Patrizio Bianchi

Patrizio Bianchi

economista, è assessore al Coordinamento delle politiche europeeallo sviluppo, scuola, formazione professionale, università,ricerca e lavoro della Regione Emilia-Romagna.

Prima le persone: Investire in formazione, innovazione e ricerca

L’esperienza dimostra che l’unica vera forza in grado di muovere un’economia e garantire lo sviluppo sono le persone. In una società come quella attuale, in cui la globalizzazione e le tecnologie hanno profondamente cambiato le dinamiche socioeconomiche, risulta di capitale importanza innalzare la capacità di ognuno di comprendere la complessità della realtà per poter divenire cittadini consapevoli e lavoratori in grado dicontribuire al generarsi e al consolidarsi di quelle innovazioni sociali ed economiche che costituiscono il motore dello sviluppo. Occorre pertanto tornare a investire in cultura, istruzione e, ora che l’Europa sta per fortuna riscoprendo la centralità della manifattura, anche in formazione tecnico-professionale.

 

Infrastrutture: come ridisegnare la collettività

Discutere di infrastrutture significa porre al centro dell’attenzione i beni della collettività, veicolo di cittadinanza e di modernizzazione
di un paese. Solo un ritorno alla concretezza e all’economia reale potrà aiutarci a superare la crisi e a trovare stabilità nel nuovo mondo globale; solo un’opera di “ricostruzione” e “integrazione” potrà avviarci verso un cammino di crescita.


Infrastrutture: come ridisegnare la collettività

Discutere di infrastrutture significa porre al centro dell’attenzione i beni della collettività, veicolo di cittadinanza e di modernizzazione di un paese. Solo un ritorno alla concretezza e all’economia reale potrà aiutarci a superare la crisi e a trovare stabilità nel nuovo mondo globale; solo un’opera di “ricostruzione” e “integrazione” potrà avviarci verso un cammino di crescita.

La crisi italiana nel mondo globale: investire sulle persone per tornare a crescere

La grande crisi ha portato a un ridisegno della produzione a livello mondiale, con il riposizionamento di fasi e cicli produttivi in quei contesti che appaiono più favorevoli per sviluppare le singole attività; la crisi italiana si accentua per un verso perché il numero di imprese in grado di operare da leader nel nuovo scenario è limitato e per l’altro perché politiche di progressivo depauperamento del capitale umano rendono meno attrattivo posizionare in Italia le fasi a più alto valore aggiunto dei cicli produttivi distribuiti a livello mondiale.

Stato e mercato: quale ruolo per la politica industriale

Si ritorna oggi, in piena crisi finanziaria, a discutere del rapporto fra Stato e mercato e delle azioni che lo Stato può realizzare per rilanciare il sistema produttivo. In questi anni, tuttavia, il concetto stesso di politica industriale è molto cambiato. In passato la politica industriale è stata intesa come un ventaglio di azioni del governo centrale destinate a fornire sussidi o sanzionare soggetti economici allo scopo di indirizzarne i comportamenti. Oggi, grazie in particolare all’esperienza europea, essa è diventata un insieme di interventi, anche promossi e gestiti da soggetti diversi, resi coerenti da una comune visione strategica di lungo periodo. Sono oggi necessari, però, profondi interventi nelle istituzioni e, soprattutto a livello europeo, una maggiore legittimazione democratica.

Crisi della FIAT o crisi del capitalismo italiano?

La malattia della FIAT, così clamorosamente evidenziatasi con la dichiarazione dello stato di crisi richiesta ad ottobre 2002, non era certamente inattesa né imprevedibile. Da tempo si accumulavano segnali di malessere sempre più profondo al punto che lo stesso parlamento ha ritenuto di predisporre nella scorsa primavera un’indagine conoscitiva sull’industria dell’automobile. Dopo aver sentito i vertici aziendali, i sindacati, le autorità locali coinvolte, gli esperti ed infine lo stesso governo, le commissioni riunite di Camera e Senato segnalarono con chiarezza il rischio di una pesante crisi della FIAT alla ripresa autunnale, con la richiesta al governo di predisporre per tempo tutte le condizioni per evitare il collasso dell’impresa e nel contempo all’azienda ed alla proprietà di chiarire rapidamente la strategia di lungo periodo, così da ridurre quelle incertezze che segnavano in maniera evidente la situazione del gruppo.