Italianieuropei 2/2010

La politica e il nuovo dispotismo democratico

Il clima politico italiano, caratterizzato da un nuovo dispo­tismo democratico, non ha cancellato tuttavia un’esigenza di partecipazione attiva della cittadinanza, che si avverte su più fronti. A partire da questa constatazione è necessario ribadire la priorità della politica, che – come delineato dai grandi classici del pensiero moderno – rappresenta una del­le dimensioni essenziali della vita e precondizione della li­bertà dell’uomo. Senza dimenticare gli esempi più alti del­la storia italiana del secondo dopoguerra, appare indispen­sabile dunque riscoprire i luoghi e i termini della politica e del conflitto – suo elemento imprescindibile – anche attra­verso la critica dell’ideologia dominante.

Il potere conoscitivo della narrazione

Nel celebre libro “La condizione postmoderna” Jean-François Lyotard sostiene che le grandi narrazioni e il metadiscorso della filosofia siano oggi in declino. Si impone invece la ve­rità performativa delle scienze. Questo contributo vuole, al contrario, mostrare l’imprescindibilità della struttura nar­rativa come fondamento della comprensione storica del-l’uomo e fornire un esempio concreto in riferimento alle ricerche della psicologia evolutiva di Daniel N. Stern, rela­tive alla formazione del sé nella decisiva fase dell’acquisizione del linguaggio.

La lettura nella società postmoderna

Le analisi che si limitano a contare il numero dei lettori e soprattutto dei non lettori hanno trascurato la riflessione sulla lettura in sé. Il nuovo millennio sembra essersi lascia­to alle spalle gli altissimi risultati e la grande varietà rag­giunti dalla letteratura nel corso dell’Ottocento e del No­vecento, una forma d’arte a sua volta capace di creare un tipo di lettura di notevole livello. Il nostro tempo si conno­ta invece per un appiattimento e un’omologazione della proposta letteraria e, insieme causa e conseguenza, per l’emergere di una figura di lettore divenuto strumento nel­le mani della “macchina narrativa” e affetto da un "bovarismo" spinto all'eccesso.

 

Dilemma dello scrutatore

“La giornata d’uno scrutatore”, breve romanzo di Italo Cal­vino pubblicato nel 1963, svolge una meditazione sul rap­presentare che è indagine sulla letteratura e le sue rappre­sentazioni, ma anche – nel suo volgersi agli istituti della rap­presentanza – sulla politica e sul ruolo dell’immaginazione letteraria nella vita civile.

La democrazia partecipativa: dinamiche e sfide

L’idea della democrazia partecipativa è divenuta negli ulti­mi anni, soprattutto dopo l’esperienza di bilancio parteci­pato di Porto Alegre, la bandiera di una parte della sinistra europea. Una discussione sulle sue dinamiche e sulle sfide che pone è cruciale, soprattutto nel momento in cui la de­mocrazia rappresentativa classica si trova a fronteggiare una sfiducia diffusa nei confronti del sistema politico.

Le classi sociali nel 2010: una critica alla visione della società immaginata dagli economisti e dai

La crisi delle sinistre e quella dell’economia e della scienza economica sono un dato ormai inequivocabile dell’assetto europeo. Questa situazione appare concomitante con la diffusione di una visione dell’individuo come “uomo-isola”, attualmente prevalente nella società e accolta anche dai partiti riformisti. Le categorie relative alla divisione in clas­si, utilizzate in precedenza, sono peraltro ormai inadatte a rispondere alle istanze dei cittadini. Affinché i partiti rifor­misti possano ripristinare il dialogo con i propri elettori e conquistarne di nuovi sembra necessaria l’adozione di stra­tegie di mediazione tra gli interessi, le aspettative, le richie­ste di quell’universo frammentato che oggi costituisce la nostra società.

L'errore nel linguaggio politico

Parlare di errore nella comunicazione politica significa par­lare della distanza tra il produttore del messaggio (il politi­co) e il ricevente (il cittadino) e, al contempo, della distan­za tra il contenuto del messaggio e quello dell’agire con­creto. Su ciò si innestano le riflessioni in merito agli effetti prodotti sulle forme del linguaggio politico dalla progres­siva mediatizzazione della politica e dall’utilizzo della rete da parte di leader e candidati.

Il sogno della politica, dov'è?

Ci fu un momento negli anni immediatamente seguenti il 2010 in cui i movimenti per il co-protagonismo universale, che da tempo circolavano in tutto il mondo, raggiunsero la soglia critica e non poterono più essere negati o frenati. Questo articolo ricorda i quattro slogan che segnarono que­sta svolta e i due principali ostacoli che la vecchia talpa (sep­pure dotata di PC, iPod e social network) si trovò a dover superare nello scavare il tunnel di collegamento fra la de­mocrazia rappresentativa e quella deliberativa.

Dialettica della verità e personalizzazione della politica

La parola verità è da sempre al centro di un intenso dibat­tito filosofico, ma oggi questo termine non fa più paura, avendo subito un processo di riconcettualizzazione su cui molto ha contato l’informatizzazione delle conoscenze. La verità resta tuttavia una efficace arma scettica attraverso cui porre in discussione parole e fatti nel dibattito demo­cratico, pur in un contesto come quello attuale, sbilancia­to a favore delle leadership e in generale connotato da una forte personalizzazione della politica. In Italia, in partico­lare, si assiste al prevalere di una retorica dell’emotività, incentrata sul pathos a detrimento delle altre due compo­nenti fondamentali e strutturanti del discorso politico, il logos e l'ethos.

Lingua e comunicazione nel web 2.0

Il discorso pubblico sulla lingua della rete si arresta di so­lito agli effetti più appariscenti della comunicazione, co­me le grafie e il gergo. L’evoluzione del web fa emergere invece un nuovo rapporto tra la dimensione profonda del­la scrittura digitale, la costruzione del dialogo e l’identità discorsiva.

Un nuovo paradigma per una società in mutamento

Mentre la sinistra ha pagato lo scotto della sua incapacità a formulare una narrazione e una identità nuove, Berlusco­ni ha saputo, anche grazie a un imponente controllo della TV, costruire e adeguare il linguaggio alla scena politica e culturale del paese, con un’efficace comunicazione di sim­boli e valori che ne hanno accentuato i tratti edonistici e in­dividualisti. Oggi, per la sinistra la sfida può giocarsi nel-l’ambito dell’elaborazione di una cultura politica che risco­pra il valore del cittadino come individuo e le sue aspettative, ma anche attraverso la presenza sul territorio e una mag­giore attenzione alle nuove forme di comunicazione.

 

L'America Latina, la crisi e la nuova governance dell'economia mondiale

La promozione del G20 a luogo privilegiato di esercizio del­la governance globale ha permesso finalmente ai principa­li paesi dell’America Latina di entrare nella “stanza dei bot­toni” dell’economia mondiale. L’andamento complessiva­mente positivo delle economie dei paesi del subcontinente e il modo in cui, forti dell’esperienza delle crisi precedenti, hanno affrontato questa fase di recessione hanno poi con­sentito il consolidamento della loro posizione all’interno dell’organizzazione e una accresciuta responsabilità della re­gione nei confronti del governo dell’economia mondiale.

Il nuovo populismo in America Latina

Il populismo latinoamericano affonda le sue radici nella tra­sformazione dei caudillos locali, che hanno ereditato i re­sti del sistema coloniale centralista. Il suo sviluppo ha be­neficiato poi della forza dell’immigrazione, sia interna sia proveniente da altri paesi, inizialmente concentratasi nelle città. Attualmente i populisti mantengono il potere grazie ad elezioni periodiche e referendum.

Il Brasile di Lula: c'era una volta un'era?

Il primo e il secondo mandato (2003-06 e 2007-10) del go­verno del presidente brasiliano Lula si concatenano intor­no a uno specifico progetto “nazionale”, analizzabile a par­tire anche dal confronto con altri programmi di crescita av­viati nel paese nel corso del Novecento. In particolare, tale progetto si fonda su un’idea di sviluppo economico che si propone di armonizzare crescita e inclusione sociale in mo­do da attenuare gli storici contrasti esistenti nel paese.

Le elezioni presidenziali in Cile

Nel corso delle recenti elezioni presidenziali cilene, la destra, con Sebastián Piñera, ha conquistato il potere, spezzando la continuità politica che vedeva la Concertación dominare da oltre vent’anni, ovvero dalla fine del regime militare di Pinochet. Il fronte delle forze progressiste deve ora interro­garsi sulle ragioni profonde della propria sconfitta e prepa­rarsi a costruire un’opposizione valida. Anche in questa di­rezione, appare auspicabile che i progressisti perseguano l’obiettivo di riaggregarsi intorno a una formula più ampia di quella rappresentata dalla Concertación.

Il Venezuela di Chávez. Non dittatura, ma regime post democratico

Hugo Chávez gode di un ampio consenso popolare, alimen tato dai suoi tratti carismatici, dall’impegno sociale e dalla sua efficacissima capacità retorica, con la quale governa (e limita) il paese attraverso tutti i mezzi, compresi quelli di comunicazione. Tuttavia il passato da ex militare e golpista lo rende, come lo scrittore Márquez ha osservato, un uo­mo in cui albergano due anime contraddittorie. Il prevale­re dell’una – capopopolo nemico delle libertà e del dissen­so – o dell’altra – leader della via sudamericana per la riso­luzione delle ingiustizie sociali – avrà un notevole peso nel tratteggiare il futuro del paese, il suo sviluppo e lo scena­rio nazionale e internazionale che ne deriveranno.

Uno strumento di politica estera verso l'America Latina

A fronte di un solido interesse da parte dell’opinione pubblica italiana nei confronti del subcontinente americano, i legami politici tra il nostro paese e quelli latinoamericani sono stati spesso caratterizzati da confronti sporadici e atteggiamenti ideologizzati. Oggi invece tali rapporti istituzionali dispongono di uno strumento importante, rappresentato dal Comitato consultivo per le Conferenze Italia-America Latina, frutto dell’impegno dell’ultimo governo di centrosinistra e della volontà del governo attuale di proseguire su questa via.

L'America Latina e gli Stati Uniti di Obama: speranze e delusioni

Lo scarso interesse mostrato dalla presidenza Bush per le politiche “continentali”, da un lato, e la mancata adesio­ne di buona parte dei paesi latinoamericani alla strategia della guerra preventiva, dall’altro, hanno progressivamen­te determinato un impoverimento dei rapporti tra i paesi dell’America Latina e gli Stati Uniti. Obama si è trovato dunque ad affrontare una situazione complessa, mostran­do sin dall’inizio la ferma volontà di ripristinare le relazio­ni con gli Stati del subcontinente anche negli ambiti isti­tuzionali. Tuttavia, la posizione assunta dal Pentagono in occasione del golpe honduregno fa temere una possibile situazione di impasse per il governo statunitense se que­sto non riuscisse a subordinare l’esigenza di difesa alla po­litica democratica.

Un posto nel mondo per la via alla democrazia

Lungi dall’essere un continente dominato dallo spettro dell’abbandono, secondo la profezia di Weffort, l’America La­tina ha espresso negli ultimi anni un vero e proprio movi­mento verso la conquista della democrazia. Dopo aver su­perato il fallimento delle vecchie ideologie politiche legate al suo storico ancoraggio a paradigmi di matrice europea, nordamericana e infine cinese, il continente latinoamerica­no si è indirizzato verso una ricomposizione della frattura fra società democratica e politica democratica. La consa­pevolezza di aver intrapreso tale sviluppo anche attraverso il dialogo tra liberalismo e socialismo è il passaporto con il quale la regione si appresta ad affrontare le sfide dei nuovi assetti globali.

Nuovo leader, nuovi conservatori, nuovo governo?

Dopo la lunga parentesi laburista, sembra profilarsi all’orizzonte, per il Regno Unito, un cambio di ver tice politico. La guida del partito conservatore e can­didato premier David Cameron è riuscito in questi ultimi anni a svecchiare l’immagine dei Tory accan­tonando le classiche ricette thatcheriane e spostan­do la propria formazione politica su posizioni più aperte. Resta il dubbio se al governo i conservatori sapranno andare incontro, con il pragmatismo che da sempre li caratterizza, alle richieste degli eletto­ri e affrontare le emergenze del paese.

Il New Labour dopo il tracollo

La socialdemocrazia di mercato di cui il New Labour si è fatto fautore in questi anni si è rivelata, con il crollo finanziario che nel 2008 ha travolto la City, una soluzione fallimentare. Dopo la grave recessio­ne e a ridosso di una nuova scadenza elettorale, il partito di Gordon Brown si trova dunque di fronte alla necessità di rinnovarsi individuando al contem­po alternative politiche praticabili.

Il dopo crisi: non basta adattarsi

Le analisi di chi ritiene che con il superamento dell’attuale crisi economica si possa ritornare alla nor­malità sembrano scontare una sottovalutazione del­le origini e della profondità di tale crisi. I fattori de­stabilizzanti che l’hanno prodotta hanno a che vedere, infatti, con gli assetti produttivi e l’organizzazione del lavoro, ove, superate le dinamiche tradizionali del modello fordista, non si è consolidato un nuovo equi­librio fra flessibilità e sicurezza nel mercato del lavo­ro. L’obiettivo da perseguire, in modi diversi in fun­zione dei diversi contesti nazionali, è una riconcilia­zione tra welfare e sviluppo.

L'industria italiana e le sfide del sistema multipolare

La crescita dei paesi emergenti nei prossimi anni con­tinuerà ad essere elevata e determinerà significativi mutamenti nella divisione internazionale del lavoro. Vi si dovranno adattare tutti i paesi avanzati e an­che il nostro sistema produttivo, che la crisi ha la­sciato in mezzo al guado. Sono così necessarie po­litiche economiche, soprattutto industriali, che aiu­tino le nostre imprese ad aggregarsi, a innovare, a internazionalizzarsi e che sappiano promuovere i cambiamenti strutturali utili ad affrontare con suc­cesso la concorrenza futura. Ma poco o nulla è sta­to fatto finora su questo fronte.

Il ritorno della diseguaglianza sociale come variabile fondamentale

I dati oggi a disposizione consentono di fare una va­lutazione dello stato di salute delle nostre società in relazione a parametri generalmente esclusi dalle sta­tistiche. Si tratta di informazioni sul benessere so­ciale e psicologico dei cittadini, che risulta pesante­mente condizionato dall’ineguaglianza di reddito. Il tema dell’eguaglianza sociale si ripropone in questi anni nei paesi avanzati, dunque, sollecitando la for­mulazione di politiche di riduzione delle disparità e a sostegno della crescita economica.

Tornare a Keynes

Alla luce del fallimento delle ricette neoliberiste emer­ge da più parti un recupero delle tesi keynesiane sul­la regolamentazione delle politiche economiche. È evidente, tuttavia, che la lezione del grande econo­mista non può essere ripresa tout court nel mondo attuale, molto diverso da quello di quasi un secolo fa. Significativa in questo senso è oggi, in ambito economico, la riflessione sulla decrescita, il cui teo­rico più importante è l’economista francese Serge.

Egemonia culturale

Egemonia culturale è la specifica­zione d’un concetto più ampio: quello di egemonia. Sebbene entram­be le espressioni facciano parte, or­mai, del linguaggio comune, non po­tremmo parlarne senza risalire ad An­tonio Gramsci. L’uso corrente del termine egemonia si deve alla straordinaria fortuna del pensiero di Gramsci: in Italia, fra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, e quindi nel mondo, dove i suoi scritti hanno tuttora una diffusio­ne sempre maggiore.

Villaggio globale

N on sarebbe possibile pensare la contemporaneità senza la rivo­luzione comunicativa, e l’impatto straordinario che ha avuto sull’Occi­dente, rafforzandone inizialmente la centralità, sia sotto il profilo poli­tico − basti pensare alla messa in scac­co della rivoluzione organizzativa, di molto precedente, e principale mo­tore politico del movimento operaio e sindacale per oltre un secolo e mez­zo − sia sotto quello economico, so­ciale ed epistemologico.

I 150 anni dell'Unità d'Italia come contributo all'identità europea

Le celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia ci spingono ad interrogarci sul significato che questo avvenimento della storia nazionale ha per l’Italia di oggi e sul senso che i valori di unità della patria e libertà dei cittadini assumono nel contesto politico attuale. Come già nel 1911 e nel 1961, una risposta a questi interrogativi non può prescindere dal richiamo alle radici risorgimentali del processo di unificazione del paese. Con questo spirito ripro­poniamo le riflessioni, quanto mai attuali, formu ­late da Eugenio Garin in un suo intervento del 17 aprile 1961.

Introduzione

Da più parti si sente dire, e noi stessi l’abbiamo scritto, che il centrosinistra non è più in grado di esprimere una “narrazione”, di comunicare i caratteri del progetto politico che propone per il futuro del paese. Quante e quali trappole comunicative si annidano nel processo di trasmissione del messaggio fra governante – o aspirante tale – e governato? Quale accezione hanno, nel linguaggio politico, i termini “errore”, “verità”, “giustizia”? E se il corto circuito comunicativo riguardasse non solo la trasmissione del messaggio dall’alto verso il basso ma anche il processo nel senso inverso? La politica è ancora capace di leggere la società e di coglierne le istanze? Per questo “Narrare e capire”, o capire e narrare, se si preferisce. Per riflettere insieme su come costruire un rapporto fra politici e cittadini che abbia i caratteri del dialogo e non del monologo autoreferenziale.

le Pubblicazioni


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