economista e storico, è dirigente pubblico e Research Associate al Joint Centre for History and Economics delle Università di Cambridge e di Harvard.
Le diffi coltà della Grecia odierna e, in certa misura, dell’Italia, non sono molto diverse da quelle incontrate alla fi ne dell’Ottocento, quando i due paesi parteciparono a una precedente Unione monetaria, detta “latina”. Entrata nell’Unione nel 1868, la Grecia causò immediate controversie a causa dei suoi problemi di fi nanza pubblica, esacerbati dalle guerre contro l’Impero ottomano. L’instabilità monetaria e il default sul debito estero subordinarono ripetutamente la Grecia alle potenze estere, dal punto di vista sia monetario che fi nanziario. Tuttavia, il default della Grecia del 1893 non provocò effetti di contagio nei confronti di altri paesi europei e l’Unione monetaria latina non crollò a causa delle debolezze greche e italiane, ma si sciolse per consunzione negli anni Venti del Novecento.
Per fronteggiare la crisi economico-finanziaria, i paesi del G8 e del G20 hanno tentato la strada della cooperazione internazionale, con esiti inizialmente buoni ma poi ridimensionati: l’economia è ripartita, ma gli squilibri globali si sono attenuati solo temporaneamente. È necessario perseguire una crescita duratura, sostenibile e soprattutto bilanciata; solo così la crisi potrà dirsi superata.
La crisi che ha colpito l’economia mondiale ha portato a un riassestamento degli equilibri di forza tra paesi industrializzati e paesi emergenti. Non solo la Cina ha definitivamente raggiunto lo status di superpotenza, intensificando i rapporti bilaterali con gli Stati Uniti e offrendo prestiti ai paesi in crisi, ma soprattutto la governance internazionale ha trovato una nuova sede: il G20, che coinvolge anche i paesi emergenti nelle decisioni economiche a livello mondiale.
La crescita dell’immigrazione in Italia è stata alternativamente demonizzata o, al contrario, invocata come la salvezza del paese dalla catastrofe demografica e dalle sue implicazioni lavorative, fiscali e pensionistiche. In realtà l’immigrazione è un fenomeno complesso che modifica tutte le variabili economiche e sociali sia dei paesi di destinazione che di quelli di origine, e si presta male ad analisi semplicistiche o ideologiche.
Durante oltre tre decenni, il dibattito sull’immigrazione in Italia è stato caratterizzato dall’alternarsi di fasi concitate e parossistiche, durante le quali l’emergenza sembrava travolgere tutto, alternate a periodi più calmi durante i quali veniva svolta un’attività pedagogica sugli effetti complessivamente positivi del fenomeno. Il timore dell’invasione legato a sbarchi o ad altri flussi irregolari, il timore della criminalità o dello snaturamento culturale si affacciano prepotentemente in vari periodi, in presenza di patologie spesso effettivamente presenti, ma che non danno conto del fenomeno migratorio nel suo insieme.