Italianieuropei 2/2007

il Sommario

l' Editoriale

Un bipolarismo con standard europei

La transizione istituzionale ha accompagnato una più vasta evoluzione sociale e politica rimuovendo vecchie anomalie: l’unità ideologica della sinistra intorno a un’egemonia comunista e il suo riflesso speculare dell’unità elettorale dei cattolici nella DC, sistemi elettorali destinati esclusivamente a fotografare e non a trasformare le opinioni in decisioni, un livello troppo elevato di centralismo nel rapporto centro-periferia. Ne sono però sopravvissute altre e se ne sono formate di nuove, poco sostenibili in un quadro europeo. Sul piano più elevato, quello costituzionale, l’anomalia più evidente è la persistenza di due camere entrambe titolari di un rapporto fiduciario.

gli Articoli

LAICITA'

Laicità e Partito Democratico

di Giuliano Amato e Ignazio R. Marino

Giuliano Amato È stato scritto da più parti che il tema della laicità rischia di essere il vero pomo della discordia su cui può infrangersi l’unità necessaria al Partito Democratico. Sono convinto anch’io che è un pomo di discordie possibili, ma lo è forse per ragioni diverse da quelle che usualmente si riconducono al dibattito sulla laicità e quindi al tema dei rapporti tra Stato e Chiesa, tra istituzioni civili e istituzioni religiose.

Ignazio R. Marino Ritengo anch’io che il nodo della laicità nella costituzione di un partito nuovo sia centrale e che oggi viviamo in un’epoca storica nella quale i rapporti tra Stato e Chiesa, soprattutto in un paese come il nostro, in cui questi rapporti sono regolati dal Concordato, di fatto costituiscono una situazione della quale si debba tener conto con serietà, rigore ed equilibrio.

LAICITA'

Omogeneità e divergenze nel Partito Democratico

di Luciano Cafagna
Tre faglie attraversano l’area del centrosinistra, con solchi, per la verità, discretamente profondi. Una riguarda la visione dei problemi internazionali, una seconda riguarda i problemi economico-sociali, e, infine, una terza riguarda la visione dei problemi «eticamente sensibili» o, se si vuol considerare la cosa da un altro punto di vista, il modo di concepire la laicità della politica. Queste «faglie» sono caratterizzate dal fatto di attraversare in maniera non sovrapponibile le frontiere organizzative delle formazioni che compongono la coalizione di cui consta il centrosinistra italiano.
LAICITA'

Sia benedetto il Partito Democratico

di Stefano Menichini
Tre faglie attraversano l’area del centrosinistra, con solchi, per la verità, discretamente profondi. Una riguarda la visione dei problemi internazionali, una seconda riguarda i problemi economico-sociali, e, infine, una terza riguarda la visione dei problemi «eticamente sensibili» o, se si vuol considerare la cosa da un altro punto di vista, il modo di concepire la laicità della politica. Queste «faglie» sono caratterizzate dal fatto di attraversare in maniera non sovrapponibile le frontiere organizzative delle formazioni che compongono la coalizione di cui consta il centrosinistra italiano.
LIBERALIZZAZIONI

La political economy delle liberalizzazioni

di Andrea Pezzoli
La politica della concorrenza è anche e soprattutto uno sforzo di persuasione. La scarsa percezione dei benefici (in effetti spesso differiti nel tempo e di portata contenuta per il singolo cittadino, ma assai rilevanti per il sistema economico nel suo complesso, soprattutto se apprezzati in una prospettiva dinamica) e la voce flebile e non organizzata dei consumatori rendono inevitabilmente più assordanti ed efficaci le proteste (voci decisamente organizzate) delle categorie direttamente interessate dagli interventi di liberalizzazione. In altre parole, quando si affronta il problema delle liberalizzazioni, quasi inevitabilmente sono i costi sopportati dalle categorie che vengono esposte alla concorrenza che saltano agli occhi, assai meno i benefici derivanti dall’apertura dei mercati, sia che si tratti dei benefici direttamente percepiti dai consumatori e dagli utenti ovvero della maggior competitività del sistema economico e dunque delle maggiori possibilità di crescita. I costi sopportati nel breve termine da alcune specifiche categorie produttive tendono ad offuscare gli effetti positivi sul benessere collettivo.
LIBERALIZZAZIONI

Le privatizzazioni in Italia: qualche utile lezione

di Stefano Micossi

Il processo di privatizzazione delle imprese di proprietà pubblica, avviato in Italia nei primi anni Novanta, è diventato un caso di studio e un riferimento a livello internazionale, per la dimensione delle vendite, nel mondo inferiori solo a quelle del Giappone e del Regno Unito, ma anche per l’efficace sequenza delle vendite e le procedure trasparenti L’avvio delle privatizzazioni fu imposto dal grave deterioramento dei conti delle aziende a partecipazione statale, soprattutto l’IRI e l’EFIM, in una fase in cui anche i conti dello Stato erano in condizioni non più sostenibili, dopo oltre un decennio di elevati disavanzi che avevano fatto lievitare il debito pubblico oltre il 120% del PIL.

LIBERALIZZAZIONI

La ripresa di un'agenda per le liberalizzazioni

di Michele Grillo
Le liberalizzazioni fanno parte dell’agenda della politica economica italiana da oltre un decennio. La spinta iniziale non è maturata all’interno del paese, ma è venuta da Bruxelles, quando, negli anni Ottanta, ci si pose l’obiettivo di estendere l’unificazione del mercato europeo a tutte le attività economiche e, in particolare, al vasto comparto dei servizi. L’Italia ha risposto alla sollecitazione europea introducendo nella legislazione nazionale, con la legge 287 del 1990, i principi di diritto della concorrenza contenuti nel Trattato di Roma e riconoscendo, nel sistema istituzionale, un ruolo primario all’Autorità garante della concorrenza e del mercato che la legge istituiva. Nella seconda metà degli anni Novanta, la politica economica italiana ha considerato momenti salienti del suo calendario il recepimento delle direttive europee di liberalizzazione di alcuni servizi a rete (TLC, energia elettrica e gas).
LIBERALIZZAZIONI

Dallo Stato al mercato: un trend o un ciclo?

di Giuseppe Coco

La riforma dei servizi infrastrutturali ha recentemente avuto un ruolo centrale nelle politiche economiche di tutti i paesi avanzati. Con vari gradi, in ogni paese si è sviluppata una crescente insoddisfazione causata dallo stato delle cose e dalla struttura storica prodottasi nel corso del secolo scorso. Le riforme che ne sono conseguite, pur con caratteristiche ampiamente differenti, in particolare tra gli Stati Uniti e i paesi europei, hanno avuto un denominatore comune: il progressivo ritirarsi dello Stato dal controllo diretto sulle decisioni in diversi settori. In questo saggio verranno presi in considerazione i principali trend comuni in alcuni paesi ad economia avanzata, le differenze nei processi di riforma e si discuteranno alcune riforme di particolare significato e dense di conseguenze per l’esperienza italiana. Infine, si cercherà di rispondere alla domanda proposta nel titolo alla luce di alcuni sviluppi recenti.

LIBERALIZZAZIONI

Assetti di mercato e concorrenza nelle public utilities in Europa

di Laura Cavallo

Il percorso di liberalizzazione dei servizi pubblici ha avuto alterne fortune. A periodi in cui sembrava che liberalizzazione e privatizzazione dovessero rappresentare il fulcro di una nuova politica economica, si sono alternati periodi in cui le difficoltà incontrate o i dubbi sull’effettivo beneficio conseguito dal consumatoreutente dalle liberalizzazioni già avviate hanno sensibilmente frenato o comunque rallentato il processo in corso.

LIBERALIZZAZIONI

Riformismo mancato e «libertà di mercato». Sulle vicende della Commissione d'inchiesta antitrust

di Mattia Granata

Sul finire degli anni Settanta, ripercorrendo l’evoluzione del capitalismo italiano nel dopoguerra, Guido Carli, allora presidente della Confindustria, attribuiva alla sottovalutazione del tema della concorrenza e degli strumenti più adatti a favorirne il libero dispiegarsi nei mercati uno dei fattori ritardanti significativi, che avevano segnato lo sviluppo del paese.

 

LIBERALIZZAZIONI

Riforme economiche nell'area euro: esiste un'agenda comune?

di Xavier Debrun Jean Pisani-Ferry
Nonostante i recenti segni di ripresa, la situazione economica dell’area dell’euro rimane molto deludente. Per questa ragione, l’inderogabile priorità rimane quella di ideare e attuare politiche che abbiano l’obiettivo di accrescere la produzione potenziale attraverso un aumento dei posti di lavoro, una maggiore partecipazione delle maestranze e una maggiore produttività, e di fare in modo che la produzione reale non resti indietro rispetto ai miglioramenti della produzione potenziale.
EUROPA/EUROPE

L'evoluzione del Trattato costituzionale europeo e le prospettive future dell'Unione

di Ernst Stetter
Molta strada è stata percorsa tra la firma dei Trattati di Roma nel 1957 e il cinquantesimo anniversario dell’Unione europea celebrato a Berlino nel marzo 2007. Dopo la mancata ratifica del Trattato costituzionale da parte di due stati membri dell’Unione, il progetto europeo rischia di orbitare all’infinito senza concludersi. In questo momento l’UE si trova realmente a girare su se stessa, dopo essere entrata in una fase di riflessione sul futuro dell’Europa. Se nei Paesi Bassi oggi si parla poco della Costituzione, in Francia – dove sia a sinistra sia a destra la si considera più o meno defunta – sembra si sia imboccata definitivamente una spirale discendente.
EUROPA/EUROPE

Il miracolo bulgaro e il futuro della politica europea nei Balcani

di Gerald Knaus e Kristof Bender
Agli inizi del 2007 l’Unione europea si trova ad affrontare diverse questioni, in relazione all’integrazione europea dei paesi dei Balcani occidentali. Mentre Bulgaria e Romania hanno fatto il loro pieno ingresso nell’Unione e la Croazia sta compiendo rapidi progressi nei negoziati, i paesi dei Balcani occidentali rimangono in una specie di limbo. Uno solo, la Repubblica di Macedonia, è divenuto un candidato ufficiale. Serbia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina non hanno ancora neppure siglato accordi di associazione. Una chiara prospettiva europea non è stata definita neanche per il (prossimamente) semi-indipendente Stato del Kosovo. Per i popoli dei Balcani occidentali, l’eventuale ingresso nell’UE rimane una prospettiva molto distante e assai incerta. 
EUROPA/EUROPE

L'adesione di Bulgaria e Romania all'Unione europea: rischi e opportunità

di Salvatore Monni Alssandro Spaventa
Dell’ingresso di Romania e Bulgaria, avvenuto lo scorso primo gennaio e che ha portato a ventisette i paesi membri dell’Unione europea, si è parlato in questi mesi soprattutto in relazione ai timori di eventuali flussi migratori di massa e alle conseguenze che questi ultimi avrebbero in termini di sicurezza per i cittadini. Insomma sembrerebbe che la storia si sia fermata alla Dacia senza peraltro ricordare quanto questa provincia romana fosse fiorente. Il fenomeno è ovviamente più complesso. I nostri rapporti con questi due grandi paesi dell’Europa centro-orientale non solo non sono esclusivamente legati ai flussi migratori, ma ad essi ci legano, oltre che dei forti legami di carattere storico culturale,1 importanti relazioni commerciali.  
INDIA

India e Unione europea: partner naturali per la pace e lo sviluppo

di Malcolm Subhan

Le relazioni dell’India con l’Unione europea sono più generalizzate e più produttive di quelle che la legano a qualsiasi altro attore globale. Negli ultimi due anni l’India e l’UE si sono impegnate nel compito rivoluzionario di trasformare le relazioni intessute nei precedenti quarantacinque anni in una partnership strategica, in un rapporto stabile e fondato su basi ampie, su valori condivisi di democrazia, pluralismo, legalità e rispetto dei diritti umani. Il primo ministro Manmohan Singh e il suo interlocutore finlandese, Matti Vanhanen, hanno riconosciuto l’importanza dei progressi compiuti verso questo obiettivo durante il vertice di Helsinki del 13 ottobre 2006, il settimo dei summit tra India e Unione europea svoltisi dal 2000 a oggi.

INDIA

Le relazioni triangolari fra India, Cina e Russia. Una prospettiva centro-asiatica

di Abdusamat Khaydarov
La disgregazione del sistema bipolare, la perdita da parte della Russia del ruolo di equal partner degli Stati Uniti e la transizione verso una ristrutturazione delle relazioni internazionali sono state accompagnate dalla formazione di nuovi centri regionali di potere che aspirano a partecipare su un piano paritario al processo politico globale. Tra gli Stati che rivendicano una leadership si possono annoverare gli eredi di due tra le civiltà più antiche, quelle dell’India e della Cina. Entrambi i paesi, che si estendono su di un vasto territorio e vantano una numerosissima popolazione,1 sono entrati nel Ventunesimo secolo con speranze e nuove prospettive di sviluppo. Un tasso di crescita mai in calo negli ultimi vent’anni ha fatto sì che entrambi arrivassero a svolgere un ruolo fondamentale nella vita politica del continente asiatico.
INDIA

Le relazioni tra India, Stati Uniti e Cina. Il loro impatto sullo sviluppo e la pace in Asia

di Ouyang Liping

Cina e India sono vicini di casa. Per la Cina, il 2006 ha rappresentato il ventesimo anno di crescita economica ininterrotta, con un andamento medio del 7,9%. Per l’India vale la pena citare l’articolo di Gurcharan Das, apparso recentemente su «Foreign Affairs»,1 in cui si afferma che «l’economia indiana ha registrato una crescita annua del 6% tra il 1980 e il 2002, e del 7,5% tra il 2002 e il 2006, tale da renderla la quarta al mondo per dimensioni, e si appresta a superare il Giappone, collocandosi così al terzo posto». La Cina, nel perseguimento dei propri obiettivi generali di politica estera, ha dato la massima priorità alle azioni diplomatiche con i paesi confinanti e da un paio d’anni sostiene di voler stabilire rapporti di buon vicinato stabili e reciprocamente vantaggiosi con tutti i paesi con cui confina, e si sa quali straordinari risultati abbia ottenuto.

LE IDEE

Il federalismo fiscale Un diverso modo di governare unitariamente il paese

di Vasco Errani
Le regioni hanno fortemente condiviso l’impegno che il governo ha assunto nel documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) 2007-2011, di dare piena attuazione al federalismo fiscale applicando l’articolo 119 della Carta costituzionale. Questo documento, tra l’altro, impegna il governo a sostituire l’imposizione dei tetti alla spesa degli enti territoriali con un vincolo sul saldo. I vincoli sulla spesa, infatti, non risultano coerenti con il processo di decentramento in corso. Il vincolo sul saldo, a differenza di quello sulla spesa, lascia al governo locale la possibilità di decidere come rispettarlo, intervenendo o con tagli alle spese (decidendo anche quali), o aumentando le entrate o con un mix dei due. Il vincolo sui saldi, inoltre, è utile anche in un contesto dinamico, in quanto permette di evitare di trasferire eventuali futuri disavanzi sul bilancio centrale.
ARCHIVI DEL RIFORMISMO

Il dialogo come valore Norberto Bobbio e i dilemmi della democrazia

di Giuseppe Abbracciavento
All’indomani della Liberazione, la ritrovata libertà di stampa dopo la catastrofe del fascismo consentì la rinascita di un ampio dibattito sul futuro assetto politico-istituzionale da dare all’Italia. Si trattava di rideterminare, tra le mille difficoltà del momento, le forme e i modi di una piena convivenza democratica in un paese, come l’Italia, arrivato esausto al termine della guerra e che iniziava appena allora a fare i conti con i residui che il fascismo lasciava dopo vent’anni di dittatura. Bobbio, all’epoca professore di Filosofia del diritto a Padova, partecipa attivamente a questo dibattito attraverso numerosi scritti in maggioranza apparsi, a partire dal giugno del 1945, su «GL-Giustizia e Libertà», il quotidiano del Partito d’Azione diretto da Franco Venturi, che di lì a poco, parallelamente alla crisi e al tramonto dell’azionismo, avrebbe però cessato le pubblicazioni.
ARCHIVI DEL RIFORMISMO

La famiglia Schucht

di Antonio Gramsci jr.
Gramsci (specialmente la più nota scritta da Giuseppe Fiori) contengono l’errore di attribuire un’origine scandinava alla famiglia Schucht. In realtà gli Schucht provengono dalla Germania, verosimilmente dalla parte meridionale ove sono forti le tradizioni cattoliche, tanto che tutti gli Schucht sono cattolici. Uno dei rappresentanti della casata degli Schucht si arruolò nella guerra russo-svedese del 1700-1711 come ufficiale dell’esercito di Carlo XII. In seguito alla disfatta delle truppe svedesi venne fatto prigioniero e restò a vivere in Russia. Secondo una tradizione attendibile il vero cognome della famiglia sarebbe Shacht e non Schucht. L’errore nella trascrizione del nome in russo deriverebbe dalla lettura non corretta del segno gotico «a» che ricorda il segno latino «u».