Dopo una lunga e via via sempre più preoccupante agonia (soprattutto per il paese e per le forze sane che sa ancora esprimere), dopo che persino il “Financial Times”, a chiare lettere, «nel nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa», ha intimato a Silvio Berlusconi di dimettersi, pare essere giunta a conclusione la parabola del berlusconismo. È un momento che aspettavamo da tempo, che ha il sapore della fine di un’epoca.
Dopo una lunga e via via sempre più preoccupante agonia (soprattutto per il paese e per le forze sane che sa ancora esprimere), dopo che persino il “Financial Times”, a chiare lettere, «nel nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa», ha intimato a Silvio Berlusconi di dimettersi, pare essere giunta a conclusione la parabola del berlusconismo.
Da tempo governo e opposizioni sono alla ricerca di possibili soluzioni per arginare e superare la crisi economica; tuttavia, non sembrano cogliere l’occasione di cambiamento che essa porta con sé. È una crisi anzitutto strutturale che impone di guardare oltre l’emergenza e tornare a fare politica.
Le ricette anti-crisi finora presentate ripropongono lo stesso modello economico astratto e “globale” in auge da decenni, e puntano su misure per la ripresa atemporali e decontestualizzate. È tempo di riconsiderare le troppe idee che abbiamo ereditato; è tempo di recuperare la storia.
Per dare all’Italia una crescita sostenibile e duratura, è fondamentale investire sulla famiglia. Una società più equa, dove l’uomo conti più delle merci, non è un’utopia: serve, però, un nuovo “paradigma morale”, improntato su sobrietà e solidarietà. Una rinnovata presenza dei cattolici in politica può servire allo scopo.
Contro la tesi dell’inevitabilità dei trade off, esiste una molteplicità di canali attraverso cui le politiche sociali possono aiutare la crescita, in particolare quello della fornitura di input, sottolineato dalla prospettiva del social investment State, e quello della produzione diretta di benessere e di beni di cittadinanza. Diverse sono le implicazioni per le politiche pubbliche.
Versione integrale dell'articolo del neoministro del Welfare Elsa Fornero, scritto insieme a Flavia Coda Moscarola alla fine di ottobre per il n. 10/2011 di Italianieuropei. Il nuovo numero della rivista uscirà in edicola e in libreria martedì 29 novembre.
L’economia italiana è praticamente ferma da almeno un ventennio: non crescono le Regioni del Sud, ma nemmeno quelle del Centro-Nord. La storia insegna che solo investendo in politiche a favore del Mezzogiorno il paese può invertire il trend negativo degli ultimi anni; il Sud, infatti, dispone della maggior parte delle risorse necessarie a far ripartire lo sviluppo e può essere il motore della nuova crescita italiana.
È possibile un federalismo fiscale “amico” della crescita? Sì, purché la costruzione (in corso) dei meccanismi del decentramento sia attenta alle esigenze del sostegno della ripresa economica nazionale. Il Patto di stabilità interno, il sistema tributario decentrato, la fiscalità di vantaggio e i fabbisogni standard sono quattro elementi necessari per il raggiungimento di questo obiettivo.
L’eccessiva tassazione di lavoro e capitale contribuisce, insieme alla caduta del livello di efficienza del processo produttivo, ad aumentare, più di quanto avvenuto altrove, il costo del lavoro per unità di prodotto e a rendere meno competitive le produzioni italiane sui mercati internazionali. In questo scenario preoccupante un contratto nazionale economicamente più leggero sembra ineludibile.
Gli scenari aperti dalla crisi economica non lasciano spazio all’ottimismo; il mercato da solo non è in grado di generare una domanda adeguata, in assenza della quale la ristrutturazione dell’offerta non può concretizzarsi. Tuttavia, ridurre le disuguaglianze e rilanciare la crescita è possibile: l’individuazione di “nuovi motori della crescita” e il rilancio della cooperazione internazionale diventano prioritari.
Per fronteggiare la crisi economico-finanziaria, i paesi del G8 e del G20 hanno tentato la strada della cooperazione internazionale, con esiti inizialmente buoni ma poi ridimensionati: l’economia è ripartita, ma gli squilibri globali si sono attenuati solo temporaneamente. È necessario perseguire una crescita duratura, sostenibile e soprattutto bilanciata; solo così la crisi potrà dirsi superata.
Nonostante la Costituzione affermi chiaramente il diritto di tutti i cittadini all’eguaglianza e alla dignità sociale, in Italia il riconoscimento delle coppie omosessuali stenta ad affermarsi. È tempo di superare pregiudizi ideologici e fondamentalismi: per quanto imperfetta, la sentenza 138/10 della Corte costituzionale rappresenta un buon punto di partenza per ripensare la questione delle unioni civili.
Complici alcuni condizionamenti culturali, in Italia le unioni di fatto, e in modo particolare tra persone dello stesso sesso, non godono di diritti e doveri comparabili a quelli previsti in altri paesi dell’Unione europea. È necessario reimpostare la questione su una ritrovata moderazione di indirizzi e posizioni talvolta anche molto differenti tra loro, abbandonando esagerazioni o eccessi argomentativi.
Schiacciati dall’alternativa tra moralismo e indifferenza, i diritti delle persone omosessuali non trovano spazio nella politica italiana; istituzioni politiche e religiose impongono modelli fissi e costrittivi, favorendo la diffusione di pregiudizi e omofobia. A farne le spese è l’intera comunità, intrappolata in una cultura sempre più ostile verso l’alterità.
La questione femminile, in Italia, è più che mai attuale; l’ipertrofia del corpo nei media e la contemporanea emarginazione sociale e politica sono due lati di una stessa medaglia. Ma le donne non ci stanno, e il 13 febbraio 2011 lo hanno dimostrato con forza, all’Italia e al mondo.
Se da una parte la scienza offre sempre più opportunità alle donne che cercano una gravidanza o che al contrario scelgono di interromperla, dall’altra le leggi italiane si dimostrano ancora inadeguate. Constatata la difficoltà di intervento su temi eticamente sensibili, occorre prefigurare l’ipotesi di un giudizio di costituzionalità, altrimenti saranno i giudici a dover porre rimedio a situazioni prive di tutela, caso per caso.
La selezione prenatale del sesso è una pratica ancora molto diffusa, non solo in paesi come India e Cina, che purtroppo ne sono l’emblema, ma anche in Occidente, dove, in conseguenza dei flussi migratori, gli aborti sesso-specifici sono in aumento. Combattere questo deprecabile fenomeno senza limitare l’accesso all’aborto è un problema aperto.
Il diritto alla libertà è inalienabile e per legge va riconosciuto a ogni individuo, in qualunque circostanza; almeno in linea di principio. Nei fatti però il sovraffollamento delle carceri e la privazione della libertà dei migranti irregolari dimostrano come spesso venga leso. Nulla è più contraddittorio di un sistema che dovrebbe ricondurre alla legalità e al contempo fa vivere i soggetti in una situazione di illegalità.
I numerosi episodi di violenza registrati negli ultimi anni in tutta Italia testimoniano un’inquietante crescita delle manifestazioni di xenofobia e razzismo. Gli immigrati regolari e irregolari sono da sempre oggetto di discriminazione, e né i moniti da parte di diverse organizzazioni internazionali né i gravi scontri come quelli di Rosarno sembrano portare a una decisa rivisitazione delle politiche sull’integrazione.
In un’Italia in cui il quadro normativo tende a privare gli immigrati delle poche garanzie di cui dispongono, chi non possiede un regolare permesso di soggiorno rientra in un sistema di diritti e tutele molto debole, si può dire inesistente. In linea con le disposizioni europee, si dovrebbe invece percorrere la strada opposta: accordare diritti anziché toglierli, rendendoli facilmente fruibili.
Nonostante un intervento politico marginale, se non controproducente, l’integrazione degli immigrati nel tessuto economico- sociale italiano prosegue, tra luci e ombre. L’immigrazione non è un problema da risolvere, è una opportunità per il paese, non solo in termini di tenuta demografica. Al netto della propaganda securitaria e del suo facile ritorno elettorale, occorre avviare una nuova riflessione sul ruolo della popolazione immigrata nell’Italia che verrà.
La precarietà della specie umana e la sua sostenibilità fisica e finanziaria sono questioni concrete, da affrontare al più presto. Lo sviluppo dell’umanità è ormai giunto a livelli tali di insostenibilità da esigere misure correttive celeri ed efficaci che puntino su una produzione sostenibile e sulla “decumulazione della moneta”.
Così come nel subcontinente indiano per definire un gruppo sociale chiuso i cui membri sono uniti da comunanza etnica, di nascita, di religione e di mestiere s’affermò la parola portoghese casta (“stirpe”, “razza”), più modestamente in Italia non avrebbe senso utilizzare tale termine al singolare. Il concetto di casta vive e s’afferma lì dove i gruppi chiusi sono molteplici e pure collocati in un contesto gerarchico.
Il problema dei legami è in positivo e in negativo, direttamente o indirettamente, uno dei punti centrali della riflessione filosofica e politica moderna. Se si volesse però individuare un grande classico che lo pone al centro della sua riflessione si potrebbero citare i “Discorsi” di Machiavelli e, in modo particolare, i capitoli del primo libro in cui si affronta
«La persona è il segreto del genere umano», protesta Ibrahim, rifugiato africano (in Italia?), in una delle ultime scene del film di Ermanno Olmi, “Il villaggio di cartone”. Una Chiesa-navicella di Pietro naufraga, come i clandestini cui il film è dedicato, sulla spiaggia della sua età post-rituale e post-dogmatica, ma non riesce a offrire neppure un’etica intramondana, e costituisce appena un asilo fisico transitorio per disperati, come nudo cemento; insidiato peraltro dal tradimento interno, oltre che da esterna persecuzione.
Il molo San Carlo riluce sotto un cielo che si sta facendo più bianco, dopo la pioggia del mattino. Si è alzato un borino freddo di novembre, ma la gente che scende rapida verso la piazza grande sembra non sentirlo. | di Federica Manzon per la rubrica "Rivisitare l’Italia nei suoi 150 anni".