In attesa dell’accordo sulla Grecia, la volontà politica è più che mai necessaria

Di Teodoro Andreadis Synghellakis Venerdì 05 Giugno 2015 13:15 Stampa
In attesa dell’accordo sulla Grecia, la volontà politica è più che mai necessaria Foto: Joanna

Continua il braccio di ferro tra il governo Tsipras e i creditori della Grecia per giungere a un accordo che possa essere accettabile per il Parlamento ellenico, al fine di evitare nuove elezioni, e che allenti quella morsa di rigore in cui il paese e incastrato ormai da cinque anni.

Le trattative tra Grecia ed esponenti delle istituzioni creditrici sembrano poter arrivare a una conclusione entro i prossimi giorni, ma il principale interrogativo, al momento, appare immutato e di strettissima attualità: si riuscirà a uscire dalla via senza ritorno dell’austerità e a rendere possibile una reale ripresa del paese?

L’unica concessione fatta sinora dai rappresentanti dei creditori è la possibilità di ridurre l’avanzo primario all’1% per l’anno in corso e al 2% per il 2016, in modo da permettere un qualche investimento pubblico. Si continua a insistere, tuttavia, sull’aumento generalizzato dell’IVA – anche sulle medicine – su una riduzione delle pensioni pari all’1% del PIL, sulla cancellazione del sostegno sociale ai pensionati più poveri, che non supera, nel suo complesso, i 100.000 di euro l’anno.

La stampa internazionale rileva come si siano compiuti dei progressi nell’incontro di mercoledì sera tra il primo ministro greco Alexis Tsipras, i presidenti dell’eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e della Commissione Jean-Claude Juncker.

Si tratta di capire, tuttavia, a quali equilibri, a quali linee guida sarà ispirato l’accordo che sembra profilarsi. L’attuazione concreta del Piano Junker per l’occupazione non è ancora partita, malgrado sia stato presentato alla stampa lo scorso novembre. Il presidente della Commissione ha espresso ora l’auspicio che la Grecia riesca ad assorbire i 35 miliardi di fondi strutturali, messi a disposizione per il periodo 2014-20, così da poter riprendere la strada della crescita.

Nell’attesa, però, che tutto questo possa divenire realtà, quel che preme è capire se i cittadini greci, dopo cinque anni di austerità, potranno trarre un qualche vantaggio concreto dall’accordo prossimo venturo (e quanto mai atteso) tra il governo Tsipras, la Banca centrale europea, la Commissione e il Fondo monetario internazionale.

Parlare di realtà concreta e quotidiana significa affrontare la richiesta greca di poter alzare lo stipendio minimo a 670 euro mensili entro quest’anno e a 751 per l’anno prossimo, non dover patire nuove riduzioni delle pensioni, capire cosa ne sarà del debito pubblico greco, schizzato, negli anni della “cura” della Troika, dal 120% al 177% del PIL.

Dopo settimane di incertezze e messaggi contrastanti, i creditori hanno deciso che il tema di una ristrutturazione del debito ellenico non debba costituire una priorità per l’immediato futuro. È ben noto, tuttavia, come gli esperti del FMI siano convinti che senza una qualche soluzione che ne abbassi l’ammontare complessivo, il debito del paese sia destinato ad aumentare, rimanendo assolutamente non gestibile.

Questi, in breve, alcuni tra i principali termini e dati della questione. C’è poi il fronte interno della Grecia. È chiaro che un accordo che venga vissuto come ulteriormente punitivo e svantaggioso non potrà essere difeso da Tsipras in Parlamento e provocherà una reazione fortemente negativa da parte della corrente più tradizionalmente di sinistra all’interno di SYRIZA, la cosiddetta “piattaforma di sinistra” che chiede una svolta netta rispetto alle politiche neoliberiste del passato. A quel punto, le uniche due possibilità, sarebbero un nuovo ritorno alle urne (SYRIZA ha, nei sondaggi, un vastissimo margine di vantaggio sul centrodestra, che supera i 20 punti percentuali) o un referendum sulle posizioni dei creditori.

Il paese, tuttavia, ha bisogno di continuità, di poter riprendere a respirare e di riuscire a coniugare sviluppo e diritti. L’obiettivo è uscire da una specie di apnea durata più di cinque anni, nel corso dei quali ogni cittadino ha trattenuto il respiro, ha aspettato il momento propizio per poter riprendere a gettare lo sguardo lontano, progettare il proprio futuro e quindi, quello collettivo del paese.

La risposta necessaria, secondo la maggior parte degli analisti greci è innanzitutto una forte presa di posizione politica, a livello europeo, che permetta ad Atene di gestire i debiti e agganciare lo sviluppo, in modo graduale ma certo, senza deprimere ulteriormente la domanda interna. In modo da dimostrare che la volontà comune dei governi è più forte dei diktat della finanza.

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