Il laboratorio ucraino

Di Stefano Polli Giovedì 06 Marzo 2014 16:58 Stampa
Il laboratorio ucraino Foto © maksymenko.com.ua

La crisi in Ucraina rappresenta per le potenze coinvolte – Stati Uniti, Russia e Unione europea – un test importante per definire quali saranno gli assetti internazionali futuri. Non si tratta tanto di un ritorno alla guerra fredda, quanto di una svolta cruciale della storia, che ancora una volta ha luogo in Crimea.


La crisi ucraina è il laboratorio dei futuri assetti geopolitici globali. È sicuramente il banco di prova più duro e complesso per la comunità internazionale da molto tempo a questa parte e proprio per questo saggerà’ la forza, la capacità e lo spessore degli attori mondiali di fronte alle sfide di inizio millennio.

Gli Stati Uniti sapranno mantenere il loro status di unica super potenza rimasta? La Russia di Putin può davvero sedere nel consesso internazionale o le tentazioni imperialistiche la porteranno all’isolamento internazionale? L’Europa riuscirà finalmente a crescere e a guardare al di là dell’orizzonte del 3% e diventare un punto di riferimento politico globale a tutto tondo?

Dalla crisi ucraina potranno arrivare risposte a queste domande che rimangono sospese da molti anni e si trascinano nelle incertezze del mondo post guerra fredda.

Parlare di un ritorno alla guerra fredda non ha però senso se non altro perché Mosca oggi è un partner a tutti gli effetti di quello che una volta si chiamava Occidente. E la Russia proprio quest’anno ha la presidenza di turno di quel G8 il cui vertice, previsto a giugno a Sochi, è adesso messo in dubbio dagli ultimi eventi ucraini.

La sfida tra Putin e la comunità internazionale – con l’eccezione della Cina, ancora una volta al fianco della Russia in una crisi internazionale – assume quindi i caratteri di un passaggio epocale, di una curva della storia che ancora una volta passa dalla penisola della Crimea.

I temporeggiamenti diplomatici e i duelli verbali di questi giorni servono soltanto a prendere tempo fino al momento della verità e cioè al momento in cui sarà chiaro il punto fino al quale Stati Uniti, NATO e Unione europea sapranno spingersi per rispondere alla scommessa di Putin, in cui sarà chiara la risposta da dare a ciò che la Russia ha già fatto: una invasione della Crimea, ormai da giorni sotto il controllo militare di Mosca.

Il percorso è lungo e complesso e richiederà nervi saldi e un coraggio che, fino a oggi, né Barack Obama ha dimostrato di voler avere nella gestione dei grandi dossier internazionali, né l’Europa ha mostrato di possedere.

Chi ha le idee chiare, per ora, è proprio Vladimir Putin che, in poche ore, nella fase decisiva della prima fase della crisi, ha accumulato un vantaggio importante che tornerà utile nei negoziati diplomatici di questi giorni.

Il percorso è tuttavia anche non privo di rischi molto seri. Putin ha sfidato il mondo, violando apertamente molti accordi, regole e trattati internazionali, facendo però anche un calcolo molto cinico.

Le armi di cui dispone la comunità internazionale sono poche. Parlare di sanzioni è molto rischioso se si vogliono applicare misure che davvero vadano a incidere. In un mondo globalizzato, con i rapporti economici e finanziari ramificati e articolati di questo periodo storico, imporre sanzioni alla Russia potrebbe rivelarsi un boomerang. L’Europa ha bisogno del gas e del petrolio russi, ma la Russia ha bisogno del flusso di valuta europeo.

Le sanzioni politiche e diplomatiche invece da un lato isolerebbero la Russia, ma dall’altro impedirebbero, di fatto, la soluzione di ogni problema internazionale, dalla Siria alle primavere arabe, dal commercio globale alle questioni dell’energia e dell’ambiente.

La soluzione va trovata nel sentiero stretto tra gli interessi economici e politici e il rispetto sostanziale e profondo dei valori e dei principi che sono alla base delle grandi democrazie mondiali. Principi e valori che Putin ha dimostrato di non tenere in gran conto – e non solo nella crisi Ucraina – ma che invece dovrebbero essere importanti per l’Europa e gli Stati Uniti.

Si tratta infine di un percorso problematico perché la sovranità e l’integrità ucraine sono state già abbondantemente violate e perché mezzi e militari russi sono già sul terreno in Crimea.

È fondamentale che sul piano militare la situazione resti congelata e non ci siano ulteriori escalation e allargamenti. Purtroppo, non c’è da scommettere che sarà così.

Poi bisognerà con polso fermo e idee chiare trovare una soluzione, che, nell’interesse di tutti, sarebbe meglio fosse politica.

La comunità internazionale chiederà che la Crimea resti formalmente ucraina e probabilmente sarà disposta ad accettare una forte autonomia – che sarà sancita dal prossimo referendum – e, di fatto, un controllo politico da parte della Russia.

Mosca dovrà resistere alla tentazione di inglobare la Crimea in territorio russo e non dovrà’ replicare la situazione negli altri territori russofoni nel Sud e nell’Est del paese.

L’Ucraina dovrà cercare una forma di neutralità, con qualche garanzia da parte dell’UE e della NATO.

Stati Uniti ed Europa dovranno essere fermi e pronti a tutto in un negoziato cha sarà duro e senza esclusione di colpi.

Se tutte queste tessere andranno al loro posto, il puzzle della soluzione alla crisi ucraina potrà forse realizzarsi.

Ma le variabili sono molte, i nervi tesi e i rischi disseminati a ogni metro di questo lungo cammino.

Tutti sono consapevoli che in questa crisi si giocano gli assetti futuri. Così come tutti sanno che, comunque vada a finire, nulla potrà più essere come prima.

 

 


Foto © maksymenko.com.ua

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