Riformare la Banca Mondiale?

Di Alessandro Magnoli Lunedì 01 Novembre 2004 02:00 Stampa
 
Che cos’è e cosa fa la Banca Mondiale? La Banca Mondiale non è una banca. È un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, creata alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1944 a Bretton Woods, con il mandato di prevenire crisi economiche e di favorire lo sviluppo. Bretton Woods, cittadina del New Hampshire (USA), fu la sede dal 1 al 23 luglio 1944 della Conferenza monetaria internazionale delle Nazioni Unite. Durante la conferenza, delegati di 44 nazioni si interrogarono su cosa potesse essere fatto per evitare altre guerre.

 

 

Che cos’è e cosa fa la Banca Mondiale? La Banca Mondiale non è una banca. È un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, creata alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1944 a Bretton Woods, con il mandato di prevenire crisi economiche e di favorire lo sviluppo.1

 

Bretton Woods

Un po’ di storia - Bretton Woods, cittadina del New Hampshire (USA), fu la sede dal 1 al 23 luglio 1944 della Conferenza monetaria internazionale delle Nazioni Unite. Durante la conferenza, delegati di 44 nazioni si interrogarono su cosa potesse essere fatto per evitare altre guerre. L’accordo finale identificò due priorità: la stabilizzazione monetaria (tassi di cambio e d’interesse) e il finanziamento della ricostruzione delle nazioni d’Europa e Asia devastate dalla seconda guerra mondiale. Furono create due istituzioni: della prima priorità si sarebbe occupato il Fondo monetario internazionale (International Monetary Fund, IMF), della seconda la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (altrimenti nota come Banca Mondiale).

 

Il mandato del 1944 non è cambiato, gli obiettivi contingenti sì

La missione iniziale è rimasta tale: è preposta allo sviluppo e alla prosperità del mondo, nell’intento di evitare squilibri economico-sociali che comportino altre guerre. Il suo obiettivo contingente, conseguenza del contesto storico, è evoluto nel tempo: all’inizio ricostruzione (dell’Europa e dell’Asia devastate dal conflitto), poi costruzione (infrastrutture nei paesi poveri) e ora lotta alla povertà, miglioramento degli standard di vita nel mondo in via di sviluppo e dunque riduzione del divario Nord-Sud.

 

Obiettivo di oggi: riduzione della povertà

Una delle più importanti fonti di assistenza allo sviluppo, la Banca Mondiale cerca di trasformare le risorse dei paesi ricchi in crescita dei paesi poveri. Dal 2000, come altre istituzioni dedicate allo sviluppo sostenibile, concentra i suoi sforzi sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio (Millennium Development Goals, MDGs),2 stabiliti dalle Nazioni Unite. Con approccio multisettoriale, tali obiettivi identificano risultati concreti da raggiungere entro il 2015 in campi eterogenei (reddito, educazione, sanità, diritti della donna, ambiente ecc.), nella convinzione che la povertà può essere sconfitta solo attaccandone le molte facce.

 

I paesi poveri: come si definiscono, come si finanziano e che prezzo pagano?

Definizione: i più e meno poveri - Esistono due categorie di paesi in via di sviluppo: i più poveri, cosiddetti «a basso reddito» (low-income countries), e i meno poveri, o a «reddito più alto» (higher-income developing countries).

 

Il limitato accesso al credito... - I paesi in via di sviluppo hanno bisogno di fondi, per finanziare la bilancia dei pagamenti e la prestazione dei servizi essenziali. I paesi «a basso reddito», considerati ad alto rischio finanziario, non ricevono prestiti dai mercati internazionali o, se li ricevono, sono costretti ad alti tassi d’interesse. I paesi «a reddito più alto» possono accedere al credito di istituzioni commerciali, ma devono comunque pagare un tasso d’interesse più alto di quello di mercato.

 

...rende necessaria l’assistenza allo sviluppo - Per ovviare a questa situazione, i paesi sviluppati forniscono assistenza tecnica, contribuzioni dirette e prestiti (assistenza bilaterale, circa il 70% del totale). Le organizzazioni internazionali, tra cui la Banca Mondiale, elargiscono grants e prestiti a condizioni agevolate (assistenza multilaterale, circa il 30% del totale).

 

Tutto ha un prezzo - In cambio, i donanti ottengono la possibilità di influenzare i paesi recipienti in varie aree (politiche commerciali, di investimento, difesa, ecc.).

 

Chi ne è proprietario? Chi la gestisce? - Il Gruppo della Banca Mondiale (The World Bank Group) è di proprietà dei governi dei paesi membri ed è gestito come una cooperativa, di cui i paesi membri sono soci. I governi dei paesi membri – rappresentati da un Direttore esecutivo – sono responsabili sia del finanziamento che dell’allocazione delle risorse e sono dotati di potere di decisione ultimo su ogni questione (politica, finanziaria o di appartenenza al gruppo).

 

Il Gruppo Banca Mondiale

Com’è organizzato? - Il Gruppo Banca Mondiale è composto da cinque istituzioni, con ruolo diverso ma strettamente associate, tutte di proprietà dei paesi membri. Esse sono: la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (the International Bank for Reconstruction and Development, IBRD), l’Associazione internazionale per lo sviluppo (the International Development Association, IDA), la Società internazionale per il finanziamento (the International Finance Corporation, IFC), l’Agenzia multilaterale per le garanzie all’investimento (the Multilateral Investment Guarantee Agency, MIGA) e il Centro internazionale per la risoluzione di dispute d’investimento (the International Centre for the Settlement of Investment Disputes, ICSID). IBRD ha 184 Stati membri (quasi tutti i paesi del mondo); IDA ha 164 membri; IFC ha 176 membri, MIGA 164 membri e ICSID ha 140 membri. Il termine Gruppo Banca Mondiale (World Bank Group) indica il coacervo delle cinque istituzioni. Il termine Banca Mondiale si riferisce specificamente a due delle cinque istituzioni, IBRD e IDA, che dispongono prestiti a basso tasso d’interesse, credito gratuito (senza interesse) e grants ai paesi in via di sviluppo.

 

Chi comanda? - I governi azionisti sono rappresentati da un Consiglio dei governatori (Board of Governors). In genere, i governatori sono ministri (delle finanze o dello sviluppo) nei paesi membri. Si incontrano una volta all’anno ai meeting annuali (Annual Meetings). Delegano specifici compiti ai loro Direttori esecutivi, di stanza a Washington, nella Banca Mondiale. Ogni governo membro della Banca Mondiale è rappresentato da un Direttore esecutivo. I cinque maggiori azionisti (Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito e Francia) nominano un Direttore esecutivo, mentre gli altri paesi membri sono rappresentati da un totale di 19 Direttori esecutivi.

 

Quali sono i flussi finanziari? - In linea di principio, IDA finanzia i paesi «a basso reddito» e IBRD i paesi «in via di sviluppo a reddito più alto». Nel 2002, i paesi a basso reddito hanno ricevuto 8,1 miliardi di dollari da IDA, in crediti liberi da interessi e grants per 133 progetti in 62 paesi. I paesi in via di sviluppo a reddito più alto hanno ricevuto prestiti da IBRD, per 11,5 miliardi di dollari in appoggio di 96 progetti in 40 paesi.

 

A che condizioni? - Nel caso dei prestiti IDA, i paesi hanno 35-40 anni per ripagarli, con un periodo di grazia (lasso di tempo in cui è concesso non ripagare il capitale) di 10 anni. Nel caso di prestiti da IBRD, i paesi hanno da 15 a 20 anni per ripagare i prestiti (più tempo di quello concesso da una banca commerciale), con un periodo di grazia da tre a cinque anni.

 

Potere di voto: dipende dalle azioni possedute

Come ogni organizzazione corporativa, ogni agenzia del Gruppo della Banca Mondiale ha degli azionisti: i paesi membri. A ogni paese tocca un numero di azioni in funzione dal capitale versato, che a sua volta dipende da considerazioni geopolitiche e dalle dimensioni della sua economia. Il «pacchetto di voti» è così suddiviso: un numero fisso, uguale per tutti, conseguenza dell’affiliazione (membership votes o basic votes) e dei voti aggiuntivi proporzionali all’ammontare delle azioni possedute. Il potere di voto determina la leadership ed è dato dal numero di voti posseduti da un paese, espressi come percentuale del totale. Gli Stati Uniti, con il 16,41% dei voti, sono l’azionista di maggioranza relativa, seguiti da Giappone (7,87%), Germania (4,49%), Regno Unito (4,31%) e Francia (4,31%). Il resto dei voti è suddiviso tra gli altri stati membri.

 

Funziona? - La Banca Mondiale sta facendo ciò che deve? È all’altezza della situazione? Dopo più di mezzo secolo di lavoro serio e organizzato, anche se non privo di errori, molti problemi rimangono e i bisogni sono enormi.

 

Povertà e disuguaglianza: i problemi rimangono

Se è vero che i paesi poveri ricevono dalla Banca Mondiale assistenza tecnica e risorse (20 miliardi di dollari nel solo 2002), altrimenti inaccessibili o troppo care, e se è vero che negli ultimi anni la povertà è diminuita, soprattutto in India e in Cina, rimane il fatto che ogni giorno 800 milioni di persone soffrono la fame. Di queste, 200 milioni sono bambini al sotto i 5 anni. Grande è il divario tra ricchi e poveri: dei 6 miliardi di persone che vivono sulla terra, un miliardo possiede l’80% della ricchezza globale (che si accresce di 32.000 miliardi di dollari all’anno), mentre un miliardo e 200 milioni fatica a sopravvivere con meno di un euro al giorno.3 E l’equità tra i sessi è una chimera: ad oggi, le donne costituiscono il 70% dei poveri del mondo.

 

Conflitti: continuano a scoppiare

In quanto alle guerre e all’evitarle, la Banca ha fatto molto: è attiva in 40 paesi colpiti da conflitti, dove lavora con governi e associazioni non governative per assistere la popolazione, rilanciare lo sviluppo e prevenire il risorgere della violenza.4 Le statistiche non confortano: negli ultimi 15 anni, l’80% dei 20 paesi più poveri ha patito una guerra civile. Solo nel periodo 1990-2002, sono scoppiati 56 conflitti in 44 località diverse del mondo, esacerbando la povertà.5

 

Educazione: milioni di bambine non vanno a scuola

La Banca Mondiale è il maggior finanziatore internazionale dell’educazione (ad oggi ha allocato circa 33 miliardi di dollari e finanzia 157 progetti in 83 paesi) e ha l’obiettivo di garantire a tutti (in special modo ai bambini svantaggiati o handicappati), entro il 2015, la possibilità di iscriversi a scuola e di completare il ciclo dell’educazione primaria. Nonostante questi sforzi, più di 150 milioni di bambini – per lo più nei paesi in via di sviluppo e per la gran parte bambine – non hanno opportunità concrete di andare a scuola.

 

Sanità: malaria e AIDS sovvertono ogni progresso

Per migliorare sanità e nutrizione nei paesi poveri, ogni anno la Banca incrementa i suoi prestiti di 1,3 miliardi di dollari. Ma non è sufficiente. Posto che un terzo degli abitanti del pianeta vive in aree in cui la malaria è endemica, ogni secondo ci sono dieci nuovi casi, ogni giorno 3.000 decessi (più del 90% dei quali nell’Africa sub-Sahariana), ogni anno più di un milione di morti (il 60% dei quali tra il 20% più povero della popolazione mondiale) e 500 milioni di casi clinici. Per combattere il diffondersi dell’HIV/AIDS, negli ultimi anni la Banca Mondiale ha allocato più di 1,6 miliardi di dollari (la metà nell’Africa sub-Sahariana).6 Nonostante ciò, il virus sta rapidamente azzerando i guadagni economici e sociali ottenuti negli ultimi cinquant’anni dai paesi in via di sviluppo. Ad oggi, più di 20 milioni di persone sono morte di AIDS, mentre l’HIV ha infettato più di 60 milioni di persone, di cui più di 40 milioni vivono nei paesi poveri, dunque con poca speranza di essere curati. Ogni giorno 14.000 persone contraggono l’HIV, e la metà di queste ha tra i 15 e i 24 anni.

 

Debito: limita le spese sociali

I paesi poveri devono poter raggiungere gli MDGs senza accumulare livelli insostenibili di debito. La Banca Mondiale e l’IMF si sono da tempo impegnati in tal senso. Nel 1996 hanno lanciato l’iniziativa per la cancellazione del debito dei paesi poveri e più indebitati (Highly Indebted Poor Countries Iniziative, HIPC).7 Si prevede che, alla sua conclusione, l’iniziativa HIPC avrà tagliato di due terzi il debito esterno di questi paesi. Nell’aprile 2004, 38 paesi avevano titolo all’assistenza HIPC. Di questi, 27 paesi hanno ottenuto la riduzione irrevocabile del debito, che risparmierà loro circa 50 miliardi di dollari (13 dei quali erano dovuti alla Banca Mondiale). Tuttavia, per molti paesi, oberati da debiti giganteschi, è ancora difficile trovare i soldi per educazione e sanità, e quasi impossibile riorientare le priorità di bilancio verso i settori sociali.

 

Infrastrutture: le grandi assenti

La Banca Mondiale ha svolto un ruolo importante nella ricostruzione dell’Europa (il suo primo prestito, di 250 milioni di dollari, fu concesso alla Francia nel 1947)8 ed è impegnata nei paesi poveri, non solo in grandi progetti, ma anche nel costruire strade in zone rurali, e nel migliorare le condizioni delle baraccopoli.9 Nonostante ciò, nel mondo in via di sviluppo rimane carente la prestazione dei servizi essenziali: ben tre miliardi di persone vivono senza servizi igienici essenziali o allacciamento alla rete elettrica (il 92% dell’Africa è al buio, privo di elettricità), due miliardi non hanno accesso all’acqua potabile e ben 900 milioni vivono in aree rurali remote, senza strade che consentano loro accesso a mercati, impiego e servizi.

 

Corruzione e «bad governance» ostacolano lo sviluppo

La corruzione crea distorsioni nelle politiche d’investimento o, detto più semplicemente, distoglie risorse pubbliche da chi più ne ha bisogno. Dal 1996 la Banca ha lanciato centinaia di programmi anticorruzione e iniziative di governance in quasi cento paesi in via di sviluppo. Le aree di intervento spaziano dalla riforma della spesa pubblica alla formazione di giudici, dall’insegnamento di tecniche investigative a giornalisti a iniziative per una trasparente informazione sulle proprietà dei membri del governo. Ma molto rimane da fare: corruzione e «mala governance» continuano a recare gravi pregiudizi all’accumulazione di capitale umano, alla crescita economica e a rappresentatività ed eguaglianza.

 

Biodiversità e ambiente hanno bisogno di più attenzione

La Banca Mondiale si occupa di biodiversità dal 1988, ed è il maggior finanziatore (con un portafoglio di circa 13 miliardi di dollari) di progetti con chiari obiettivi ambientali. Nonostante questi interventi, la perdita di biodiversità è quasi inarrestabile e colpisce in maniera devastante le popolazioni rurali dei paesi poveri, dove le risorse naturali non solo forniscono cibo, rifugio, medicine, impiego e reddito, ma anche – e soprattutto – definiscono l’identità culturale.

 

Società civile: molto rimane da fare

Il ruolo della società civile è una delle novità più significative degli ultimi 20 anni. Le organizzazioni non governative (Non-Governmental Organizations, NGOs) influenzano ormai il dibattito internazionale sulle politiche di sviluppo e, attraverso programmi innovativi, sono diventate un importante canale di prestazione di servizi sociali. La loro partecipazione ai progetti finanziati dalla Banca è aumentata dal 21% nel 1990 al 73% nel 2003. Ad oggi, la Banca appoggia con una allocazione di più di due miliardi di dollari una varietà di progetti di sviluppo gestiti dalle comunità (community-driven development projects). Tuttavia, tra i poveri del mondo rimangono incolmabili la mancanza di rappresentatività, la vulnerabilità all’abuso e alla corruzione, e l’assenza di opportunità, potere e libertà.

 

Il futuro: «bomba demografica» nei paesi poveri

Dei sei miliardi di abitanti della terra, 2,8 miliardi hanno meno di 25 anni e 1,5 miliardi meno di 15 anni. In grande maggioranza questi giovani vivono nei paesi poveri. E il futuro preoccupa, perché la «bomba demografica» è innescata: nei prossimi 25 anni nasceranno altri due miliardi di persone. Di queste, solo 50 milioni nei paesi più ricchi e il resto, la grande maggioranza, nei paesi più poveri. Questi giovani, se non avranno un lavoro e, soprattutto, senza l’opportunità di prendere la loro vita nelle proprie mani, rischiano di crescere tra povertà e disoccupazione, senza troppe speranze nel futuro di un mondo che inevitabilmente vedranno ingiusto e iniquo.

 

Riforma necessaria

Nonostante gli anni di sforzi e le ingenti risorse messe in campo dalla Banca Mondiale, la lotta alla povertà non è vinta e lo sviluppo dei paesi poveri è ancora in alto mare.

 

Tutti d’accordo: riforma necessaria

Lungi dall’attribuire tutte le colpe alla Banca Mondiale, sono tutti d’accordo, sia le posizioni estreme (neo liberal e no global) che quelle moderate, quali quelle dei governi dei paesi proprietari dell’istituzione:10 il mondo è cambiato più rapidamente della Banca. L’istituzione, fondata nel 1944, pur evolvendo non è stata in grado di mantenere il passo, non risponde più alle attuali problematiche dello sviluppo e sta fallendo nella sua missione: non sta riuscendo a sradicare la povertà dal mondo e a garantire la stabilità economica. Ha fatto tanto, ma può e deve fare meglio. La riforma s’ha da fare. I primi a beneficiarne sarebbero i paesi in via di sviluppo.

 

Se la Banca lavora bene i soldi ci sono

All’ora di definire il da farsi, conservatori, moderati e progressisti convergono su posizioni comuni: il mondo è disponibile a finanziare la lotta alla povertà, ma i fondi devono davvero contribuire a uno sviluppo equo, sostenibile e democratico. I parlamenti devono poter controllarne l’uso, per assicurare che chi paga le tasse non finanzi ulteriori fallimenti. Il consenso è unanime: l’aiuto allo sviluppo in generale, e la Banca Mondiale in particolare, devono diventare più efficienti. La Banca Mondiale, se riformata, può diventare un’istituzione globale efficace. Al momento non lo è e non può arrivare a esserlo (né merita finanziamenti pubblici) se non corregge i propri difetti.

 

Punti di vista opposti, stessi obiettivi, metodi diversi

Conservatori, moderati e progressisti hanno lo stesso obiettivo: vogliono evitare povertà e fame, crisi e recessioni. Non sono d’accordo sui metodi. I liberali, pro-mercato (à la Von Hayek), sono convinti che i mercati funzionino pressoché da soli, credono che la libertà economica crei sviluppo e considerano che le crisi siano dovute a un eccessivo intervento dello Stato nell’economia. Gli interventisti, pro-Stato (à la Keynes), credono nell’utilità dell’intervento pubblico, sono convinti che l’investimento in servizi sociali crei sviluppo e considerano che le crisi siano dovute a una insufficiente regolamentazione del mercato. All’ora di definire ruolo e strategie di riforma della Banca Mondiale, la diversità d’approccio rimane tale. Dai conservatori, l’istituzione è considerata una barriera alle libere forze del mercato e al suo darwinismo; l’attività della Banca è vista come un indebito intervento pubblico nella libera attività economica; dunque, la riforma deve puntare a liberare il settore privato, nella convinzione che, motivato da profitto, creerà sviluppo. All’estremo opposto, i progressisti considerano la Banca Mondiale troppo intenta a liberare le forze del mercato, e dunque uno strumento di imposizione del mercato, dell’ideologia neoliberale e della politica estera degli Stati Uniti. La riforma deve puntare – in primis – a massicci investimenti nei settori sociali.

Nonostante le diverse Weltanschauungen, esiste un’estesa agenda condivisa.

 

Punti prioritari: un’agenda (più o meno) condivisa

Tutti d’accordo: più trasparenza, più efficacia e più risorse

Punti comuni in agenda sono la trasparenza delle decisioni, l’efficacia delle operazioni e la cancellazione del debito dei paesi poveri.

 

Trasparenza e capacità di rendere conto - Se è vero che la Banca Mondiale, in passato piuttosto «opaca», ha fatto passi avanti nella disseminazione dell’informazione, molto rimane ancora da fare. A parere di tutti l’istituzione deve rinunciare alla segretezza delle sue decisioni; il che vuol dire rendere pubblici gli atti e le riunioni del Consiglio d’amministrazione (Board of Directors) e i documenti a sostegno del rilascio di un credito. Una maggiore trasparenza aumenterebbe anche la capacità dell’istituzione di render conto dei risultati.

 

Misurare i risultati - La Banca Mondiale deve assumersi la responsabilità del proprio operato, specialmente nelle attività di prestito. Il che vuol dire stabilire meccanismi per misurare sistematicamente i risultati e valutare l’impatto reale dei propri programmi e delle operazioni, prima e dopo l’implementazione. Per esempio, nel caso degli aggiustamenti strutturali (structural adjustments), che rappresentano una percentuale crescente del portafoglio della Banca, la valutazione delle conseguenze ambientali e sociali (su povertà, donne e lavoratori) va fatta ex ante, per mitigare o eliminare ogni impatto negativo.

 

Generare maggiori risorse - I paesi poveri devono investire più risorse nel loro sviluppo. Per disporne, devono uscire dalla trappola del debito e ottenere dalle istituzioni internazionali più grants (somme non rimborsabili, di fatto regali) e meno loans (prestiti). La cancellazione del debito deve essere più profonda e a più ampio respiro di quanto fatto sino ad oggi, così che sia possibile liberare grandi quantità di risorse per la riduzione della povertà.

 

Non aumentare il costo dei servizi minimi per i poveri - Il consenso è ormai bipartisan: far pagare i servizi essenziali a persone il cui reddito è inferiore ai due euro al giorno è impraticabile. Significherebbe negare loro accesso a sanità, educazione e acqua potabile. Per esempio, è impensabile attaccare l’HIV/AIDS facendo pagare una tariffa proibitiva per il povero. Nei paesi in via di sviluppo, il co-finanziamento (user fees, in Italia il «ticket») dei servizi sociali essenziali non ha avuto esiti positivi. Quando è stato applicato alla sanità ambulatoriale e alla scuola elementare, ha diminuito l’accesso ai servizi sanitari e ridotto le iscrizioni scolastiche (specialmente nel caso delle bambine). I ricavi sono quasi sempre stati minimi e spesso non hanno coperto neanche i costi per raccogliere la tassa.

 

Riorganizzazione dell’architettura finanziaria internazionale

Il sistema internazionale richiede cambi strutturali: la Banca Mondiale deve poter essere più libera da pressioni politiche, la presa di decisioni deve essere più democratica, la cooperazione con le altre istituzioni deve rafforzarsi, e i trasferimenti di tecnologia e conoscenze devono diventare una priorità.

 

Più indipendenza da vincoli politici - In anni recenti, la Banca Mondiale ha reso conto più ai paesi industrializzati che a quelli in via di sviluppo, spesso influenzata dagli obiettivi politici dei suoi azionisti di maggioranza. Deve poter accadere in misura minore. Così come le Banche centrali, quando rese indipendenti, si sono dimostrate in grado di raggiungere il loro obiettivo (controllare con successo l’inflazione), la Banca Mondiale, se più indipendente, potrebbe promuovere meglio la riduzione della povertà e la stabilità economica internazionale.

 

Potere e meccanismi di voto - Al momento, posto che decide chi paga, i paesi industrializzati hanno molto più potere dei paesi in via di sviluppo, finanziariamente deboli. A parere di molti, dovrebbe essere il contrario. Tra le molte proposte sul tavolo, intenzionate a dare maggiore voce ai paesi poveri, è interessante quella tedesca, che prevede una riforma dei meccanismi di voto del Consiglio d’amministrazione (Board of Directors).11 La proposta prevede che i voti fissi (membership votes o basic votes), assegnati a ogni paese membro in ugual numero, vengano aumentati sino a costituire il 10% del totale. Ciò ridurrebbe il peso dei voti che dipendono dal capitale versato e aumenterebbe il potere di voto relativo dei paesi in via di sviluppo dal 40% al 43%.12 La proposta tedesca suggerisce anche l’introduzione del voto a doppia maggioranza per le risoluzioni operative: sarebbe necessaria non solo la maggioranza del voto degli azionisti, come già succede, ma anche la maggioranza dei voti dei paesi in via di sviluppo e delle economie in transizione.

 

Maggiore cooperazione con le altre istituzioni - In ogni paese, la Banca deve lavorare fianco a fianco con gli altri partner nello sviluppo. A tale scopo sono state da poco varate iniziative per rafforzare interazione e partnership, quali il Comprehensive Development Framework e le Poverty Reduction Strategies. Per arrivare a una collaborazione efficiente, bisogna che le varie istituzioni finanziarie capiscano i rispettivi ruoli (in Africa, per esempio, quale è il ruolo della Banca Mondiale, quello dell’IMF e qual’è l’area di competenza della Banca africana di sviluppo) ed evitino di pestarsi i piedi.

 

Una «Banca del sapere» (knowledge bank) - Nei paesi più poveri, le più grandi sfide allo sviluppo vengono dal non sapere cosa fare. Le scoperte tecnologiche delle economie ricche non si traducono automaticamente in benefici per i poveri. La Banca Mondiale deve creare le condizioni perché ciò avvenga: deve assicurare che tecnologia e conoscenze arrivino nel mondo in via di sviluppo, altrimenti non in possesso dei mezzi scientifici e tecnici essenziali per affrontare i problemi d’ambiente, sanità, crescita della popolazione e agricoltura.

E qui finisce l’agenda condivisa, e inizia il disaccordo su quali debbano essere i mezzi per combattere la povertà.

 

I conservatori: più mercato

Secondo il punto di vista «neoliberale», il libero mercato – se lasciato operare – anticipa le crisi, le previene e impedisce le recessioni.13

 

Uscire da cinquant’anni di dipendenza

Negli ultimi cinquant’anni, gli aiuti allo sviluppo non hanno creato altro che dipendenza, così che la vasta maggioranza dei paesi ricettori d’aiuti economici è diventata incapace di svilupparsi compiutamente. I problemi del mondo in via di sviluppo sono anche dovuti alla Banca Mondiale, che ha impedito (e impedisce) la libertà economica.

 

Che fare?

Per ovviare a questa situazione, la Banca Mondiale dovrebbe limitare la propria influenza (che crea solo pregiudizi), rendere conto alla comunità internazionale sulle proprie decisioni di prestito e concentrarsi su una cosa sola: provvedere incentivi ai paesi poveri perché aumentino la loro libertà economica. Secondo la commissione Meltzer, la Banca Mondiale (con l’IMF e le Banche di sviluppo regionali) deve rimettere il loro debito ai paesi altamente indebitati (HIPC), limitare la sua azione ad assistenza tecnica a paesi in crisi di breve periodo e amministrare grants rivolti all’alleviazione della povertà.14 I paesi poveri, da parte loro, devono diventare più efficienti e aumentare l’efficacia e la trasparenza del loro sistema amministrativo.

 

La Commissione Meltzer

Più soldi? Più controlli! - Nel novembre 1998, il Parlamento USA aumentò di 18 miliardi di dollari la contribuzione degli Stati Uniti al capitale dell’IMF. Ma, nella stessa legge, istituì la Commissione internazionale di consulenza finanziaria (International Financial Advisory Commission, IFIAC): un gruppo di undici membri guidati dal professor Allan Meltzer, della Carnegie Mellon University.

 

L’aiuto allo sviluppo funziona? - L’obiettivo dell’IFIAC, più conosciuta come «Commissione Meltzer», era la formulazione di raccomandazioni per le politiche statunitensi verso sette istituzioni internazionali, dopo averne analizzato ruolo ed efficacia. L’8 marzo 2000, la Commissione sottopose il suo rapporto al Parlamento e al dipartimento del tesoro, con la proposta di cambi sostanziali nelle banche multilaterali di sviluppo.15

 

Quali istituzioni internazionali? - Le istituzioni sotto scrutinio erano il Fondo monetario internazionale, la Banca Mondiale, la Banca inter-americana di sviluppo (Inter-American Development Bank, IADB), la Banca asiatica di sviluppo (Asian Development Bank, ADB), la Banca africana di sviluppo (African Development Bank), la Banca dei regolamenti internazionali (Bank for International Settlements, BIS) e l’Organizzazione mondiale per il commercio (World Trade Organization, WTO).

 

I moderati: più impegno da parte di ricchi e poveri

I moderati ritengono che, per evitare crisi e risolvere i problemi dello sviluppo, tutti – ricchi e poveri – devono fare di più, visto che sinora si è fatto poco, ma soprattutto si è speso poco e male.

 

Risorse mal allocate

Ogni anno, il mondo spende per lo sviluppo 50 miliardi di dollari. Pochi, se comparati ai 1.000 miliardi (in aumento dagli 800 miliardi nel 1999) assorbiti da spese militari e ai 350 miliardi destinati a sussidi all’agricoltura di Europa e Stati Uniti. Mal spesi, visto che – a causa di sprechi e corruzione di donatori e beneficiari – solo una minima parte di quei dollari ha raggiunto i cittadini dei paesi poveri. Tra l’altro quasi mai consultati sul come spendere.

 

Che fare?

I paesi ricchi devono fare e dare di più. I leader politici dei paesi poveri devono impegnarsi in riforme democratiche vere. Poco può essere fatto senza uno sforzo maggiore da parte dei paesi industrializzati, che devono appoggiare con più fermezza i paesi che stanno riformando con efficacia, aumentare la quantità e la qualità degli aiuti finanziari, ed eliminare – attraverso il Doha round del commercio internazionale – le barriere al commercio che pregiudicano i paesi poveri. Questi ultimi, a loro volta, devono dimostrare un impegno più chiaro nel combattere la corruzione, proteggere i diritti attraverso riforme dei loro sistemi legali e finanziari, e concentrare le scarse risorse a disposizione su priorità quali acqua potabile, educazione e sanità per i molto poveri.

 

I progressisti: più responsabilità sociale

Mentre conservatori e moderati partono dalle cause, i progressisti partono dai fatti: ogni sera troppa gente va a letto affamata. La sofferenza umana è inaccettabile. È una crisi di per sé, che può essere evitata solo ripensando il sistema.

 

Creare le condizioni per lo sviluppo: risorse e stabilità

Lo sviluppo ha bisogno di più soldi e di più stabilità, sia a livello macroeconomico, per il «paese», che a livello microeconomico, per le famiglie. A livello macro, un mezzo per ottenere più soldi e stabilità è la riallocazione della spesa militare. Il mondo spende in armi venti volte di più di ciò che spende in sviluppo. Un’osservazione forse ingenua é che se si spendessero 1.000 miliardi in sviluppo, 50 miliardi in difesa potrebbero risultare più che sufficienti. Un altro mezzo è la Tobin Tax: genera risorse per il paese e – disincentivando le banche nazionali a esporsi a un eccesso di debito a breve termine – evita fughe di capitali e il panico che ne consegue. Ma ci sono altre proposte: nel gennaio 2004, in India, un rappresentante brasiliano al Forum Sociale Mondiale (World Social Forum)16 ha proposto di permettere l’uso dei fondi pensione come capitale iniziale per l’investimento sociale. Tale mossa per compensare l’uscita di capitali stranieri nelle crisi e per appoggiare i governi che si dedicano allo sviluppo sociale (come l’amministrazione Lula). A livello micro, un nodo centrale dello sviluppo è l’accesso al credito delle piccole imprese e dei meno abbienti. Più che favorire progetti e costruzioni a larga scala, gestiti da grandi multinazionali, è fondamentale incentivare il microcredito (questa posizione incontra il favore dei no global).

 

Che fare?

Per raggiungere risultati concreti in sanità ed educazione bisogna investire nei settori sociali. Per assicurare il rispetto dei diritti umani e proteggere l’ambiente e i diritti delle donne e dei lavoratori, bisogna che questi temi diventino centrali nelle politiche di credito della Banca Mondiale. Per esempio, molte operazioni della Banca vanno a toccare direttamente le leggi che regolano diritto e condizioni di lavoro nei paesi che ottengono i prestiti. Bisogna porre regole chiare in proposito, perché un declino degli standard lavorativi nei paesi in via di sviluppo non solo lede diritti internazionalmente riconosciuti, ma ha anche un impatto negativo sui lavoratori dei paesi industrializzati. Infine, una proposta più estrema, e ancora sotto scrutinio, è quella di spostare la sede della Banca Mondiale nell’area geografica dove si trovano i suoi interlocutori (per esempio in Africa), così da liberarla anche da una diretta influenza di Washington.

 

Conclusioni

Dalla sua fondazione, nel 1944, la Banca Mondiale ha appoggiato gli sforzi dei governi dei paesi in via di sviluppo, dal costruire strade, dighe, scuole e centri di salute al provvedere acqua ed elettricità, combattere le malattie e proteggere l’ambiente. Per questa sua attività è stata in varie occasioni al centro di dispute economico-politiche. Oggetto del contendere, più che il ruolo dell’istituzione, i mezzi per portare a compimento la sua missione. Nel tempo, tali dibattiti (e la conseguente influenza di progressisti, conservatori e moderati) l’hanno portata a cambiare il suo approccio e a provare vari «mezzi»: agli inizi ha usato la pianificazione, poi ha spinto il mercato e ora si avvale di un misto dei due.

Tuttavia, negli ultimi decenni, povertà e disuguaglianza sono aumentate, i conflitti continuano a scoppiare, milioni di bambini non vanno a scuola, l’AIDS e la malaria flagellano l’Africa e i paesi poveri non hanno i mezzi per far fronte ai loro problemi – perché privi di infrastrutture, sotto la piaga della corruzione e schiacciati da un debito troppo oneroso. Pur riconoscendo che la Banca non può, da sola, risolvere tutti i problemi sopra menzionati, il consenso è bipartisan. Tutti, conservatori, moderati o riformisti, sono d’accordo: l’istituzione potrebbe lavorare meglio. Le risorse della Banca Mondiale devono avere un impatto positivo e misurabile sulla vita di centinaia di milioni di persone nei paesi poveri. Se riformata, la Banca può contribuire ancora alla sua missione originaria: stabilità, crescita economica e pace.

L’agenda sulla quale tutti sono d’accordo prevede più trasparenza, più efficacia e più risorse. Prevede inoltre una riorganizzazione dell’architettura finanziaria internazionale. La Banca deve avere l’umiltà di capire il proprio ruolo relativo e dunque coordinarsi meglio con gli altri partner dello sviluppo.

 

 

Bibliografia

1 Per maggiori dettagli si veda la storia autorizzata della Banca Mondiale, di E. S. Mason e R. E. Asher, The World Bank since Bretton Woods, Brookings Institution, Washington D.C. 1973. Per la conferenza di Bretton Woods: Bretton Woods Agreements, United Nations Monetary and Financial Conference at Bretton Woods. Summary of Agreements, 22 luglio 1944.

2 Nel 2000, al «Millenium Summit» di New York, i 189 membri delle Nazioni Unite si sono impegnati al raggiungimento, entro il 2015, di 8 Millennium Development Goals (MDGs). Ossia si sono impegnati a: 1) dimezzare il numero di persone che vive con meno di un dollaro al giorno; 2) universalizzare la scuola primaria; 3) eliminare le disparità di sesso a ogni livello educativo; 4) ridurre di 2/3 la mortalità infantile dei bambini sotto i 5 anni; 5) ridurre di 3/4 il tasso di mortalità materna; 6) contenere la diffusione dell’HIV/AIDS; 7) migliorare la sostenibilità ambientale; e infine 8) rafforzare la partnership globale per lo sviluppo. Per approfondimenti, si vedano i siti internet di Banca Mondiale, www.developmentgoals. org; UN, www.un.org/millenniumgoals; UNDP, www.undp.org/mdg; IMF, www.imf.org/external/np/sec/nb/2001/nb0190.htm.

3 In termini di media individuale, un cittadino dei paesi più ricchi guadagna più di 40.000 euro all’anno, mentre 2,8 miliardi di persone – più di metà degli abitanti dei paesi in via di sviluppo – vive con meno di 700 euro all’anno, ossia meno di 2 euro al giorno.

4 Rimettere in moto l’economia, riparare e ricostruire infrastrutture e istituzioni danneggiate dalla guerra, togliere mine antiuomo, reintegrare ex combattenti e popolazioni sfrattate e concentrandosi sui gruppi più deboli, come vedove e bambini.

5 Gran parte dei paesi più poveri del mondo sono preda del circolo vizioso in cui la povertà causa conflitto e il conflitto causa povertà. In media, paesi che escono da una guerra affrontano un rischio di ricaduta del 50% nei primi cinque anni di pace. Per approfondimenti, si veda: www.worldbank.org/conflict.

6 Come co-sponsor di UNAIDS, il gruppo che coordina la risposta globale all’epidemia.

7 Condizioni per beneficiare dell’iniziativa sono: 1) la presentazione alla comunità internazionale di una strategia di lotta alla povertà (il Poverty Reduction Strategy Paper), preparata grazie a un’estesa partecipazione democratica; e 2) l’effettivo utilizzo in programmi anti-povertà (educazione, sanità, edilizia popolare e programmi di welfare) delle risorse liberate dal servizio del debito. Per approfondimenti si veda: Banca Mondiale, www.worldbank.org/debt ; IMF, www.imf.org/external/np/exr/facts/hipc.htm .

8 Nello stesso anno altri prestiti furono concessi per la ricostruzione di Olanda, Danimarca e Lussemburgo.

9 Per maggiori informazioni: www.worldbank.org/infrastructure .

10 Sul tema si veda il sito web del governo del Regno Unito e, in particolare, il secondo Libro bianco sullo sviluppo internazionale (White Paper on International Development) lanciato dal primo ministro Tony Blair l’11 dicembre 2000 e intitolato «Eliminare la povertà: fare sì che la globalizzazione funzioni per i poveri»: www.globalisation.gov.uk/index.htm .

11 Alla riunione annuale della Banca Mondiale e del Fondo Monetario a Dubai alla fine di settembre 2003, il ministro dello sviluppo tedesco, Heidemarie Wieczorek-Zeul, ha proposto la riforma dei meccanismi di voto e della struttura di presa di decisioni della Banca Mondiale: Proposta per la riforma dei meccanismi di voto e della struttura di presa di decisioni della Banca Mondiale, in «Magazine for Development and Cooperation», 11/2003;  www.inwent.org/E+Z/content/archive-eng/11-2003/fact_art1.html 

12 Il network anti-globalizzazione Attac (www.attac.org) ha descritto la proposta come insufficiente, argomentando che un aumento del 3% nei voti dei paesi in via di sviluppo non cambierà di molto il fatto che l’IMF e la Banca Mondiale sono istituzioni «profondamente non democratiche».

13 Nel febbraio 2001, durante il vertice G7 dei ministri delle finanze e dei governatori delle Banche centrali a Palermo, O’Neill (allora ministro dell’economia USA nella prima Amministrazione Bush), nell’asserire che i mercati, se lasciati operare, prevengono le crisi, ha paragonato la Banca Mondiale (e l’IMF) a pompieri che mai dovrebbero rispondere a urgenze. Per usare le parole di O’Neill: «Nel mondo ideale i pompieri non intervengono mai e imparano molto bene a giocare a scacchi».

14 Si veda, in proposito, la posizione del think tank conservatore Heritage Foundation (www.heritage.org), e in particolare: A. I. Eiras, IMF and World Bank Intervention: A Problem, Not a Solution, Heritage Foundation, 17 settembre 2003; www.heritage.org/Research/InternationalOrganizations/bg1689.cfm.

15 Per approfondimenti, si veda: US Congress and Department of Tresury, The International Financial Institution Advisory Commission (The Meltzer Commission), 2000; www.bicusa.org/usgovtoversight/meltzer.htm.

16 Il Forum Sociale Mondiale (World Social Forum, WSF) è una vasta rete di organizzazioni della società civile (ambientaliste, religiose, di sviluppo, di difesa dei lavoratori e delle donne), che ha formato una coalizione senza precedenti per promuovere proposte costruttive di riforma della Banca Mondiale.