Il carattere degli italiani e il signor B.

Di Sebastiano Vassalli Lunedì 06 Dicembre 2010 12:41 Stampa

Quello del carattere nazionale è un tema importante: direi addirittura un tema obbligato, se vuoi fare il mestiere dello scrittore in modo non superficiale. Naturalmente se scrivi romanzi di genere: i romanzi neri, i gialli, i rosa, i verdastri (come diceva Céline…), puoi anche non occuparti di queste faccende, perché ti muovi nell’universalità della superficialità. Sei un “cittadino del mondo”: i sentimenti e gli orifizi, più o meno sono gli stessi dovunque. Ma se vuoi andare al di là dell’intrattenimento non puoi sfuggire alla consapevolezza di appartenere a una lingua, a una storia, a una comunità di parlanti. Ti piaccia o no.

Una delle grandi linee narrative della tua opera è il “carattere degli italiani”. Un argomento sotto la cui sigla potresti addirittura raccogliere i tuoi libri come in una sorta di Comédie italienne. Non sto a elencare, mi limito al libro in cui hai raccolto alcuni interventi sparsi sui giornali a cui hai collaborato (almeno fino a quel momento), “Gli italiani sono gli altri”. Oppure nei racconti del libro “L’Italiano”.

Quello del carattere nazionale è un tema importante: direi addirittura un tema obbligato, se vuoi fare il mestiere dello scrittore in modo non superficiale. Naturalmente se scrivi romanzi di genere: i romanzi neri, i gialli, i rosa, i verdastri (come diceva Céline…), puoi anche non occuparti di queste faccende, perché ti muovi nell’universalità della superficialità. Sei un “cittadino del mondo”: i sentimenti e gli orifizi, più o meno sono gli stessi dovunque. Ma se vuoi andare al di là dell’intrattenimento non puoi sfuggire alla consapevolezza di appartenere a una lingua, a una storia, a una comunità di parlanti. Ti piaccia o no. Se vuoi arrivare davvero a capire qualcosa della vita e del mondo devi passare attraverso la specificità del tuo carattere nazionale.
Devi entrare nella realtà da quella porta, perché non ce ne sono altre. Non è questione di nazionalismi: figuriamoci! Potendo scegliere, forse avresti voluto fare lo scrittore in una lingua più conosciuta: l’italiano è una lingua bellissima, ma nel mondo la parla, a dire tanto, una persona su cento e non dà grandi possibilità. E poi, gli italiani leggono poco... Forse avresti preferito nascere in un Paese che gode di una considerazione internazionale diversa e migliore: ma sei nato qui, in questa comunità di parlanti, ed è da qui che devi partire. La vera patria di uno scrittore è la sua lingua. Gli scrittori davvero bilingui sono pochi, e costituiscono una anomalia che deve essere presa in considerazione caso per caso.

Non stento a crederlo. Ma la mia domanda – a sua volta – guardava più sotto o dietro o oltre: più in profondità, insomma. Intendo riferirmi a tutti i libri e le occasioni in cui hai parlato del carattere di una nazione che manca di coscienza.

Partiamo dal presupposto che, pur con tutti i loro difetti, gli italiani non sono peggiori degli altri esseri umani, che so: dei francesi, dei tedeschi, dei giapponesi... Diciamo che sono diversi. Il nostro carattere nazionale si è formato in mille e cinquecento anni di dipendenza da una religione, cioè dal cristianesimo che poi è diventato il cattolicesimo, e ruota intorno a tre parole di segno negativo: l’inappartenenza, l’irresponsabilità, la smemoratezza. Cominciamo con l’inappartenenza. I nostri connazionali, per la maggior parte, sono convinti che “Gli italiani sono gli altri”, il titolo che tu hai già ricordato. Sono convinti di non avere un carattere nazionale e di non essere una nazione. Al massimo, diceva Ennio Flaiano, potremmo considerarci «una confederazione di individui».

L’irresponsabilità?

L’irresponsabilità ci viene dalla convinzione, che ormai fa parte del nostro codice genetico e nasce insieme a noi, che tutto sia riparabile e che tutto, alla fine, si aggiusti. È qui che la religione ha giocato un ruolo decisivo. Se nemmeno la morte è un fatto irreversibile, perché dopo morti si rinasce in un’altra vita; se nessuna colpa è tale che Dio non possa o non voglia perdonarla in seguito a un atto di pentimento più o meno sincero: cosa rimane, nel mondo in cui viviamo, che può spaventarci e che deve essere preso sul serio? Non rimane niente.

La smemoratezza diventa una conseguenza...

Sì. La smemoratezza è la diretta conseguenza delle due caratteristiche precedenti, e si riassume nelle parole della canzone: «Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdammoce ‘o passato». Così durante la seconda guerra mondiale gli italiani sconfitti e invasi da un esercito che si chiamava degli Alleati, perche era composto di inglesi, americani, canadesi, australiani eccetera alleati tra loro, accolsero gli invasori con manifestazioni di giubilo, al grido: «Sono arrivati gli alleati!» (Volendo dire: i nostri alleati). E così un popolo che al novanta per cento si era riconosciuto nel fascismo, nel breve volgere di un anno e mezzo diventò, almeno a parole, un popolo composto al novanta per cento di antifascisti.

È quanto scrivi, come ho già detto, in uno dei tuoi romanzi più forti, “L’oro del mondo”. Gli italiani improvvisamente scoprivano non solo di non essere mai stati fascisti, ma che il fascismo non era mai esistito.

Del carattere nazionale italiano mi sono appunto occupato nel romanzo “L’oro del mondo”, ma anche nel dizionario di parole nuove “Il neoitaliano” e nella raccolta di racconti, che già hai ricordato, “L’Italiano”. In quest’ultimo libro in particolare, e più precisamente nel racconto “Il signor B.”, ho anche cercato di fotografare il Paese dove vivo: l’Italia, nel momento in cui ne stavo parlando. L’ho descritto come un Paese con due, caratteristiche fondamentali. La prima è quella di essere sostanzialmente immobile. Cito me stesso, alle pagine 129-130: «Bisogna dire a chi ancora non se ne fosse accorto che l’Italia è un Paese vecchio, anzi vecchissimo, dove tutto è già accaduto in passato e dove non accade più niente di veramente nuovo e di veramente importante da circa cinquecento anni. È un Paese vecchio e tendenzialmente immobile. Qui non ci sono la Nuova Frontiera, l’Eldorado e nemmeno il Sogno Americano o l’Oriente Radioso della Nuova Cina. Qui il Sole dell’Avvenire è sempre al tramonto. L’unico sogno ricorrente, da più di due secoli, è quello di una rivoluzione che mandi tutto all'aria: ma non ha mai portato niente di buono. Per fare qualcosa in Italia: ad esempio per diventare davvero ricchi, o per arrivare al culmine di una carriera, una vita sola non basta. Ce ne vogliono almeno tre. Deve incominciare il nonno, poi deve proseguire il padre e poi, se tutti si sono dati da fare e hanno avuto fortuna, il figlio del figlio incomincia a raccogliere i frutti delle sue fatiche e anche di quelle dei suoi antenati...».

La seconda caratteristica fondamentale?

È quella di essere due Paesi in uno, e mi cito anche qui, subito dopo, alle pagine 130-131: «L’Italia non e soltanto quel Paese vecchio e sostanzialmente immobile di cui ti ho parlato: è anche due Paesi in uno. C’è il Paese Legale, che è sotto gli occhi di tutti, e c’è il Paese Sommerso: il Paese illegale, che tutti più o meno fanno finta di non vedere e che è più forte in alcune regioni e in alcune grandi città, e meno forte in altre regioni. Il Paese Sommerso ha le sue leggi, diverse da quelle del Paese Legale. Ha la sua politica (o le sue politiche) e ha la sua economia: un fiume di soldi che deve sfuggire alla contabilità dell’altro Paese, quello alla luce del sole, e deve essere “riciclato”. Fino a poco tempo fa, quel fiume di soldi andava all’estero seguendo i percorsi della finanza internazionale, e non si capiva mai bene dove finisse...».

Nessun contatto possibile tra le due Italie?

Al contrario. In quello stesso racconto, “Il signor B.”, ho parlato di un importante tentativo che è stato fatto, negli ultimi decenni del secolo scorso, di unificate le due Italie e di farle diventare un unico Paese più o meno legale, come tutti i Paesi del mondo. L’autore di quel tentativo, che poi non riuscì a controllare il corso degli avvenimenti e ne venne travolto, era un uomo politico: Bettino Craxi.
Il suo ragionamento era questo: che i soldi del Paese Sommerso, anziché perdersi nel nulla della finanza internazionale, dovevano riciclarsi in Italia nel Paese Legale, per produrre lavoro e benessere. Perciò Craxi ha inventato il signor B.: l’Arcitaliano. Cito ancora le parole del mio racconto, alle pagine 132-133: «Soltanto un miracolo, in un Paese vecchio e immobile come l’Italia, poteva produrre una fortuna così immensa e così rapida come quella dell’Arcitaliano; e soltanto un’entità, il cui nome incomincia con la lettera “M”, poteva compiere quel miracolo. Se poi qualcuno vuol credere che quell’entità sia stata la Madonna, è libero di crederlo».

La creatura che sopravanza il suo creatore?

Non proprio, ma di certo ancora una volta ne è una conseguenza. Come ho detto poc’anzi, Craxi è stato travolto dai meccanismi che lui stesso aveva innescato e il signor B., rimasto senza coperture politiche, ha dovuto “scendere in campo” personalmente. Correva l’anno 1994. Il Paese immobile, dopo cinquecento anni, ha incominciato a muoversi nell’unico modo possibile. I vecchi partiti politici sono scomparsi. Le ideologie si sono sciolte come neve al sole, il sotto e il sopra hanno incominciato a cozzare fra di loro e l’Arcitaliano è diventato un personaggio notissimo: una star, sulla scena del mondo. Complessivamente non si è tratto di un bello spettacolo, ma è stato comunque positivo per qualcosa, anche in questo Paese, abbia incominciato a muoversi.

Che il Paese Sommerso abbia incominciato ad affiorare?

I governi della cosiddetta “prima Repubblica” erano una finzione, nata dalla nostra sconfitta nella seconda guerra mondiale. Metà Vaticano e America, e metà Cremlino; metà De Gasperi e metà Togliatti (metà don Camillo e metà Peppone). L’Italia, quella vera, è riaffiorata con il signor B. in quell’Italia c’è anche il Paese sommerso. C’è la lettera “M”; ci sono i localismi e i campanilismi; ci sono i nani di corte e le ballerine; c’è qualche punta di eccellenza. Siamo ritornati a casa. Per contrastare il signor B. e il Paese reale che lui rappresenta dovrebbe esserci, nel presente, l’Italia ideale sopravvissuta alla prima Repubblica, con De Gasperi e Togliatti finalmente uniti in un unico partito: ma la loro opposizione è piuttosto debole. Se ogni tanto riescono ad andare al governo, più che per la loro forza è per un capitombolo degli avversari.

Nessuna speranza?

Forse un giorno anche l’Italia riuscirà ad essere un Paese normale. Chissà! All’inizio del 2010, mentre ne stiamo parlando, il processo di emersione del Paese Sommerso è appena incominciato. È un fenomeno vasto e profondo, che non riguarda solo il signor B. ma che ci riguarda tutti. E speriamo che nello scontro tra le due Italie non vada tutto all’aria, e che non si torni indietro di secoli. Speriamo che il signor B., per sistemare le sue faccende personali, non abolisca quel poco di legalità che c’è ancora in questo Paese. E che non faccia cose assurde per essere votato.

Restando al signor B., diciamolo esplicitamente: in che rapporti sei? Pro o contro?

Guarda: se non ci fosse stato il signor B. sarebbe arrivato un altro con un’altra iniziale, o forse addirittura con la stessa iniziale... Un altro magari peggiore di lui. Questo clima di isteria che si è creato nel Paese, con chi grida «meno male che lui c’è» da una parte e «vorremmo che crepasse» dall’altra, non aiuta a capire la realtà ma soltanto a nasconderla. Gli intellettuali illuminati che sfoggiano i loro lumi non servono a niente. L’ultima cosa di cui questo Paese ha bisogno sono i maestri di vita e di pensiero che gli impartiscono lezioni stando all’estero. Ne ha già avuti troppi. Mettiamola così: diciamo che quello che accade ora in Italia non ci fa fare bella figura davanti al mondo, ma che serve a chiarire le cose e che, in prospettiva, può avviarle verso la soluzione. È inutile riempirsi la bocca di parole indignate e di ragionamenti sublimi, se poi quelle parole e quei ragionamenti non si applicano alla nostra realtà. L’Italia, piaccia o no, è un Paese bifronte: la sua storia, e il carattere nazionale degli italiani, l’hanno portata a essere ciò che è e che è venuto alla luce in questi anni. Era inevitabile: prima o poi il Paese Sommerso doveva emergere; l’Impresentabile tenuto chiuso in cantina doveva riprendere il suo posto in famiglia. Magari anche come padre-padrone, perché no? E comunque, le scenate contro di lui servono a poco: l’epoca degli Impresentabili tenuti in cantina è finita per sempre.

La domanda era secca e – pur capendo il tuo ragionamento – mi sembra che tu la stia aggirando.

Sì, hai ragione. Sto dando l’impressione di voler eludere l’argomento: ma non è così. A proposito del signor B. come persona io non dico «meno male che lui c’è»: dico che, date le circostanze, un “lui” sarebbe comunque venuto, e avrebbe potuto essere peggiore. Sia nell’immagine che nella sostanza. Nell’immagine, i difetti del signor B. sono che assomiglia più all’«italiano vero» (quello «con la chitarra in mano») della canzone di Toto Cutugno, che a uno statista. Fa cucù o le corna agli altri capi di Stato, rivolge alle signore complimenti imbarazzanti o fuori luogo, schiamazza davanti alla regina d’Inghilterra... Nella sostanza, i suoi difetti sono due. Il primo è che fa politica soprattutto in televisione (non con la televisione, ma proprio in televisione): intervenendo nei talk show o facendovi intervenire i suoi fedelissimi che si guadagnano i galloni in quel modo, con epiche gare di eloquenza contro gli oppositori. Il secondo difetto è che non vuole essere processato, pur venendo dal nulla e da situazioni poco chiare, a metà strada tra la legalità e la lettera “M”... Ma si tratta di due difetti, se non giustificabili, per lo meno comprensibili. Chi, nei suoi panni, non si comporterebbe come lui? Chi, avendo un Parlamento a disposizione, non si farebbe le leggi su misura? Pensaci un momento e ti accorgerai che, come ho detto, al posto del signor B. sarebbe potuto arrivare un signor P., un signor Peggiore: con meno sondaggi sulla scrivania e con più monumenti nelle piazze. Ti accorgerai che le cose potevano, davvero, andare peggio...