Nicola Rossi

Nicola Rossi

è deputato dei Democratici di Sinistra

Il riformismo all'opposizione

Da qualche tempo un nuovo luogo comune si è impadronito della sinistra: l’idea che negli anni più recenti essa si sia occupata troppo di economia e poco, troppo poco, della società. Troppo di Maastricht, dell’ e u ro, del risanamento delle finanze pubbliche, del funzionamento dei mercati e poco, troppo poco, dell’immigrazione o delle condizioni di lavo ro. È un’analisi superficiale e sbagliata e, almeno per quanto riguarda la sinistra italiana autoconsolatoria. Se solo si fosse voluto – questa è l’idea – si sarebbe potuto correggere il tiro; e comunque è bene farlo ora, subito, prima che sia troppo tardi. Purtroppo non è così semplice. Non si tratta, infatti, di passare da un tema all’altro: abbiamo di fronte, piuttosto, due questioni apparentemente distanti se non contraddittorie, ma nella realtà strettamente connesse.

 

Dai cento giorni ai cinque anni: il "senso di una direzione"

Quanto è cambiato il capitalismo italiano – o quanto sono cambiati i capitalisti italiani – dal tempo di Alessandro Rossi? Sarà forse una deformazione professionale ma mi pare utile partire da questa domanda per discutere le questioni sollevate dallo scambio tra D’Alema e Profumo.1 È lo stesso D’Alema, d’altra parte, a ricordare che «le nostre debolezze vengono da lontano» (anche se forse non pensa vengano da tanto lontano…). Si può partire utilmente da Alessandro Rossi per chiederci quale fosse il «senso della direzione» prima che esso andasse perduto, come lamentata da Profumo. E per chiederci se sia desiderabile recuperare vecchi ordini di marcia e, in caso di risposta negativa, se e come sia possibile individuare e perseguire direzioni nuove, che rispondano più che in passato agli interessi nazionali, tenuto delle «condizioni al contorno», soprattutto internazionali, dalle quali il nostro capitalismo, piaccia o meno, non può astrarsi. 

Mezzogiorno: uno sguardo dall'alto

Caltanissetta, 16 novembre 2004: «Le grandi cifre riguardanti i livelli di reddito e di occupazione continuano a porre in evidenza un distacco inaccettabile fra il Mezzogiorno e il resto del paese. Intollerabile è lo spreco di risorse umane e naturali, e di potenzialità». Le parole del presidente Ciampi costituiscono l’ineludibile punto di partenza per una riflessione sul Mezzogiorno d’Italia. Una riflessione che non può non partire da una semplice constatazione: se progressi vi sono stati nel Mezzogiorno in questi ultimi anni, essi sono stati troppo esigui per poter sperare di veder superata la «questione meridionale» nella prima metà del secolo appena apertosi.

Immigrazione ed integrazione sociale

L’immigrazione non è fenomeno destinato a scomparire. È un’esigenza demografica ed economica dei paesi di destinazione ed una valvola di sicurezza per quelli d’origine. È una speranza per molti individui alla ricerca di un modo per migliorare le proprie condizioni di vita. Eppure i paesi ospitanti sembrano oramai ingabbiati in un circolo vizioso. Dove politiche restrittive generano una composizione non ottimale dei flussi migratori legali ed illegali la quale, a sua volta, non fa che accrescere le difficoltà incontrate dagli immigrati nel mercato del lavoro e, di conseguenza, l’ostilità dei cittadini nei loro confronti che inevitabilmente finisce poi per tradursi in politiche ancora più restrittive e discriminatorie.

 

Perché Blair ha ragione

Capacità di definire l’agenda politica, chiarezza di obiettivi, forza comunicativa, passione civile: è difficile non scorgere questi tratti nel saggio di Tony Blair. Ed è forse anche per questo motivo, per la distanza fin troppo marcata fra quei tratti e – con la sola eccezione della passione civile – i caratteri attuali della sinistra italiana, che si può essere tentati dal leggere le pagine di Tony Blair in termini quasi esclusivamente britannici. Verrebbe da dire insulari.

 

Un'agenda riformista per l'economia

Solo sette mesi sono passati dall’11 settembre ma tanti editoriali di quei giorni sembrano già distanti anni. L’immagine di un’economia di guerra. Il richiamo ad un rinnovato ruolo dell’intervento pubblico nell’economia. La concitata rincorsa a non meglio definiti «pacchetti» di sostegno di questa o quella economia. L’affrettata riabilitazione del fine tuning e del deficit spending. Il malcelato sollievo per l’insperata conclusione della stagione del rigore e della responsabilità fiscale. Per qualche settimana è parso che nelle macerie delle Twin Towers potesse finire per essere seppellita anche quella disciplina fiscale che in questi anni la sinistra riformista aveva con fatica saputo fare propria riconoscendone il significato più profondo in termini, in primo luogo, di equità fra generazioni.

 

Una controriforma economica

Varata la legge finanziaria, approvati i decreti legge che la sostengono, presentate le deleghe al governo in materia sociale e fiscale, il quadro della politica economica governativa può considerarsi in larga misura completato. È possibile, quindi, darne oggi una valutazione complessiva. Legata non a questo o a quell’aspetto di un singolo provvedimento, ma riferita alla strategia economica del centrodestra italiano nel suo complesso. Capace di distinguerne gli aspetti di breve da quelli di medio-lungo periodo. Tesa ad individuare permanenze e discontinuità nella condotta della politica economica. Per quanto riguarda gli aspetti congiunturali, è negli ultimi giorni di ottobre che si concretizza con chiarezza il cambio di rotta rispetto al più recente passato.

 

Rischio e merito

Provate a domandare ad un campione rappresentativo di italiani se preferiscono un lavoro sicuro ma meno redditizio ad uno meno sicuro ma con prospettive di reddito più interessanti. Provate a domandare agli stessi italiani se eventuali aumenti salariali dovrebbero essere distribuiti in maniera uguale a tutti i dipendenti di una data impresa o se invece dovrebbero essere concentrati sui dipendenti a più elevata produttività. E ancora se, guardando in avanti, immaginano orizzonti piatti o profili di vita dinamici e frontiere che si spostano incessantemente in avanti. E provate a leggere le risposte a queste domande, guardando alla composizione per età del campione.