-PMDB (Lula-Dilma) e una possibile alternativa – soprattutto in materia di politica economica – incentrata sul PSDB. Anche la battaglia televisiva sarà più “normale”, una poiché la suddivisione dei tempi tra Aécio e Dilma sarà questa volta uguale. Questo andrà soprattutto a favore di Aécio, i cui tempi durante la campagna del primo turno erano molto ridotti a causa della legge che li contingenta sulla base del peso elettorale delle coalizioni.

Intanto, mentre le previsioni di crescita continuano ad abbassarsi, confermando la recessione tecnica dei due ultimi trimestri (per l’anno in corso gli analisti del Banco Central indicano un’aspettativa di crescita dello 0,24%), la borsa di San Paolo, il giorno dopo il primo turno di voto, ha chiuso al tasso record di 5,7%, forse anche per celebrare la “stabilità” uscita dal voto, che individua come probabile la rielezioni di un(a) presidente con una chiara maggioranza parlamentare di governo. Segnali contrastanti di un paese dalla ormai solida tradizione democratica che sta scegliendo il proprio futuro.

 


Foto: Ogbodo Solution