Italianieuropei 5/2015
Italianieuropei 5/2015

Agenda

Saperi in movimento (lento)

Focus

Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

In questo numero

L’economia della conoscenza impone un coerente e rapido adeguamento del bagaglio di competenze richieste a cittadini e lavoratori, giovani e meno giovani. Cresce la quantità e muta la qualità del sapere che è necessario avere per partecipare attivamente e consapevolmente ai grandi mutamenti del nostro tempo. Come sta rispondendo il sistema formativo italiano a queste sfide?

il Sommario

gli Articoli

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Cambiare la scuola

di Luigi Berlinguer

Alla presa d’atto che i mutamenti epocali in corso impongono una radicale trasformazione dell’impianto scolastico in Italia fanno da contrappeso l’apparentemente diffusa contrarietà al cambiamento, la volontà di difendere la scuola così com’è oggi, anche – ed è questo è il tratto più preoccupante – nel suo impianto autoritario e classista. La sfida più grande sta proprio nello smantellare i tratti dell’istituzione scolastica che consentono il perdurare della sua impostazione non egualitaria. Quanta consapevolezza c’è nella sinistra che questa è la vera posta in gioco?

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Collegare sapere e crescita: quali politiche?

di Francesco Profumo

L’economia della conoscenza avrà sempre più bisogno di persone in possesso della giusta combinazione di competenze tanto trasversali quanto specialistiche. Le risposte che questa sfida impone di adottare richiedono l’attuazione di riforme in alcuni ambiti prioritari: aumento del numero di diplomati nell’istruzione superiore, miglioramento della qualità e della pertinenza dello sviluppo del capitale umano nell’istruzione superiore e creazione di meccanismi efficaci di governance e di finanziamento a sostegno dell’eccellenza, rafforzamento del “triangolo della conoscenza” tra istruzione, ricerca e attività economica.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

La formazione permanente. Le occasioni mancate

di Andrea Ranieri

Per effetto della rivoluzione industriale trainata dall’elettronica e dall’informatica, il sistema produttivo e il mercato del lavoro di oggi richiedono sempre meno mansioni esecutive e sempre più lavoratori della conoscenza. Crescono la quantità di sapere che è necessario avere per inserirsi al meglio nel mondo del lavoro e la necessità per i lavoratori di aggiornare le proprie conoscenze per tutta la vita. Ciò presupporrebbe l’esistenza di un sistema di formazione permanente strutturato ed efficace. In Italia, invece, la longlife learning non solo non è quasi mai stata una priorità, ma è oggi completamente assente sia dalle misure del governo per la riforma della scuola sia da quelle per il mercato del lavoro.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

I buoni insegnanti che la buona scuola non ha cercato

di Andrea Gavosto

La Buona scuola, limitandosi all’assunzione ope legis di 100.000 docenti delle graduatorie a esaurimento senza verificarne il grado di aggiornamento delle capacità didattiche, mancherà probabilmente l’obiettivo di attirare verso l’insegnamento i docenti più preparati, dediti alla scuola e dotati delle migliori competenze. La Buona scuola ha così risolto parzialmente un problema del mercato del lavoro nel pubblico impiego, ma non si è curata del futuro della qualità degli insegnamenti e degli apprendimenti in Italia. Si può sperare di migliorarla, per quel che riguarda la selezione degli insegnanti, approfittando delle ampie deleghe attribuite al governo e contenute nel disposto normativo?

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Mobilitare i saperi per contrastare il declino e rilanciare la crescita

di Luigi Nicolais

Il nostro paese non ha saputo elaborare e dar corso a una pianificata iniziativa di reindustrializzazione adeguata ai tempi, né ha investito su produzioni ad alto contenuto tecnologico o ha spinto le piccole imprese a crescere, sottostimando il dato importante che la dimensione delle imprese è funzionale per la tenuta di mercato e per assicurare investimenti in ricerca. È evidente che senza una seria politica per la ricerca e per l’industria non ci sarà crescita stabile e di qualità e si andrà pericolosamente scivolando lungo la china di un minaccioso e irreversibile tramonto.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

La sfida web per l’università

di Mauro Calise

I MOOC, corsi universitari online diffusi gratuitamente da prestigiosi atenei, stanno rivoluzionando il sistema didattico, nel format e nel modello di business. Rendendo l’insegnamento più flessibile, più interattivo e molto più accessibile. Di fronte ai costi crescenti dell’accademia tradizionale e a una straordinaria pressione demografica del mercato globale dell’education, i MOOC sembrano destinati a diventare una disruptive innovation, anche grazie alla loro sinergia con le generazioni digitali. In questa rivoluzione culturale, l’Italia ha le carte e i bit in regola per giocare un ruolo di battistrada.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Sui banchi di scuola in Italia e in Germania

di Pietro Greco

Perché in Italia i giovani hanno tanta difficoltà a trovare lavoro e in Germania no? Molte sono le ragioni di questa differenza nelle dinamiche dell’occupazione giovanile; tra esse vi sono sicuramente la diversa struttura della scuola media superiore e la presenza, in Germania, di un percorso facilitato di transizione dalla scuola al lavoro coerente con le scelte e la vocazione del sistema produttivo tedesco. Correlazione tra scuola e mondo del lavoro che, purtroppo, in Italia ancora manca.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Siamo nella società e nell’economia della conoscenza. Ma siamo chi?

di Francesco Sinopoli

La crisi ha portato clamorosamente alla luce tutti i ritardi che il sistema economico italiano ha accumulato negli ultimi tre decenni, a cominciare da quello gravissimo che riguarda gli investimenti in ricerca, sviluppo e istruzione, individuato già da tempo come causa della peculiare debolezza economica del nostro paese e della nostra specifica crisi. Per recuperare il terreno perduto, anche alla luce delle caratteristiche intrinseche del sistema produttivo italiano, serve un impegno straordinario dello Stato. Solo così potremo davvero entrare nella società e nell’economia della conoscenza.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Dimmi quanto punti sull’istruzione e ti dirò che paese sei

di Marta Rapallini

Gli interventi su scuola e università dei governi di centrodestra hanno modificato profondamente il sistema dell’istruzione in Italia, perseguendo non tanto l’obiettivo della riqualificazione e dell’ammodernamento della macchina formativa quanto quello della contrazione della spesa, in controtendenza rispetto a ciò che invece veniva fatto nelle altre economie avanzate. Gli effetti di quest’azione sistematica sono riscontrabili nell’altissima percentuale di giovani che non studiano né lavorano, nell’alto tasso di abbandono scolastico, nel basso livello medio di istruzione dei nostri giovani e nell’aumento delle diseguaglianze nel nostro paese. Può essere questo il momento buono per invertire la tendenza, ripristinando i finanziamenti tagliati, semplificando la governance del sistema e delineando finalmente un progetto di rinnovamento della filiera della formazione che risponda agli effettivi bisogni degli studenti.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Vent’anni di buona scuola

di Adolfo Scotto di Luzio

La legge della Buona scuola promossa dal governo Renzi si inserisce nel tracciato delle riforme che l’hanno preceduta, realizzando alcuni degli assunti sui quali esse si fondavano. Ciò è vero soprattutto per quel che concerne l’idea stessa di educazione, che da formazione dell’individuo e del cittadino sta diventando, non solo in Italia, formazione del lavoratore, secondo dei parametri che non sono più quelli dell’identità storica e nazionale ma quelli di presunte competenze professionali puramente formali e, almeno in teoria, adeguate alle richieste del mercato del lavoro. Anche la formazione e il reclutamento degli insegnanti, il cui lavoro è pensato in modo crescente in termini didattico performativi, hanno subito i contraccolpi di questo cambiamento di prospettive, così come il governo stesso dell’istruzione, affidato per lo più a strutture svincolate da un controllo politico.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Istruzione e diseguaglianza sociale. Il caso italiano

di Gabriele Ballarino

L’idea che l’aumento della partecipazione universitaria sia una leva per ridurre le diseguaglianze sociali nella realtà del nostro paese non sembra corrispondere a verità. I risultati delle ricerche suggeriscono invece che la riduzione della diseguaglianza scolastica non è in grado, di per sé, di favorire la riduzione della diseguaglianza socioeconomica. Meglio sarebbe investire nel sostegno alle famiglie per i primissimi anni di vita dei bambini e nei servizi all’infanzia, per controbilanciare da subito l’influenza negativa dei contesti familiari e sociali degradati, e creare corsi di formazione professionale che offrano reali opportunità occupazionali.

Agenda. Saperi in movimento (lento)

Il futuro dei laureati figli della recessione

di Francesco Ferrante e Silvia Ghiselli

I dati sul tasso di disoccupazione, in controtendenza negli ultimi due anni rispetto alle dinamiche registrate nell’area OCSE, dovrebbero indurre a ridimensionare l’ottimismo circa la capacità del nostro sistema produttivo di riassorbire i disoccupati e di offrire opportunità di lavoro ai giovani. Questi ultimi, anche se in possesso di un’elevata qualificazione professionale, trovano difficoltà a inserirsi nel mercato del lavoro a causa di profili formativi e competenze che non sempre rispondono alla domanda e, soprattutto, di un sistema imprenditoriale caratterizzato dalla forte presenza di piccole imprese a gestione familiare, poco propense a valorizzare la conoscenza. Quale strada è allora necessario percorrere per svincolarsi dalle tradizionali ingessature italiane e fare ripartire il motore della crescita?

Focus. Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

Impegno internazionale, diplomazia e politica per uscire dalla crisi libica

di Federica Mogherini

L’esito dell’accordo raggiunto lo scorso luglio in Marocco sotto l’egida delle Nazioni Unite non è ancora definito: diversi sono i nodi da sciogliere e non è chiaro se tutte le fazioni che costituiscono il complesso spettro politico libico riusciranno a trovare un terreno comune sul quale costruire un governo di unità nazionale. Eppure è evidente che l’unico modo di affrontare la drammatica crisi libica è quello della diplomazia e della politica. La comunità internazionale e, in particolare, l’UE giocano un ruolo fondamentale e hanno il dovere e l’interesse a trovare una soluzione affinché il paese sia pacificato e non si verifichi invece un effetto di spill-over sugli Stati confinanti e sull’intera regione. Ma il futuro della Libia è soprattutto nelle mani dei libici. Senza di loro non sarà possibile raggiungere alcun accordo e non sarà possibile gestire i movimenti migratori che dal paese nordafricano defluiscono verso l’Europa.

Focus. Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

La costellazione politica del dopo Gheddafi

di Fadil Aliriza

Lo spettro politico libico attuale è dominato dalla presenza di due governi contrapposti, ma non si esaurisce in questa dicotomia. È infatti caratterizzato da continui e significativi cambiamenti e da profonde fratture che corrono sia lungo linee ideologiche – fra gruppi islamisti più o meno radicali e i loro oppositori – sia etnico-tribali. Queste divisioni determinano l’esplodere di scontri che non possono essere semplicemente ricondotti alla competizione fra l’Est e l’Ovest del paese e che spesso sono il risultato di contenziosi da attribuire all’assenza di efficaci istituzioni statuali e all’eredità politica del colonnello Gheddafi, il quale alimentava i conflitti interni al paese proprio per scoraggiare la resistenza della popolazione.

Focus. Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

La crisi libica nel contesto regionale: dinamiche, attori e prospettive

di Silvia Colombo

Le ripercussioni della crisi libica si propagano ben oltre i confini del paese nordafricano e investono gli Stati vicini, in primo luogo Egitto e Tunisia – dove si estendono le attività terroristiche dello Stato Islamico e degli altri gruppi jihadisti che si addestrano in Libia –, per arrivare in Europa, dove è in corso una gravissima crisi migratoria, che ha proprio sulle coste libiche uno dei suoi epicentri. Il rischio, qualora l’esito del debole processo negoziale condotto dalle Nazioni Unite non sia positivo, è che la Libia diventi uno Stato fallito, mettendo a repentaglio la sicurezza dell’intera regione.

Focus. Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

La Libia ostaggio del grande duello turco-egiziano

di Giuliano Francesco

Alla frammentazione del potere che caratterizza il panorama politico libico attuale – diviso in due realtà statuali, quella di Tobruk e quella di Tripoli, e sconvolto dalla violenza di vari gruppi terroristici, Stato Islamico in primis – corrispondono le fratture proprie della comunità internazionale, e in particolare il posizionamento degli attori regionali nei confronti dell’Islam politico. Nella lotta civile libica si percepiscono insomma gli echi di uno scontro in seno al mondo islamico che contrappone, fra gli altri, Turchia ed Egitto. Anche i paesi occidentali sono divisi fra quanti appoggiano risolutamente il governo riconosciuto di Tobruk e quanti preferiscono avere posizioni meno nette, auspicando una ricomposizione politica che includa anche il governo tripolino.

Focus. Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

La penetrazione dello Stato Islamico in Sirte e Cirenaica

di Arturo Varvelli

Lo Stato Islamico ha trovato nel paese nordafricano un terreno fertile per la propria espansione, anche se, a differenza dell’Iraq e della Siria, in questo caso non è possibile parlare di effettive conquiste territoriali. In Libia, infatti, l’IS ha approfittato della presenza di gruppi jihadisti radicali, che sono stati reclutati dal califfato. La diffusione di movimenti e rivendicazioni jihadiste, tuttavia, non va ricondotta a un reale estremismo religioso, quanto alla ricerca di un canale per l’espressione delle insoddisfazioni causate dalla drammatica situazione politica e socioeconomica del paese. Qualunque sia l’esito dei negoziati condotti dall’ONU è improbabile che nel breve periodo la Libia venga stabilizzata e persiste il pericolo di un’alleanza funzionale fra i diversi gruppi islamisti radicali presenti nel paese.

Focus. Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

Un mese in Libia, come cento anni all’inferno

di Valerio Cataldi

Il drammatico viaggio di quanti lasciano Nigeria, Niger, Ghana, Somalia, Eritrea per raggiungere la Libia e da lì l’Europa ha uno snodo importante nella città di Kufra, dove avviene il passaggio di consegne della “merce umana” fra organizzazioni criminali. Queste sono al centro di un’ampia indagine condotta dalla DDA di Palermo a partire dal primo e più tragico dei naufragi che sono balzati all’onore della cronaca nell’ottobre del 2013. L’antimafia palermitana ha adottato nei confronti dei gruppi criminali che lucrano sul traffico di esseri umani attraverso il Mediterraneo lo stesso approccio che ha nella lotta alla mafia e ha avuto l’intuizione di equiparare questi gruppi a delle società di servizi che, paradossalmente, offrono speranze a chi fugge dalla disperazione.

Focus. Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

Le Nazioni Unite in Libia, evoluzione e complessità di un dialogo

di Alessandro Pagano Dritto

Lo scorso 11 luglio è stato sottoscritto a Skhirat, in Marocco, un accordo che dovrebbe porre fine alle ostilità nel paese nordafricano e mettere le basi per la creazione di un governo di unità nazionale e per la transizione verso un sistema democratico. Gli esiti dell’accordo, mediato fra difficoltà – dovute anche alla natura e al ruolo degli attori che hanno preso parte ai negoziati – e diffidenze dall’UNSMIL, la missione dell’ONU in Libia, sono ancora incerti. Rimangono infatti da sciogliere alcuni nodi importanti, quali la legittimità del governo insediato a Tripoli (non riconosciuto dalla comunità internazionale), che si è rifiutato di firmare il documento, e le forniture di armi in un paese in cui la sicurezza costituisce una priorità assoluta.

Focus. Caos libico, i contraccolpi nel Mediterraneo

Una potenziale Svizzera in Nord Africa

di Leonardo Bellodi

Grazie alle sue riserve di greggio e gas, la Libia potrebbe essere uno dei paesi economicamente più avanzati del Nord Africa. Fino al 2012 i cittadini libici godevano del reddito pro capite più alto della regione e la loro economia assomigliava più a quella di un paese del Golfo Persico che a quella degli Stati vicini. L’insicurezza, il radicamento delle organizzazioni criminali e la conseguente diffusione dei traffici illeciti hanno però fortemente rallentato il suo sviluppo, impedendo la ripresa di attività economiche regolari. Al momento nessuno dei due governi che si contendono il controllo del paese è in grado di assicurare un ritorno alla normalità e una riduzione dell’enorme spesa pubblica. Un’economia forte costituirebbe però un partner importante per le molte imprese italiane che operano in Libia.