Alberto Filippi

Alberto Filippi

insegna Storia e istituzioni delle Americhe all'Università di Camerino

Bolivia: la lunga transizione dall'utopia armata al socialismo comunitario

La lunga e ostacolatissima marcia dell’aymara Evo Morales – e degli oltre cinquanta movimientos sociales che lo hanno accompagnato – attraverso le istituzioni è giunta al punto cruciale di svolta: l’inizio del suo governo, con un programma quanto mai originale e ambizioso. Fra le priorità vi è quella di indire entro sei mesi un’Assemblea costituente che «rifondi politicamente e costituzionalmente» la Bolivia, generando le condizioni e le regole istituzionali per porre fine al Estado colonial e iniziare la lotta per la «seconda Indipendenza», dopo quella combattuta contro l’Impero borbonico tra il 1810 e il 1825, guidata da José de San Martín e Simón Bolivar e che diede vita alla República de Bolivia nel 1826.

 

Il justicialismo di Kirchner e le alleanze di governo e di opposizione

Il tema dell’attuale situazione politica argentina è vastissimo. Per iniziare ad affrontarlo, si è scelto di chiedere ad alcuni protagonisti del rinnovamento in corso, in modo particolare a coloro che lo seguono con pensiero critico, di introdurci all’analisi di questo primo anno della presidenza Kirchner, che si presenta come una «mutazione genetica» di notevole dimensione della cinquantenaria tradizione peronista. Infatti, sono lontanissimi i tempi nei quali Gino Germani parlava del peronismo come del fascismo de la clase obrera e del fascismo de izquierda. Ma anche del pur recente justicialismo neo-liberal menemista, che dominò negli anni Novanta compiendo – con catastrofici risultati – un vero e proprio rovesciamento pratico del populismo democratico post-guevarista dei montoneros, peraltro eliminati persino fisicamente dalla repressione criminale dei militari golpistas.

 

In memoria di Juan Carlos Portantiero. Note sulla diffusione del pensiero di Gramsci in America Lati

Lo scorso 9 marzo a Buenos Aires è morto all’età di settantatre anni uno degli intellettuali più rilevanti e influenti della sociologia e del socialismo nell’America Latina della seconda metà del secolo scorso. Maestro di varie generazioni di sociologi e politologi, sia in Argentina, nella sua università di Buenos Aires, dove negli anni Novanta è stato il preside della facoltà di sociologia, così come nelle varie sedi delle facoltà di Scienze sociali nei diversi paesi dell’America Latina e anche in Messico, dove fu esiliato durante gli anni del regime della Junta Militar.

I paradossi e le sfide istituzionali del presidenzialismo latinoamericano

È utile compiere una riflessione sulle aspre polemiche che si sono svolte negli ultimi mesi in America Latina, anche a seguito delle diverse tornate elettorali che hanno eletto e rieletto molti presidenti della Repubblica. Spesso – e non soltanto in Europa – si è interpretato, e si continua a interpretare, il ruolo della figura del presidente alla luce della tradizione dei grandi leader storici del populismo (basti pensare a caudillos così distinti come Cárdenas, Perón, Vargas o Betancourt) o, persino, dei dittatori militari del secolo scorso, i quali effettivamente concentravano ed esercitavano, sia pure con motivazioni e scopi del tutto opposti, enormi poteri che trascendevano il ruolo dell’esecutivo.

Il mito di Garibaldi nelle Americhe

Quando Garibaldi era ancora in vita il suo mito si era già esteso dall’Europa alle Americhe collocandolo, in maniera forse sorprendente per molti italiani e francesi dell’epoca, accanto a quello dei massimi eroi dell’indipendenza e della libertas americana: George Washington e Simon Bolivar. Molti fattori favorirono la progressiva elaborazione delle diverse forme, ideologiche e politiche, del mito garibaldino e dei suoi usi nella specificità storica del continente americano.