Dizionario civile - Italianieuropei

Avanza la lotta delle donne in Iran. Convivere con il futuro. Italianieuropei 1/2023

Avanza la lotta delle donne in Iran Da quando, lo scorso settembre, Mahsa Amini, ventiduenne curda, è stata arrestata per il suo velo ritenuto mal posto ed è poi morta dopo tre giorni di violenze subite in una stazione della polizia morale, in Iran giovani e donne tengono vivo un movimento di protesta contro il regime che vede nella politicizzazione del corpo femminile il suo elemento distintivo più dirompente.

Convivere con il futuro La diffusione dell'intelligenza artificiale e delle sue molteplici applicazioni sta operando una nuova rivoluzione tecnologica di cui, ad oggi, riusciamo ad intravedere solo in parte opportunità e rischi. Come cambierà la nostra vita in un futuro che è già presente? Come intervenire per governare con la lucidità e la competenza necessarie trasformazioni così rapide e incisive?

 

Il soft power dei paesi del Golfo

Potenza del soft power. Quello che ti fa conquistare continenti interi (vedi l’Africa) e avere la presa sulle economie occidentali, senza aver bisogno di eserciti iper armati o di guerre di aggressione. Il soft power. Grazie al quale paesi di pochi milioni di abitanti, ma ricchissimi di risorse energetiche, oggi dettano legge, o quasi, nel mondo. Una penetrazione capillare, eguagliata e in parte superata solo dal soft power della Cina, che rende un retaggio del passato, anche se drammaticamente riproposto da un anno con la guerra in Ucraina, l’hard power militare della Federazione russa. Una (relativa) potenza armata, la Russia, ma una debolezza economica conclamata, quella di Mosca, se rapportata non soltanto al gigante cinese ma anche alle petromonarchie del Golfo.

Neutralità o pragmatismo? La “terza via” dell’Oman

Incastonato tra Mar Arabico e Stretto di Hormuz (chokepoint strategico che collega il Medio Oriente con l’Oceano Indiano e dal quale transita circa il 25% degli idrocarburi mondiali), l’Oman rivendica da sempre un ruolo di terzietà rispetto ai suoi vicini arabi del Golfo Persico. Un’indipendenza rispetto a Riad e alla sua assertiva politica leaderistica nell’area del Gulf Cooperation Council (GCC), così come un’autonomia totale rispetto a posizioni nette da assumere nella maggior parte dei conflitti o dei dossier regionali. Al contempo, l’Oman non ha mai interrotto le relazioni diplomatiche con nessun governo arabo o del suo vicinato strategico, né tantomeno ha mai deciso di allinearsi con un blocco geopolitico contro un altro.

La Cina nel Golfo Persico

Per parlare del ruolo prominente che la Cina occupa oggi nelle dinamiche economiche e politiche del Golfo Persico è subito necessario sgomberare il campo da una sorta di pregiudizio che sottende tante analisi sul tema, ovvero quello che la Cina sia sostanzialmente un nuovo arrivato nella regione. Infatti, se è vero che nell’ultimo decennio la presenza cinese nell’area ha visto un salto di qualità, le relazioni tra i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC), l’Iran e Pechino non sono più un fatto nuovo – basti pensare che, senza scomodare gli scambi commerciali, umani e culturali lungo l’antica Via della seta, Cina e Iran hanno relazioni diplomatiche ufficiali dal 1971. Alla base di questo equivoco c’è sicuramente il fatto che, almeno negli ultimi cinquant’anni, gli Stati Uniti sono stati la principale potenza esterna nella regione mentre per la Cina, in termini di priorità strategiche, il Golfo Persico – e più in generale il Medio Oriente – resta una regione di secondaria importanza, soprattutto se comparata a teatri meno periferici come Taiwan e la regione indo-pacifica.

Il Golfo necessario. Le monarchie neutrali nell’era multipolare

Di nuovo, le monarchie del Golfo dimostrano di saper utilizzare le crisi per ridefinire il proprio status, nonché ruolo, nell’ordine regionale e anche internazionale. Passando a un livello successivo – spesso migliore del precedente – in termini di influenza e potere. C’è infatti qualcosa di già vissuto nel modo in cui le monarchie stanno attraversando la crisi internazionale seguita all’invasione russa dell’Ucraina. E rimanda al 2011, l’anno delle rivolte arabe (le cosiddette “Primavere”) in Medio Oriente e nel Nord Africa. Oltre un decennio fa, le monarchie del Golfo, soprattutto Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (EAU) e Qatar, riuscirono a trasformare la forza energetica ed economica in forza geopolitica. Mentre l’ordine regionale era terremotato da rivolte dagli esiti multiformi (Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Yemen), Riad, Abu Dhabi e Doha guadagnavano influenza economica, politica e militare tra Medio Oriente e Nord Africa, spesso in competizione tra loro.

In questo numero

Avanza la lotta delle donne in Iran Da quando, lo scorso settembre, Mahsa Amini, ventiduenne curda, è stata arrestata per il suo velo ritenuto mal posto ed è poi morta dopo tre giorni di violenze subite in una stazione della polizia morale, in Iran giovani e donne tengono vivo un movimento di protesta contro il regime che vede nella politicizzazione del corpo femminile il suo elemento distintivo più dirompente.

Convivere con il futuro La diffusione dell'intelligenza artificiale e delle sue molteplici applicazioni sta operando una nuova rivoluzione tecnologica di cui, ad oggi, riusciamo ad intravedere solo in parte opportunità e rischi. Come cambierà la nostra vita in un futuro che è già presente? Come intervenire per governare con la lucidità e la competenza necessarie trasformazioni così rapide e incisive?

 

Articoli del numero 5/2021

Del numero 5/2021 di Italianieuropei sono disponibili integralmente gli articoli di Renato Brunetta, Marianna Madia, Renzo Guolo, Silvia Colombo, Nicolò Carboni, Enzo Di Nuoscio.



 

Pubblica amministrazione, quale riforma. 11 settembre, venti anni dopo. Italianieuropei 5/2021

Pubblica amministrazione, quale riforma L’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza richiede alcune importanti riforme di contesto, tra cui fondamentale è quella che riguarda la Pubblica amministrazione. Ma se c’è ampio consenso circa gli obiettivi della riforma, che mira ad una PA più efficiente, efficace, digitalizzata e snella grazie ad interventi di semplificazione e sburocratizzazione, una riflessione più approfondita appare necessaria per definire nel dettaglio gli interventi da compiere e le migliori modalità di azione.

11 settembre, venti anni dopo A due decenni di distanza dagli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono si impone una riflessione su quanto accaduto nell’area del pianeta in cui più che altrove si è concretizzata la reazione statunitense a quella aggressione. È infatti nel Grande Medio Oriente dei conflitti afghano e iracheno, della guerra civile siriana, della destabilizzazione libica, degli avvicendamenti al potere innescati dalle Primavere arabe, nell’oblio che ha avvolto il conflitto israelo-palestinese che si possono intravedere le conseguenze geopolitiche più rilevanti di quanto avvenuto in quella tragica mattina americana del 2001.

Quel che resta del giorno

La scena non può essere che l’annunciato, ma non meno sorprendente, ritorno al potere dei Taliban e quella della precipitosa e drammatica fuga occidentale dall’Afghanistan. Due decenni di conflitto, migliaia di vittime, masse di profughi, gigantesche risorse investite. Poi, quei turbanti nel palazzo presidenziale di Kabul. Come se il tempo fosse trascorso vanamente. In realtà le cose non sono così semplici, ma l’epilogo afghano produce, comunque, un effetto straniante. E suscita interrogativi che non si possono eludere.
Cosa rimane della lunga stagione iniziata con l’attacco di al Qaeda all’America, proseguita con le guerre di Bush jr. in Afghanistan e Iraq, la teorizzazione dell’esportazione della democrazia con ogni mezzo, la violenta deflagrazione siriana, l’illusoria stagione delle cosiddette “primavere arabe”, la proclamazione dello Stato islamico, la campagna terroristica in Occidente come articolazione del jihad globale, il riposizionamento dei regimi autocratici della Mezzaluna in funzione di antemurale islamista?

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