“Il volto disumano della globalizzazione". Intervista a Lula
Degli esiti sociali contraddittori della globalizzazione, delle ragioni e degli effetti dell'aumento delle diseguaglianze a livello globale e nelle singole economie nazionali, dell'avanzata della destra tanto in America Latina quanto negli Stati Uniti e in Europa abbiamo parlato con l'ex presidente brasiliano Luiz Inácio "Lula" da Silva.
Medio Oriente e Nord Africa, il grande sommovimento
Estremamente rilevanti sono i cambiamenti e le evoluzioni politiche e sociali che stanno interessando l'arco di paesi che dall'Iran si estende attraverso il Medio Oriente lungo tutta la costa settentrionale dell'Africa. Trovano qui spazio le riflessioni sulle pressioni interne ed esterne sull'Iran, sui delicati equilibri della vicenda siriana, sul grande gioco delle potenze nell'area, sulla nuova assertività dell'Arabia Saudita, sulla crisi libica, sugli sviluppi politico-sociali in quei paesi, come Libano e Tunisia, ritenuti tra i più stabili della regione.
Il conflitto siriano, giunto al suo nono anno, è al centro di innumerevoli studi e dibattiti. In effetti, gli equilibri in Siria non sono decisivi solo per il futuro del paese ma riflettono dinamiche regionali e internazionali, facendo del paese un punto di crisi geopolitico, magnete per un crescente numero di potenze straniere, come dimostra l’impegno russo (Mosca vede da sempre in Damasco un alleato imprescindibile per la propria politica nel Medio Oriente, sin dai tempi dell’Unione Sovietica), iraniano e turco.
Secondo i dati di recente resi noti dall’Istat, nel 2019 in Italia il numero delle nascite è stato pari circa a 435.000, meno della metà rispetto ai nati del 1974 e minimo storico dall’Unità d’Italia. Con un’ulteriore flessione del tasso di fecondità (1,29 figli per donna, fanalino di coda in Europa) e i tanti giovani che lasciano il paese (in dieci anni ne abbiamo persi 250.000), da un lustro l’Italia segna un bilancio demografico negativo (nel 2019 –1,9 per 1000 residenti). Per molti dei nostri giovani l’aspirazione a diventare padri e madri è destinata a non realizzarsi mai. O almeno a essere rinviata sine die.
Con il lento e inesorabile incedere del tempo non solo si affievoliscono i ricordi, ma ci stanno lasciando uno dopo l’altro i testimoni delle grandi tragedie del Novecento, in primis della Shoah. Stiamo entrando, con scarsa consapevolezza collettiva, nell’età della post memoria, un’epoca in cui non solo gli storici di professione, ma tutti noi siamo chiamati al non facile compito di trasmettere una corretta memoria tra le generazioni, senza produrre pericolosi e assai rischiosi cortocircuiti.
Mentre scriviamo non sappiamo ancora quali saranno le dimensioni di questa epidemia. «Non è un raffreddore, non è la peste», dicono gli infettivologi, con aria perplessa. Buono a sapersi.
Non sappiamo neppure come reagirà il sistema sanitario, dopo dieci anni e più di tagli massicci e di sgravi fiscali per le assicurazioni private, gonfiate dai contratti integrativi di categoria (con il risultato, ora, di scoprire che occorrono più terapie intensive e laboratori di ricerca e meno ecografie a pagamento. Ma, intanto, già oggi possiamo elencare alcune cose su cui vale la pena di riflettere un po’.