Pasquale Ferrara

Pasquale Ferrara

ambasciatore, è direttore generale per gli Affari politici e di sicurezza al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

Le svolte europee

In politica, il lessico è sostanza. Per la prima volta dopo molti anni, almeno dal 2021, l’Europa in Italia non è più tanto concettualizzata in termini di vincoli esterni e di regole, quanto di occasione storica. Senza dubbio il “merito” di questo cambiamento di prospettiva è di Next Generation EU (NGEU), il pacchetto finanziario da 750 miliardi di euro, adottato dalla UE come risposta collettiva alla crisi pandemica, e soprattutto da una sua componente assai rilevante, il Dispositivo per la ripresa e resilienza (RRF). È questo il quadro finanziario in cui si inserisce il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), al quale sono agganciate iniziative strutturali nei due settori gemelli della transizione energetica e di quella digitale.

 

L’atlante di Bergoglio. Tra politica internazionale e politica planetaria

“È certo che l’attuale sistema mondiale è insostenibile”.1 È, questo, un perfetto incipit per un’analisi del pensiero internazionalistico di Francesco, tratto dalla sua enciclica sulla “cura” della “casa comune”, ma potrebbe rappresentarne anche una sintesi efficace, per quanto possa suonare poco rassicurante. In realtà, si tratta di una costatazione che, al contempo, lungi dall’essere scoraggiante, è un potente invito all’impegno, alla performatività degli enunciati nell’effluvio della retorica post pandemica e attinente al caos climatico.
La crisi della globalizzazione come illusione di una fittizia integrazione tecnocratica del mondo ha messo a nudo le insufficienze dei progetti di universalizzazione che non pongono al centro una concezione della vicenda sociale contemporanea fondata sul rispetto del molteplice, la considerazione delle diversità, la rilevanza della dignità delle persone.

Integrare la differenza. Incognite e possibilità dell’Europa plurale

La parola d’ordine, in questa nuova e difficilissima fase della vita dell’Unione europea, è “integrazione differenziata”. Un ossimoro che segna un cambiamento radicale nel discorso relativo al processo di integrazione del continente, che non punterebbe più, come avvenuto finora, verso obiettivi comuni e il traguardo della condivisione della sovranità, ma si adagerebbe sugli effimeri vantaggi di una diversificazione strutturale della dinamica europea. Di questo disallineamento, e della conseguente, oggettiva difficoltà di “recuperi” futuri, è difficile rallegrarsi. Soprattutto perché in tal modo non si offrirebbe una soluzione definitiva ed efficace ai dilemmi e alle crisi che attanagliano l’Unione.

Obama tra scelte e necessità

All’inizio del mandato di Obama, la politica estera del primo presidente afroamericano degli Stati Uniti fu caricata di eccezionali aspettative, in parte giustificate dal carattere multilaterale e dal realismo etico che la Casa Bianca avrebbe voluto imprimerle. Obama si è trovato però non solo a dover raccogliere la difficile eredità dei due conflitti iniziati dal suo predecessore – e delle ripercussioni che essi hanno avuto sul teatro mediorientale e sui rapporti con il mondo arabo-islamico –, ma a dover agire proprio nel momento di ridefinizione della mappa del potere mondiale. Il presidente americano, in sostanza, è stato costretto dalle circostanze a ripensare il ruolo degli USA in un mondo in cui l’egemonia occidentale incontra crescenti resistenze.

Geocultura vs. geopolitica? L'UE, la Russia e il partenariato orientale

La questione ucraina segna una fase critica dei rapporti fra Unione europea e Russia e riflette la contrapposizione tra due concezioni profondamente diverse delle relazioni internazionali, l’una deliberativa e integrativa, l’altra asimmetrica e fondata sulle aree di influenza. Essa, tuttavia, non rappresenta l’inizio di una nuova guerra fredda; costituisce, piuttosto, un aspetto della transizione di potere a livello mondiale, in cui l’Eurasia gioca un ruolo cruciale. Gli Stati Uniti dovranno rivolgere, inaspettatamente, una rinnovata attenzione al continente europeo, mentre l’UE dovrà riformulare in termini più strategici e di lungo periodo il suo approccio nei confronti dei paesi del partenariato orientale.

 

L'impatto globale della crisi europea

La legge delle conseguenze inintenzionali ha prodotto il paradosso di una rilevanza mondiale della crisi dell’eurozona – per quanto non certamente catastrofica – nonostante la narrazione di una crescente marginalizzazione dell’Unione nel gioco della politica internazionale. Mette comunque a disagio questa dimensione imprevista dell’Europa come global player al negativo. Tale processo, tuttavia, può essere letto anche come l’equivalente del costo della non-Europa a livello globale. In ogni caso, le conseguenze delle fortissime tensioni alle quali è stata sottoposta l’eurozona hanno prodotto due ordini di criticità: quelle economico-finanziarie e quelle politico-istituzionali.

L’Europa nella post-globalità: dal multipolarismo al multilateralismo 2.0

Proprio nel momento in cui gli assetti internazionali stanno cambiando e l’Europa avrebbe bisogno di unità per imporsi nel panorama internazionale, si assiste a una nuova ondata neosovranista. Se l’Unione vuole riabilitare il proprio ruolo nell’arena globale deve farsi portatrice di una strategia politica consapevolmente tesa a trasformare il crescente multipolarismo in autentico multilateralismo.

Libertà e sicurezza nella politica mondiale

Se c’è un ambito che più di altri appare rivelatore di un’acuta crisi della politica è proprio quello dei dilemmi operativi ed etici posti dall’intricato fascio di insicurezze contingenti e strutturali che investe e condiziona le società contemporanee. | di Pasquale Ferrara per il focus "A dieci anni dall’11 settembre" del numero 7/2011.

Dopo il G8: verso un gruppo per il consenso globale?

La crisi finanziaria ha messo in evidenza i limiti dell’attuale architettura istituzionale internazionale e la necessità di una riforma degli strumenti della governance globale. La tendenza prevalente negli ambienti accademici internazionali va nella direzione di formati più inclusivi rispetto al G8 tradizionale, non solo dal punto di vista numerico ma anche sotto il profilo della loro rappresentatività ed efficacia.