insegna Storia contemporanea all'Università di Roma "Sapienza".
L’assenza di guerra è la definizione più riduttiva del concetto di pace, una condizione opposta allo stato di guerra in senso stretto: Stati, nazioni, popoli, gruppi etnici o religiosi che sia al loro interno sia verso l’esterno vivono “in condizioni di normalità”. Regolando i rapporti reciproci in comune accordo: «senza atti di forza, possono attendere al normale sviluppo della loro vita economica, sociale, culturale».
Eppure, fin dall’antichità, “pace” non significa solo assenza di guerra sia riguardo alle nazioni e sia nelle relazioni umane. Nel Novecento, specialmente dal secondo dopoguerra, una rete di organismi internazionali di garanzia, riconosciuti ed efficaci, insieme a un’adeguata difesa militare, nazionale e dell’Alleanza atlantica, avevano consentito una sicurezza globale.
Il paese è attanagliato da una questione morale dalle radici profonde e antiche. Essa non riguarda solo la classe politica ma tutte le élite, le classi dirigenti italiane affette da quella ipocrisia e vanità che sono le vere radici della dilagante mancanza di morale. In primo luogo ne sono affetti gli intellettuali, che hanno tradito il proprio compito fondamentale: trasmettere ai giovani, non solo attraverso l’indignazione, il valore della responsabilità personale e della coerenza tra ciò che si proclama e ciò che si fa in ogni ambito dell’agire.
Nella sua terza enciclica, “Caritas in veritate”, Benedetto XVI lancia un messaggio di forte continuità con la tradizione della dottrina sociale della Chiesa, inaugurata dalla “Rerum novarum” di Leone XIII nel 1891. Sviluppando il tema della necessaria integrazione tra ricerca di giustizia e sviluppo integrale del-l’uomo e della donna − pur in un mutato contesto sociale globale − l’enciclica di papa Ratzinger si richiama in particolare alla “Populorum progressio” di Paolo VI, interprete del messaggio del Concilio vaticano II e fiducioso assertore della possibilità di un nuovo patto tra Chiesa e umanesimo solidale per il raggiungimento della piena giustizia sociale.
Una comune costituente antropologica: ecco la sfida che hanno di fronte i laici e i cattolici. Le nuove frontiere della scienza pongono interrogativi comuni che solo una ideologica radicalizzazione impedisce di vedere. Questo pone in termini diversi il concetto di laicità.