“Make Argentina great again”. Javier Milei, il nuovo alfiere della "derecha" latinoamericana?

Di Camillo Robertini Mercoledì 20 Marzo 2024 11:36
“Make Argentina great again”. Javier Milei, il nuovo alfiere della "derecha" latinoamericana? ©istock/Gonzalo Gacitua

 

Il 10 dicembre del 2023, in una Buenos Aires assolata e ancora incredula, il neoeletto presidente Javier Gerardo Milei (53 anni) ha pronunciato il primo di molti discorsi incendiari. In quell’occasione non ha promesso l’espansione della spesa pubblica o l’avvio di ambiziosi programmi di contenimento della povertà, ma ha ripetuto in maniera sorda e monotona una sinistra locuzione diventata perfino il motivo orecchiabile di cumbia che spopola sul web “no hay plata”, non c’è una lira. Per la prima volta dal ritorno alla democrazia (1983) il presidente eletto ha deciso di non proferire il discorso di insediamento all’interno del parlamento riunito in seduta comune, ma di farlo volgendo le spalle all’imponente palazzo del congresso, dirigendosi direttamente alla folla di simpatizzanti galvanizzata dalle sue boutade, festante di fronte alla promessa di tagli orizzontali, della “fine dei privilegi della casta politica”, di licenziamenti di massa e alla prospettiva di una forte recessione.

Il 10 dicembre non è che il punto d’arrivo di una traiettoria politica assolutamente inattesa, capace di stravolgere lo scenario politico argentino e regionale, che ha portato alla ribalta internazionale la notizia, forse anche un po’ troppo enfatica, dell’elezione del “primo presidente anarco-capitalista della storia”.[1] Dietro alla figura del “libertario” si addensano, come spesso succede in Argentina, elementi tra loro apparentemente incompatibili; dichiarazioni contro “la casta politica” e accordi con tutto l’establishment per governare il paese, lotta contro il populismo dei governi precedenti a suon di motosega e performance pop diffuse attraverso TikTok e altri social, dichiarazioni contro il Papa, prima delle elezioni considerato “l’anticristo” e poi vigorosi abbracci con Bergoglio in Vaticano, persecuzione dei “zurdos” – dei “sinistri” – che “addottrinano le menti dei giovani” e discorsi pronunciati all’inaugurazione dell’anno scolastico a base di invettive contro il comunismo, l’aborto e quella che chiama “ideologia gender”.[2]

Milei – per ora – è abilissimo, tiene assieme l’acqua con l’olio, ma come si sa l’emulsione è possibile finché si è in movimento, fintanto la nuova dichiarazione è capace di far scordare quella precedente, finché si continua ad agitare il barattolo che racchiude quell’impossibile miscuglio. L’artificio, a ogni buon conto, si svela posando il liquido e attendendo l’inesorabile separazione tra quei due elementi tra loro incompatibili, la stessa che divide realtà e narrazione. Sta di fatto che oggi, in un contesto che non facilita la riflessione lenta e l’approccio analitico, quest’ultimo passaggio risulta per molti difficoltoso – oserei dire anche superfluo – travolti come siamo da una mole di fake news, articoli di giornale e notizie che soverchiano le nostre capacità di filtro e analisi.

In queste pagine propongo ai lettori un percorso attraverso la fenomenologia del leader Milei, provando ad abbozzarne l’orientamento politico e la genesi, ben cosciente che ci troviamo di fronte a uno scenario nuovo, aperto e in costante mutazione, i cui esiti futuri sono tutto tranne che chiari, ma che, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non è estemporaneo, dato che affonda le proprie origini negli anni precedenti, nei movimenti no-vax del periodo della pandemia e nel rigetto del progressismo latinoamericano del primo decennio del Duemila. Per questa ragione, proverò a delineare un itinerario tra passato recentissimo e cronaca per tracciare la silhouette di un personaggio ma soprattutto di uno stile politico che, gettando uno sguardo al contesto internazionale, sembra essere destinato a far scuola e a mettere radici non solamente in quell’estremo occidente che è l’America latina, ma anche nel nostro giardino di casa.

Milei nasce nel 1970 a Buenos Aires in una famiglia di classe media. Il padre è un autista di autobus e poi imprenditore, la madre una casalinga. Il primo lo sottopone a violenze fisiche e mentali che lo segneranno per il resto della sua vita. Anche per questo motivo nasce un rapporto morboso con la sorella, Karina, che dopo la vittoria elettorale del 2023, verrà nominata segretaria generale della presidenza. Studia economia in una università privata di Buenos Aires e da quel momento in poi si dedica alla docenza di teoria economica e alla collaborazione con diversi gruppi bancari. Fino al 2015, quando è dal punto di vista mediatico uno sconosciuto, scrive articoli di opinione sui giornali «La Nación» e «Clarín». Ma Milei viene “scoperto” e diventa un personaggio grazie alla televisione. Attraverso l’emblematica trasmissione Animales sueltos, animali sciolti, ottiene la prima notorietà. Da quel momento in poi occupa un posto nei principali talk-show del paese fino praticamente al 2021 quando in maniera rocambolesca ottiene il seggio di parlamentare nella Città autonoma di Buenos Aires. Sui media si comincia a parlare delle tante stranezze che contornano la sua biografia e numerosi dettagli trapelano grazie a interviste e inchieste giornalistiche, una su tutte Sin control, che, per esempio, mettono in luce il caso Conan, ovvero il cane fatto clonare da Milei in cinque esemplari.[3]

Tutti questi dettagli, compreso l’amore smisurato per i cloni del suo cane contribuiscono a farne crescere l’appeal sul web. Ed è proprio lì che si costruisce una vera e propria comunità di fan che hanno in parte contribuito alla costruzione della piattaforma elettorale La libertad avanza, con la quale ha vinto le elezioni presidenziali del novembre 2023. Nel volgere di pochi anni, Milei è divenuto un personaggio tv sempre più appetibile agli occhi di un pubblico generalista attirato dal politicamente scorretto, dalle grida in televisione e da un atteggiamento scostante e misogino.

Nel corso di diverse comparsate tv ha definito “mongoloide” un economista e ha insistito sulla possibilità di normare la vendita di organi nel proprio paese. Per Milei i deputati sono “parassiti che vivono sulle spalle” della collettività e il parlamento “un nido di ratti”. Hanno poi generato una grande polemica le sue parole dirette allo Stato: “lo stato è il pedofilo che si intrufola in un asilo nido pieno di bambini incatenati e cosparsi di vasellina”.[4] La sua violenza verbale e le allusioni pedo-pornografiche, inaspettatamente, hanno contribuito a renderlo un personaggio enormemente popolare agli occhi delle persone comuni. In un paese che è stato pioniere del movimento Ni una menos e delle lotte per i diritti umani, l’azione performativa di rompere con una liturgia discorsiva appannaggio del progressismo ha generato consensi trasversali e ha mobilitato soprattutto le giovanissime generazioni. Milei potrebbe essere uno dei personaggi che affollano lo zoo del programma radiofonico La Zanazara, tant’è che il suo conduttore, Giuseppe Cruciani, ha ripreso la motosega del “libertario” in diverse occasioni e il suo motto “afuera” è oramai un refrain consolidato nella trasmissione di Radio24. Nuovamente, la realtà supera di gran lungo l’immaginazione.

Fin da qui è chiaro che Milei rappresenta una assoluta novità: non è semplicemente l’esponente di una destra latinoamericana classica, che abbiamo già visto all’opera negli anni Settanta o nei Novanta, non è solamente un integralista che rigetta la modernità, non è, in questo senso, un Orbán o un Putin, ma nemmeno l’esponente di un partito neonazista. Il nuovo presidente è un personaggio sui generis, che prova a mediare la sua visione economica assolutamente ortodossa – si pensi che di recente è stato criticato perfino dal Fondo monetario internazionale per non concedere sussidi ai settori impoveriti dalle sue misure di austerità – con posizioni in materia di diritti umani, genere, educazione ecc. al limite del reazionario.

Per capire il suo stile politico è utile interrogare i suoi riferimenti intellettuali e il particolare pantheon che ha costruito. Esso è il vivido riflesso di un politico contorto e postmoderno. Si va da presidenti come Trump, Zelensky, Netanyahu e perfino a Thatcher a imprenditori come Musk, ma non mancano riferimenti a personaggi di fiction come Goku di Dragon Ball. Attraverso X, Milei diffonde immagini prodotte dall’intelligenza artificiale e, fino a poco prima del suo debutto in politica, partecipava a cosplay travestendosi da supereroe.

In questo personaggio vi è anche una importante dimensione religiosa da tenere a mente; Milei è di formazione cattolica, ma negli ultimi anni si è avvicinato all’ebraismo in una delle sue vertenti più ortodosse e conservatrici. Il rabbino Axel Wahnish, la sua guida spirituale, è stato nominato ambasciatore argentino in Israele. La semi-conversione all’ebraismo del presidente è rintracciabile nel rilievo che ha assunto il suo viaggio a Gerusalemme e al Muro del pianto, ma soprattutto negli strettissimi rapporti che coltiva coi gruppi ortodossi degli Usa. Anche rispetto alla guerra di Israele contro Gaza la posizione di Milei è unica nella regione, dato che appoggia acriticamente l’occupazione di Gaza e l’avanzata degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania.

Il nuovo presidente si dichiara un antipopulista ma la sua visione della politica è permeata da una dimensione messianica e dualista, il bene contro il male, noi contro loro. Le parole del “libertario” sono zuppe di una patina esoterica, un guazzabuglio di riferimenti al mistico che si intrecciano senza soluzioni di continuità con brani dell’antico testamento e frasi motivazionali trovate sul web. Questo quadro dà la dimensione di un profilo e di una cosmogonia personalissima, pop ma soprattutto under, quella di un politico che attinge a piene mani in una sub-cultura ai limiti della marginalità. Proprio l’appartenere al mondo degli sconfitti, a chi per diverse ragioni ha sofferto durante gli anni della formazione ha contribuito a generare una grande empatia con gli elettori. Di fronte al disastro sociale ed economico del peronismo kirchnerista, del governo di Alberto Fernández, le idee eterodosse, ma soprattutto i suoi modi “sgarbati”, quelli di un outsider, di un tecnico che si antepone alla “casta” e ai politici di professione, hanno fatto il resto.

È l’economia comunque il terreno sul quale ha giocato la campagna elettorale e la sua credibilità. Il neo-presidente, nonostante il plagio di diverse pubblicazioni scientifiche, è considerato un economista con qualche merito.[5] Molto vicino alla Scuola di Vienna e al Neoliberismo latinoamericano degli anni Novanta considera l’ex presidente Menem e le politiche di privatizzazione selvagge intraprese allora un esempio da seguire. Ha insistito per tutta la campagna elettorale sulla necessità di eliminare il Banco central, di mettere fine all’emissione monetaria e in un prossimo futuro di procedere alla dollarizzazione del paese per mettere fine all’inflazione.

Pur apprezzando politici ultraconservatori e protezionisti, afferma il primato dell’economia sulla politica, che considera qualcosa di sporco, contaminato. Ha minacciato più volte il Congresso, nel breve periodo della sua presidenza, che se non verranno approvati i suoi decreti-legge lo chiuderà una volta per tutte, anche se è convinto che l’Argentina debba abbandonare il Mercosur e i Brics per rientrare nell’orbita gli Usa e delle altre democrazie liberali. Ripete come un mantra che “l’Argentina deve abbracciare le idee della libertà”, che antepone in maniera manichea ai “regimi comunisti” di Venezuela e di Cuba, ma anche al Brasile di Lula. Eppure, la notte tra il 3 e 4 marzo di quest’anno ha transennato il palazzo nel quale operava l’agenzia stampa statale più grande dell’America latina, Télam, che è stata chiusa alla chetichella, mettendo in aspettativa settecento tra giornalisti e lavoratori dato che, secondo lui, rappresentava “una agenzia di propaganda” del governo peronista precedente. È più che evidente che l’aggettivo “libertario”, ripetuto dai media in maniera acritica, pone una stridente contraddizione in termini.

Gli alti indici di gradimento del nuovo presidente non si limitano solamente al 54% di elettori che l’hanno scelto nel ballottaggio del 19 novembre 2023. Anche internazionalmente gode di un vero e proprio tifo. Musk ha subito espresso il suo apprezzamento su X per Milei e soprattutto per le enormi riserve di litio presenti nel nord dell’Argentina, Trump invece ha effusivamente abbracciato Milei in una delle tappe delle primarie del tycoon al grido di “Make Argentina great again!”.

A inizio febbraio il presidente argentino ha intrapreso un viaggio in Italia ed è stato accolto con entusiasmo dalla presidente Meloni che lo ha definito “un personaggio affascinante”.[6] Da noi il principale endorsement l’ha incassato su Mediaset e specificamente nella trasmissione diretta da Porro su Rete4. In una lunga intervista, Milei è stato interrogato sui mali dell’economia argentina, ma anche sui limiti di quella europea. La soluzione ai bassi indici di crescita che sperimenta la zona Ue è stata presto rintracciata dal “libertario” nella onnipresenza dello Stato definito “una associazione criminale” e soprattutto da oltre quarant’anni di politiche “keynesiane, che hanno alimentato politici ladri e corrotti” che avrebbero tarpato le ali alla libera impresa. Quell’intervista è stata conclusa da Porro così: “l’elezione di Milei è un miracolo”, ulteriore indizio che questo stile politico eccentrico e politicamente scorretto gode già di ammiratori ben oltre i confini del paese australe.[7]

Indubbiamente la figura di questo politico e il suo stile giocano un inquietante fascino in patria e all’estero. Milei racchiude così tante contraddizioni che la tentazione sarebbe quella di fermarsi a questo punto, di apostrofarlo come “el loco” – il pazzo –, nomignolo che gli è stato prontamente affibbiato in patria, e porre fine alle discussioni. Il problema, però, di come “el loco” sia arrivato alla Casa rosada rimane sul tavolo e ci interroga da vicino sul funzionamento e sui deficit delle democrazie occidentali. Egli incarna le posizioni tipiche di chi si autorappresenta come un outsider della politica che lotta contro la “casta”, il “politicamente corretto”, il cambiamento climatico e quello che chiama “marxismo culturale” pur avendo ricevuto l’endorsement della grande stampa e dei gruppi economici concentrati del paese. Meriterebbe una menzione a parte l’intellettualità liberal-conservatrice argentina e latinoamericana, quella plasticamente rappresentata dallo scrittore Vargas Llosa e dalla Fundación libertad che, pur di non far vincere le elezioni ai peronisti, hanno pubblicamente invitato gli elettori centristi a propendere per un candidato da molti considerato impresentabile.[8]

Il sociologo Pablo Semán, professore dell’Università di Buenos Aires, che da diversi anni si occupa dell’emergere di movimenti che definisce della ultraderecha, sostiene che Milei è riuscito a interpretare la “pancia” degli argentini e quel “grido che covava nel cuore di molti”.[9] Secondo l’accademico argentino il movimento di Milei non risponde necessariamente ai lineamenti e al format di una internazionale nera, ma alla reazione nei confronti di un tentativo di costruire una identità e una egemonia culturale progressista durante il ventennio kirchnerista (2006-2024). Proprio questo punto ci pare ricollegare l’esperienza del progressismo latinoamericano con quello che anche nei paesi europei prova a fare la stessa cosa. La grande stagione dell’espansione dei diritti lavorativi, umani e di genere che hanno reso l’Argentina un esempio nella regione ha generato una corrente di risacca, che minaccia di trascinare via quelle conquiste sociali. Si tratta di un fenomeno che ha lungo è rimasto sottotraccia, ma che adesso si manifesta con tutta la sua virulenza.

La battaglia culturale ingaggiata è stata vinta brutalmente dalle nuove destre non attraverso un colpo di Stato, la propaganda o l’imposizione, ma grazie a un senso comune neoliberale, individualista e tendenzialmente conservatore esploso nei lunghissimi mesi del lockdown argentino. Certamente i social e una sub-cultura digitale, fatta di piccole comunità di hater e troll hanno giocato un ruolo nell’elezione di Milei, ma vi è qualcosa di più profondo. I discorsi furiosi del presidente hanno fatto breccia non solamente tra gli elettori di classe media e alta, tendenzialmente centristi, ma soprattutto tra le persone impoverite e tra gli abitanti delle sterminate baraccopoli delle città argentine che, di fronte ai complessi problemi dell’economia, del welfare state, del crollo del salario e dell’aumento esponenziale dell’inflazione, hanno preferito risposte brevi e urlate. Si ripropone anche in questo scenario uno dei tanti limiti delle democrazie mediatiche e digitali nelle quali siamo immersi: il successo che sortiscono le risposte brevi, rozze e semplici di fronte a problemi complessi, articolati e di difficile soluzione per i singoli Stati.

Tutto questo accade mentre si profila all’orizzonte una nuova tappa di liquidazione della funzione regolatrice dell’economia dello Stato argentino, festeggiata sempre da più individui convinti che essi stessi, isolati e atomizzati, attraverso i loro soli “meriti”, potranno salvarsi di fronte alle sfide e ai problemi di un paese che sperimenta livelli di povertà mai visti fino a questo momento.

 



[1] Oltre alle autodichiarazioni di Milei anche la stampa internazionale ha ripreso il riferimento al presidente “anarco-capitalista”. Si vedano, tra gli altri, Il New York Times: https://www.nytimes.com/2023/11/20/world/americas/javier-milei-argentina-trump.html?searchResultPosition=2. (Ultimo accesso 5-3-2024).

[2] Sugli insulti di Milei al Papa si veda: https://www.nytimes.com/es/2023/10/16/espanol/javier-milei-papa-francisco-argentina.html. (Ultimo accesso 5-3-2024).

[3] L’inchiesta della «Revista Anfibia» e di «El País» è divenuto un podcast è ascoltabile su: https://www.revistaanfibia.com/especial/javier-milei-sin-control-podcast/. (Ultimo accesso 5-3-2023).

[4] Si veda il riassunto di posizioni polemiche di Milei elaborato dal giornale «El País», disponibile su: https://www.youtube.com/watch?v=b26BbeOV6f4. (Ultimo accesso 5-3-2024).

[7] L’intervista integrale è disponibile su: https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/quartarepubblica/puntata-del-12-febbraio_F312803301002201. (Ultimo accesso: 5-3-2024).

[8] Si veda l’articolo apparso sull’«The Huffington Post» disponibile su: https://www.huffingtonpost.es/global/vargas-llosa-rajoy-piden-voto-ultraderechista-milei-presidenciales-argentina.html. (Ultimo accesso: 5-3-2024).

[9] Si veda l’intervista a Semán su «La Nación» disponibile su: https://www.lanacion.com.ar/ideas/pablo-seman-milei-es-el-grito-que-estaba-en-el-corazon-de-muchos-nid03022024/ e il libro che ha recentemente curato: Semán, Pablo. Está entre nosotros: ¿de dónde sale y hasta dónde puede llegar la extrema derecha que no vimos venir?. Siglo XXI Editores, 2023. (Ultimo accesso 5-3-2024).