Editoriale 4/2017

Di Peppino Caldarola Giovedì 07 Settembre 2017 14:26 Stampa

 

Firmo per la prima volta un numero di “Italianieuropei” e ringrazio per il lavoro fatto Daniela Reggiani, oggi impegnata in altri compiti, e soprattutto Massimo D’Alema, che ha voluto che io prendessi que­sta responsabilità dandomi la più ampia libertà di movimento. Sono in una fase della vita in cui preferisco dare consigli, molto spesso per iscritto, piuttosto che partecipare direttamente all’agone politico. “Italianieuropei” mi dà la possibilità, però, di fare entrambe le cose con una formula che mi diverte assai.

Una rivista non è ciò che tu scrivi. Il tuo compiacimento non è nell’editoriale o nell’articolo che viene letto e, se capita, addirittura apprezzato. Una rivista, una bella rivista come questa, è un piccolo esercito che va fuori dai propri accampamenti e cerca di intercettare le coscienze, anche quelle meno disposte favorevolmente verso i tuoi temi, con cui ingaggiare una battaglia di conquista.

Noi non vogliamo essere ipocriti. Questa rivista rappresenta stori­camente, e lo farà per tutto il tempo in cui ci sarò io, il lavoro per dar vita in Italia a una sinistra grande, a una sinistra che combatta il pensiero unico e le austerità addossate sulle spalle della povera gente, che abbia in testa una società solidale e non parcellizzata in tante tri­bù egoiste e aggressive verso chi la pensa diversamente, ha un colore della pelle diverso o una religione diversa, viene da tanto lontano.

Su un punto vorrei che vi fosse, e in questo numero c’è già, un pic­colo cambiamento. La rivista non assemblerà più saggi secondo lo schema intelligente del passato, ma pretenderà di raccontare l’Italia, spesso senza il filtro del giornalista ma attraverso la narrazione del protagonista o dei protagonisti.

Non abbiamo giorni felici alle spalle e non ci aspettiamo che lo sia­no quelli futuri. Nella politica si sono addensati molti errori, molte prepotenze, molto disinteresse verso il paese reale. C’è tanta parte di popolazione che sta conoscendo il viver male. Si diffonde la convin­zione che sarà a lungo così. Non accade a tutti e per tutti. C’è chi sta e starà bene. E ci sono tanti che invece di individuare le ragioni di questo divario di condizione nell’assetto sociale accettano le bugie di chi indica nella politica tout court, nei più poveri, in chi non ha smesso di prendersi cura degli infelici, i nuovi nemici. In uno degli articoli che qui pubblichiamo Giovanni Cartosio, giovane sindaca­lista FIOM, ci racconta come cresca la rabbia degli operai verso la politica e sia del tutto sfumata quella contro chi approfitta del loro lavoro, si arricchisce e talvolta scappa con la cassa.

In questo numero, che qui non voglio riassumere, troverete sor­prese eccezionali, dal vescovo della porta accanto, quel monsignor Zuppi arrivato a dirigere la Chiesa di Bologna dopo tanto lavoro di base, al poeta rom, il più grande, Santino Spinelli, che sfata la leggenda sul nomadismo della sua gente, costretta a vagare per mezzo mondo perché scacciata pur non avendo mai preteso un territorio e mai fatto una guerra.

Ho fatto solo due esempi di ciò che abbiamo pubblicato nella parte in cui abbiamo dato spazio al paese reale; poi abbiamo articoli che appartengono al genere dei saggi, tutti assai interessanti. Troverete anche una nuova rubricazione. Oltre le recensioni parleremo del personaggio del bimestre passato, ricorderemo l’evento di un anno che finisce col 7 e che è avvenuto nel mese in cui esce la rivista, vi riproporremo una analisi dei fatti politici che avete seguito sui giornali o nei telegiornali in uno schema ragionato. Vi diremo che fine ha fatto quel personaggio pubblico che non si vede più sulla scena. In questo numero ci occuperemo di Lionel Jospin.

L’ambizione è di costruire un autobus su cui può salire tutta la sinistra e che ha come direzione l’Italia e l’Europa. Vogliamo che questo autobus sia guidato da una sinistra nuova, né nostalgica né arresa al pensiero unico. Né vogliamo una sinistra arroccata e solitaria. Vogliamo reimmettere la sinistra italiana nel grande dibattito che è esploso in Francia, in Spagna, nel mondo anglo-americano. Non vogliamo inseguire più l’anomalia italiana ma neppure l’omologazione che ci ha tentato negli scorsi anni. I temi saranno scritti in netta prevalenza da studiosi giovani e da studiose giovani anche se i vecchi, a cominciare da me, vogliono spingere lo stesso carro. Insomma proviamo a dare una mano. Chi ha dato per morta la sinistra, sarà deluso, molto deluso.