Quali indicazioni offre e quali limiti pone, per la futura legge elettorale, la sentenza della Corte che ha dichiarato l’incostituzionalità del Porcellum?
Dei tre modelli istituzionali prospettati dalla Commissione per le riforme costituzionali, il governo parlamentare del primo ministro è quello che più necessita di essere approfondito, sia in termini generali sia per quanto riguarda gli aspetti legati alla legge elettorale che porta con sé. Ispirato com’è all’esperienza dell’elezione diretta dei sindaci dopo il 1993, ambisce a trasporre a livello nazionale un sistema che ha dato buoni risultati a livello locale. Siamo però sicuri che l’esperimento possa funzionare?
Nella sinistra italiana è giustamente diffusa la consapevolezza che solo una disamina impietosa dei limiti e delle contraddizioni del riformismo espresso dai governi dell’Ulivo consentirà alle forze riformiste di superare la sconfitta e di tornare a proporre un progetto forte e credibile al paese. Tale disamina, tuttavia, spesso non si spinge oltre la critica, corretta ma alquanto generica, di un riformismo «dall’alto», incapace di mettere radici nella società, di incontrarne i bisogni e interpretarne i movimenti. Eppure è ragionevole pensare che l’azione riformatrice dei governi di centrosinistra abbia scontato anche limiti «di contenuto», relativi cioè a problemi che si è preferito non affrontare e a soluzioni che non si è avuto la forza di proporre.