La scelta repubblicana nella ricostruzione della democrazia italiana

Di Sergio Mattarella Giovedì 28 Aprile 2016 14:27 Stampa

Compie settanta anni la scelta repubblicana del popolo italiano, che pose le basi del nostro ordinamento democratico e diede maggior forza a quei principi personalisti e solidaristi che poi divennero l’anima della Costituzione. Il 2 giugno del 1946 fu un punto di svolta, e al tempo stesso un traguardo storico. Il cammino unitario della nazione poté riprendere dalle macerie lasciate dalla dittatura, dopo le atrocità della guerra e dell’occupazione nazista, grazie a quello spirito di cittadinanza, di condivisione, di corresponsabilità che scaturì proprio dalla professione repubblicana. La lotta di liberazione e il diffuso desiderio di pace e di libertà erano riusciti a cementare un nuovo sentimento patriottico, mostrando agli italiani un bene comune capace di andare oltre le ideologie e gli interessi diversi.


Con la Repubblica venne ricomposta l’unita del paese, dopo la rottura provocata con l’avventura del regime di Salo. La ricostruzione dell’identità nella nazione connetteva fra loro Risorgimento, Unita e Resistenza, ponendo riparo al vulnus recato dal fascismo che aveva interrotto la storia d’Italia. La cittadinanza repubblicana contribuì, non poco, a definire il nuovo orizzonte: tutti erano chiamati, con eguale dignità, alla responsabilità di costruire e determinare il proprio futuro.

Non sempre si e attribuito alla scelta repubblicana il valore che essa meritava. Dopo il referendum del 2 giugno a prevalere furono le preoccupazioni dei principali leader di partito, a cominciare dai grandi partiti popolari, di ridurre le fratture del paese, di non aggravare la divisione con quanti avevano votato per la monarchia, in particolare con il Mezzogiorno che a maggioranza si era espresso in quel senso. L’accento venne posto, con sapienza, sulla Costituzione e sulla democrazia da edificare, chiamando tutte le forze ad allargarne le basi di consenso e a farla diventare motore di sviluppo e benessere. Il legame stretto tra diritti civili e diritti sociali ha favorito la crescita del paese, dando alla Carta costituzionale anche la natura di programma fondamentale che comprendeva e indirizzava il confronto, attenuando talune asperità della guerra fredda, puntando al superamento di una democrazia soprattutto formale come era stata quella pre-fascista. La ricostruzione dell’Italia nella democrazia (mentre questa tardava ad affermarsi in altri Stati del Sud d’Europa) fu un capolavoro politico e ancor più lo fu la crescente coesione nazionale, che si e allora realizzata malgrado il succedersi di tante diverse difficoltà.

Nel dopoguerra la democrazia ci ha consentito di compiere passi da gigante come paese, e questi risultano ancor più evidenti se si pensa agli affanni del nostro percorso unitario. Proprio la scelta per la Repubblica diede una spinta e un supporto determinanti alla democrazia e a questa accelerazione dell’unità nazionale. La Repubblica, con il suo patto di cittadinanza, ha responsabilizzato ogni italiano, ha offerto ai partiti la possibilità di reinterpretare il proprio bagaglio ideale in chiave di interesse nazionale, ha plasmato le istituzioni che, con le inevitabili contraddizioni di qualsiasi percorso politico, hanno sostenuto uno sviluppo impetuoso e hanno ridotto, almeno nei primi decenni, le diseguaglianze sociali, offrendo opportunità prima impensabili ai ceti più svantaggiati. La Repubblica ci ha reso più comunità, e questo e stato simboleggiato in modo eloquente dal primo voto delle donne, proprio nel 1946.

L’attuazione e lo sviluppo della democrazia negli anni duri del dopoguerra e nei decenni successivi non sono stati un compito facile. Siamo stati un paese di frontiera negli anni della serrata competizione tra Est e Ovest, tra alleanza dei paesi occidentali e blocco comunista. La scelta europea e occidentale e risultata vincente e ha garantito il maggior sviluppo dei diritti e delle opportunità: e la Repubblica e stata capace di tenere unito ciò che correva rischi di rottura.

La cornice repubblicana ci ha spinto ad affrontare con consapevolezza i passaggi più drammatici, le minacce esterne e quelle interne, a operare per realizzare un tessuto civile e istituzionale sul quale non incidessero negativamente gli squilibri sociali e territoriali. Le tentazioni del particolarismo non sono mai completamente sconfitte, ma possiamo dire, senza enfasi, che nei momenti cruciali si sono manifestati orgoglio nazionale e sentimento popolare del bene comune. I leader più importanti, le classi dirigenti diffuse nei corpi intermedi, nell’impresa e nel mondo della cultura, devono molto al senso della responsabilità repubblicana che e entrata a far parte della nostra etica civile.

Oggi celebriamo il settantesimo compleanno nel pieno di un cambiamento globale ed epocale che non riguarda solo l’economia, e non mette soltanto in causa la dimensione statuale. L’innovazione e cosi dirompente da toccare il modo d’essere della società e il suo stesso fondamento antropologico. La Repubblica conferma la sua natura di grande opportunità democratica. Non e più un contenitore esclusivo: l’interdipendenza e la globalità degli eventi che ci riguardano ne hanno modificato funzioni e profilo. La comunità internazionale e la dimensione europea appaiono i luoghi dove sono messi alla prova i valori della nostra convivenza, cosi come avvenne nel secolo scorso quando tutte le energie, comprese quelle intellettuali, si seppero mobilitare contro la barbarie nazifascista. La Repubblica e tuttavia l’ambito (e l’istituzione) che consente al nostro popolo di giocare un ruolo da protagonista di fronte ai mutamenti geopolitici, ai flussi migratori, all’instabilità provocata dalle guerre, dalla violenza, dalla povertà.

La Repubblica, specchio dei suoi cittadini e, insieme, baluardo delle loro liberta, deve sempre sapere rinnovarsi, dotarsi di strumenti più efficaci e trasparenti, riconquistarne la piena fiducia, indebolita in anni di crisi economica, di minor fertilità del circuito democratico. La Repubblica resta lo spazio vitale. Resta un ponte. Verso l’Europa, che e il nostro destino e la nostra opportunità nel mondo globale. Verso uno sviluppo sostenibile, che deve legare insieme la qualità italiana, una migliore competitività del sistema e una maggiore equità sociale. Verso il futuro, per dar sicurezza alle speranze dei nostri giovani.

Non saper guardare oltre il presente costituisce uno dei limiti più grandi del nostro tempo. La scelta repubblicana fu, allora, il risultato di uno sguardo lungo. Sono convinto che disponiamo di tutte le energie per progettare insieme un futuro migliore.